E se i medici di base fossero la vera falla nel mare magnun dei disservizi ospedalieri? Ecco perché
Le criticità della medicina territoriale aggravano la crisi dei pronto soccorso, dove l'abuso dei servizi di emergenza rischia di far collassare l'intero sistema ospedaliero. Graziano e Rizzo concordi sulla linea: «Troppi codici bianchi»
CORIGLIANO-ROSSANO - La sanità nella provincia di Cosenza e particolarmente dell’area della Calabria del nord-est, dove sussiste solo la sanità pubblica e ci sono due presidi ospedalieri periferici che ancora attendono una definitiva riapertura, si trova a fronteggiare una situazione critica legata ai pronto soccorso, sovraccarichi e all'apparenza incapaci di far fronte all'afflusso continuo di pazienti. Antonello Graziano, Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, nell’essere lucidamente obiettivo nell’evidenziare le criticità evidenzia il grande lavoro fatto in questi ultimi due anni per rilanciare il servizio ospedaliero: «Il settore dell'emergenza/urgenza rappresenta il punto focale, oggi, per erogare una buona qualità dei servizi sanitari. Il pronto soccorso è il punto di accesso di un ospedale e qui ogni decisione risulta decisiva per il decorso medico del paziente».
Nonostante gli sforzi per migliorare l'efficienza della rete di emergenza, le sfide strutturali restano enormi, una questione che Graziano non ignora: «Abbiamo dedicato buona parte del nostro lavoro in questi mesi per far sì che la rete dell'emergenza urgenza, a partire dal servizio 118 Suem per finire ai pronto soccorso, fossero portati ad un livello di efficienza migliore rispetto al passato». Tuttavia, le difficoltà di personale e le risorse ereditate dal post-pandemia rendono ogni passo verso la normalità un’impresa difficile.
L'utilizzo inappropriato dei Pronto Soccorso
Un problema particolarmente acuto è costituito dall’utilizzo non appropriato dei pronto soccorso, che spesso diventano rifugio per casi non urgenti: «Le regole dicono che i codici bianchi devono essere gestiti fuori dalla struttura ospedaliera. Non è normale che nei pronto soccorso stazionino pazienti che potrebbero tranquillamente essere curati a casa o ricevere le dovute cure nell’ambito delle Aggregazioni funzionali e delle strutture sanitarie territoriali».
Il Ruolo Fondamentale dei Medici di Base
Questo fenomeno, afferma Graziano, appesantisce ulteriormente un sistema già sotto pressione, richiedendo un cambio culturale nel modo di utilizzare i servizi di emergenza che deve riguardare, innanzitutto, i medici di base. Che sono essenziali e strategici nei processi di cura, a cominciare dalla gestione delle emergenze/urgenze. A loro, infatti, spetterebbe un primo triage per evitare che pazienti meno critici e gestibili nei propri ambulatori, vadano a congestionare il Pronto Soccorso, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempestività d’azione degli operatori sui pazienti che invece hanno reali necessità di cure. Non solo. Negli obiettivi affidati ai medici di famiglia, ci sono anche il trattamento dei codici bianchi con una maggiore attenzione verso i pazienti cronici che se sottoposti ad un trattamento medico efficiente non si riacutizzano e quindi non si ritrovano costretti a rivolgersi al Pronto soccorso e quindi agli ospedali. Insomma, parte proprio dai medici di base la catena virtuosa per non ingolfare il primo accesso e l’emergenza/urgenza. Basti pensare che nel solo Pronto Soccorso del “Giannettasio” le postazioni dell’Osservazione Breve e Intensiva (OBI) diventano, ormai costantemente, posti destinati alla lungodegenza, perlopiù di persone anziane, che restano lì in attesa di cure (che potrebbero essergli tranquillamente somministrate a casa). Insomma, il pronto soccorso come un Lazzaretto. «Anche in questo – sottolinea Graziano – si è corso ai ripari prevedendo 15 posti di medicina d’accettazione ed urgenza che serviranno a mitigare le attese». Questo in attesa che si completi il quadro riorganizzativo della medicina territoriale con il potenziamento dei servizi domiciliari (ADI), già in essere «che servirà - dice il diggì - a garantire ed implementare le dimissioni protette e a curare i pazienti dimessi a casa, tramite le figure specialistiche».
Pressione Sugli Ospedali e Dati Allarmanti
Ma intanto, proprio a riguardo della pressione sugli ospedali, è ritornato a parlare anche Martino Rizzo, Direttore Sanitario dell'ASP di Cosenza, fornendo una fotografia dettagliata e drammatica degli accessi: oltre 12.000 tra il 1° e il 20 agosto. «Paola ha registrato 1537 accessi, Corigliano 1588, Castrovillari 1041 e Rossano addirittura 1613, dipingendo una realtà insostenibile per le strutture esistenti». Nonostante questo, Rizzo sottolinea l'enorme resilienza dimostrata dal personale: «Un ringraziamento... deve andare al personale medico, infermieristico e OSS dei reparti di emergenza».
Furbetti e salta fila: il fenomeno allarmante degli "abbandoni"
E in mezzo a queste criticità, spicca il preoccupante fenomeno degli "abbandoni", dove pazienti utilizzano i pronto soccorso per ricevere esami diagnostici gratuiti, lasciando poi le strutture senza aspettare l’ultimo referto medico. E questo, probabilmente, si riallaccia al vuoto incomprensibile che genera la medicina di base, evidenziata proprio da Graziano. Questo comportamento non solo distorce la funzione dei pronto soccorso ma incide pesantemente sul loro funzionamento, configurando una strategia di elusione delle liste d'attesa tradizionali. Si tratterebbe di una pratica particolarmente diffusa in tutta la Calabria ma maggiormente nel territorio del nord-est dove – ribadiamo – non c’è altra sanità che quella pubblica; con una concentrazione massima nell’area di Corigliano-Rossano. Questo comportamento, sicuramente abusivo, non solo esacerba la pressione sui servizi di emergenza, ma mette in luce una falla sistemica che richiede interventi mirati e urgenti.
Le dichiarazioni di Graziano e Rizzo lasciano un quadro chiaro: senza un utilizzo consapevole di un sistema sanitario fragile, la rete ospedaliera rischia di collassare sotto il peso di un utilizzo improprio dei servizi, aggravato dalla carenza di personale. L’auspicio resta ancorato alla dedizione degli operatori sanitari e alla possibilità di introdurre cambiamenti culturali e organizzativi significativi nel modo di intendere e utilizzare l'assistenza sanitaria. Ma questa è una sfida che per essere vinta, forse, ci vorranno anni se non addirittura decenni!