La clementina torni a casa. Fuori la politica dalle stanze del Consorzio
In vista dell’avvicendamento alla guida dell’Ente, serve una guida forte, libera e competente. Il Consorzio IGP Clementine di Calabria deve ritrovare identità, visione e autorevolezza per tornare a rappresentare davvero la sua terra: la Sibaritide

CORIGLIANO-ROSSANO - Si profila un nuovo avvicendamento ai vertici del Consorzio IGP Clementine di Calabria. E già si sentono i rumori di fondo: manovre, telefonate, pressioni. Come se il destino del frutto simbolo della nostra regione (ma che in realtà è simbolo dell’area nord-est) dovesse ancora passare dalle segreterie di partito. E invece no. Stavolta la politica deve starsene fuori. Perché se la clementina è diventata un marchio scuotato, solo un bollino da supermercato, la colpa è proprio dei cerchi magici che negli anni hanno combinato solo disastri rispetto alla tutela di questo prodotto davvero identitario.
Quando, alla fine degli anni Novanta, si decise di costruire un’Indicazione Geografica Protetta per la Clementina di Calabria, si scelse di abbracciare tutta la regione. Un errore fatale. Perché la vera clementina – quella che profuma di zucchero e di mare, quella che matura al ritmo delle brezze della Piana di Sibari – nasce solo qui, tra Corigliano e Rossano.
Ma il marchio “di Calabria” ha reso tutto indistinto. Così oggi, sotto la stessa IGP, finisce di tutto: agrumi prodotti in territori che con la clementina autentica non hanno nulla a che fare. E nei mercati europei il nostro frutto è diventato un mandarino un po’ più saporito, una categoria commerciale e non più un’identità vera, tipica, distintiva di questo angolo di regione.
La clementina – sia chiaro - non è un mandarino. È un equilibrio di dolcezza e acidità che esiste e può esistere solo qui alle latitudini della Sibaritide. Ma la politica, accecata dall’idea di “rappresentare tutti”, ha diluito la sua unicità. L’ha praticamente imbastardita.
E non è finita qui.
La verità è che da oltre vent’anni — il Consorzio è nato nel 2002 — nessun governo regionale o nazionale ha mai varato una misura concreta per tutelare davvero la filiera. Nessuna strategia commerciale, nessuna infrastruttura, nessun piano di contrattazione comune. Si è preferito lasciare che le leggi del mercato e le mani della grande distribuzione organizzata schiacciassero i produttori, pagandoli una miseria per poi rivendere il frutto a peso d’oro nei supermercati di Milano o Berlino.
Il Consorzio? Ridotto a sigla burocratica. Un ente che certifica ma non contratta, che promuove ma non difende. Perché la politica non vuole consorzi forti: preferisce piccoli produttori divisi, facili da gestire, sempre in cerca di qualche contributo o di un invito alla fiera di turno.
Eppure, la clementina potrebbe ancora essere la Ferrari dell’agricoltura calabrese e della Sibaritide. Basterebbe creare una piattaforma del freddo, una filiera unica, una cabina di regia vera. Invece, ancora oggi, il frutto viene svenduto all’alba per paura che marcisca nel pomeriggio. Insomma, è il simbolo perfetto dell’autolesionismo calabrese: eccellenze naturali gestite con logiche antiche, asservite al potere.
Ora il Consorzio è chiamato ad un cambio di passo. E la speranza è una sola: che la politica non metta bocca in questo avvicendamento alla guida dell’Ente. Dopo averla trasformata in un brand senz’anima, almeno lasci la clementina libera di rinascere. Servono produttori veri, non candidati camuffati. Servono agricoltori con visione, non mediatori di consenso. Servono persone di spessore che sappiano sedere al tavolo dei “grandi” con la calcolatrice e non con il cappello in mano. Servono uomini di visione, cultura e prospettiva con i piedi nella terra e la testa nel mondo degli affari e con un forte carattere identitario.
La nuova sfida è una sola, e chi guiderà il Consorzio dovrà avere il coraggio di dirlo chiaro: l’IGP “Clementine di Calabria” deve tornare a casa, nella Sibaritide. Solo così questo frutto potrà tornare ad avere il suo nome, il suo sapore, la sua dignità ma soprattutto potrà tornare ad avere il suo potere contrattuale.