Sulla ferrovia jonica (quando era aperta) meno di 400 pendolari al giorno
I dati dal portale di Rfi. Ecco perché sulle sorti della jonica le istituzioni fanno quello che vogliono: dopo la soppressione dei treni a lunga percorrenza è stata distrutta l'utenza. E la chiusura di un anno della tratta Sibari-Catanzaro demolirà definitivamente la cultura della mobilità su rotaia
CORIGLIANO-ROSSANO – Ci sono due motivi di fondo, l’uno connesso all’altro, che consentono alle istituzioni di fare quello che vogliono delle sorti della ferrovia jonica; anche di chiuderla per un intero anno solare per consentire di espletare lavori che, se fossero stati meglio programmati, avrebbero ridotto notevolmente i disagi.
Sicuramente il primo motivo è connesso al numero di pendolari, tra i più bassi d’Italia; l’altro motivo, invece, è dovuto alla “serenità” di poter comunque offrire un servizio sostitutivo su gomma che accontenta tutti... tranne i pochi pendolari. Di questi due fattori, però, nessuno ne parla. Non ne parla soprattutto la politica, più interessata ad innescare lo scontro sull’attuale e drammatica condizione della mobilità jonica quanto sulle prospettive future, che non ad individuarne le vere e genetiche cause.
Dicevamo dei numeri. Secondo il rapporto di Trenitalia, lungo la ferrovia jonica, nel trascorso 2024, in ogni stazione compresa nel tratto tra Sibari e Reggio Calabria hanno gravitato meno di 400 pendolari al giorno (il dato ricomprende non solo la mobilità su rotaia ma anche i diversi servizi sostitutivi e i treni turistici). Una vera miseria dai livelli nostalgici. Un ramo morto. Nulla a confronto delle altre direttrici calabresi, soprattutto quella tirrenica che di pendolari al giorno ne conta tra 1.500 e 5.000 (riferimento stazione di Paola). Insomma, se sullo Jonio i treni trasportano ormai solo pochi “affezionati” è chiaro, normale che questi pochi pendolari sono sacrificabili sull’altare dei tempi lunghi che stanno richiedendo i lavori di ammodernamento e della successiva elettrificazione della tratta.
Dal momento, però, che il trasporto è un diritto costituzionalmente garantito, anche se sui treni, ormai, non viaggia più nessuno, è necessario sostituire i vettori su rotaia con quelli che viaggiano su gomma. Che hanno un costo, da affrontare (perché lo dice la Costituzione!), anche se su quei bus che scorrazzano sulla SS106 tra Sibari e Crotone e tra Crotone e Catanzaro, non ci sale davvero nessuno perché i tempi di percorrenza sono allucinanti!
Ma è stato sempre così? No. Non abbiamo i dati dettagliati dei pendolari lungo la jonica antecedenti al 2013 ma supponiamo che quando c’erano le tratte a lunga percorrenza, che rendevano il binario orientale calabrese molto più operativo e attivo rispetto ad ora, ci fossero di conseguenza anche molti più pendolari. È memoria ancora giovane delle nostre stazioni da Cariati a Rocca Imperiale piene di persone che salivano su quelle carrozze, seppur vecchie e fuori dal tempo già allora, per raggiungere le destazioni del centro e nord Italia.
Poi il buio. A partire dal 2010 lungo la linea jonica sono stati soppressi in successione l’InterCity “Murge” Crotone-Bari-Milano, l’InterCity “Sila” Crotone-Torino (via Paola), l’Espresso Catanzaro-Roma (via Metaponto) che hanno, di fatto, degradato la strada ferrata della Magna Grecia ad una tristissima linea regionale, sulla quale hanno scorrazzato fino all’anno scorso solo littorine a diesel post-belliche, che d’inverno erano congelatori e d’estate forni crematori.
L’aver soppresso i treni a lunga percorrenza è stato l’errore mortale di cui oggi la politica non parla più, perché evidentemente complice di quella scelta mirata volta a potenziare il ramo ferroviario tirrenico a discapito di quello jonico.
Se oggi sui nostri treni viaggiano pochissimi pendolari è sicuramente colpa di una scarsissima cultura della mobilità su rotaia (che in ogni parte del mondo è la più comoda, capillare, diretta e veloce), che purtroppo è stata innescata proprio dalle politiche di gestione di questa tratta; che hanno penalizzato a dismisura i pendolari ferroviari, dirottandoli su altri mezzi di trasporto. Eppure prendere il treno dimezzerebbe le distanze siderali su strada che ci sono oggi tra Sibari e Crotone, renderebbe gli spostamenti più sicuri, consentirebbe ai giovani delle diverse aree periferiche di essere più e meglio connessi con i centri nevralgici.
Il rischio è che domani, una volta terminati l’upgrade tecnologico e l’elettrificazione della linea, la ferrovia jonica sarà una “bella infrastruttura”, costata tantissimi euro (più di un miliardo e mezzo), ma che rimarrà di fatto inutilizzata dai pendolari. Perché nessuno sarà più abituato a spostarsi in treno. La chiusura di un anno della tratta Sibari-Catanzaro demolirà definitivamente la cultura della mobilità su rotaia nella Calabria orientale.