Alluvione 2015, non è cambiato nulla: il rischio rimane ancora altissimo
A dieci anni dal disastro del 2015, i torrenti restano ostruiti e i fondi non hanno risolto il problema. C'è solo una novità: il nuovo Piano Idrogeologico che blocca lo sviluppo senza mettere in sicurezza il territorio. Il pericolo incombe

CORIGLIANO-ROSSANO - Dieci anni esatti. Tanto è passato da quel 12 agosto 2015 in cui un nubifragio di eccezionale violenza mise in ginocchio Rossano Calabro, all’epoca ancora comune autonomo. Più di 250 millimetri di pioggia caddero in poche ore, trasformando torrenti in fiumi impetuosi, trascinando automobili fino al mare, invadendo case e attività commerciali, isolando intere contrade e facendo crollare strade e muri. Non ci furono vittime, ma i danni materiali furono enormi.
Oggi, il ricordo è ancora vivo nella memoria dei cittadini, alimentato dalle celebrazioni religiose e dal tradizionale ringraziamento dell’ex sindaco Giuseppe Antoniotti alla Madonna Achiropita. Ma, al di là della gratitudine per lo scampato pericolo, c’è una domanda che brucia: il territorio è davvero più sicuro di allora?
La risposta, purtroppo, è no.
A dieci anni di distanza, le stesse criticità che alimentarono la furia dell’acqua sono ancora lì, intatte. Anzi, sono peggiorate. Due esempi su tutti: i torrenti Acqua del Fico e Momena, che nel 2015 esondarono carichi di detriti, oggi presentano alvei ostruiti in alcuni punti da accumuli che sfiorano i sette metri di altezza. Nei tratti a monte, la vegetazione spontanea ha riconquistato gli argini, restringendo ulteriormente il deflusso. In caso di piogge intense, la portata disponibile è insufficiente.
I soldi non sono bastati, i progetti sono rimasti a metà. Dopo il 2015 furono stanziati fondi straordinari per la pulizia e il ripristino idraulico, ma le somme si rivelarono inadeguate rispetto all’entità del problema. I lavori realizzati hanno interessato solo alcune porzioni degli alvei e, spesso, con interventi tampone più che strutturali. Di fatto, non è mai stato avviato un vero piano organico di messa in sicurezza dell’intero reticolo idrografico cittadino.
Il rischio, già denunciato più volte dalle pagine dell’EcodelloJonio, è ancora altissimo: basterebbe una perturbazione autunnale di media intensità – come pure è successo in questo decennio - per far temere il peggio. La fragilità idrogeologica è ormai una costante, aggravata dall’incapacità di produrre soluzioni e mettere in sicurezza il territorio.
La beffa più grande è che le Istituzioni sovracomunali, quelli che dovrebbero finanziare gli interventi, sembrano essersi totalmente dimenticate e disinteressate del problema. Tant'è che quando oggi arrivano i progetti che prevedono lavori di riqualificazione e ripristino proprio di quei torrenti o fossi che generarono la catastrofe, la risposta è secca e deprimente: "Idoneo non finanziato". E siamo, quindi, sempre punto e da capo.
E mentre le opere non arrivano, arrivano i vincoli. La vera novità degli ultimi anniparadossalmente, non riguarda la sicurezza ma la burocrazia. Il nuovo Piano Idrogeologico regionale, infatti, ha introdotto restrizioni severe su edificazioni e attività in aree a rischio. L’Area di Corigliano-Rossano è praticamente immobilizzata dai vincoli. Addirittura, sul fronte Corigliano esiste un vincolo R3 (massimo rischio idraulico) nel mezzo dell’area urbana. Vincoli che fanno rima con immobilismo amministrativo e con assenza di capacità a rendere più sicuro il territorio.
Una misura che, se da un lato è giustificata dalla necessità di limitare l’esposizione al pericolo, dall’altro rischia di paralizzare lo sviluppo economico senza risolvere la causa principale: la mancata manutenzione e messa in sicurezza del territorio.
Il risultato è un immobilismo dannoso. Il territorio resta pericoloso, i cittadini vivono in una condizione di costante pauro, le imprese vedono limitate le possibilità di investimento, e le istituzioni continuano a rimpallarsi competenze e responsabilità.
A dieci anni dall’alluvione, Corigliano-Rossano non ha avuto la “ricostruzione” che meritava. Le immagini di auto ammucchiate sul lungomare Sant’Angelo e di intere strade trasformate in fiumi restano un monito, ma non sono diventate azione concreta. La storia si è fermata al ricordo, mentre il rischio è rimasto vivo. E la prossima volta, la protezione della Madonna potrebbe non bastare. - © Credit photo feed social Giuseppe Panza