Al cavallo "jestimat" gli luccica il pelo
L’invidia, come la “jestima” che l’accompagna, è il quarto peccato capitale, ed è quel “sentimento” diffusissimo che si traduce nella tristezza per il bene altrui percepito come male proprio
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Vi è un vecchio adagio tramandato di generazione in generazione nella comunità di Corigliano Rossano:
Aru cavadd jestimat luccica il pelo
L’invidia, come la “jestima” che l’accompagna, è il quarto peccato capitale, ed è quel “sentimento” diffusissimo che si traduce nella tristezza per il bene altrui percepito come male proprio. Gli invidiosi sono persone che vivono eternamente affrante nella loro collera ed il loro fegato è così gonfio di bile che quasi scoppia.
Non a caso gli invidiosi sono persone autolesioniste che alle quali il dolore provoca quasi un senso di piacere. L’invidia è di chi “allatta e piange” (per dirla alla rossanese maniera), e che spesso fa figure meschine. L’invidioso è quello che solitamente lancia il sasso contro l’invidiato e poi nasconde la mano, anche se con poca scaltrezza. L’invidia è anche un sentimento di classe; nel senso sociale del termine.
Dal momento che gli invidiosi tentano, per loro carattere, ad autoescludersi dal resto del mondo e quindi a classificare la società. Tra persone invidiose, appunto, e persone perbene. E già, perché – ed è qui che torna la massima – la persona invidiosa fa ingrassare e crescere le persone perbene. Soprattutto se le persone perbene hanno le spalle grandi e forti e si fanno scivolare addosso cattiverie, bugie e falsi sorrisi.
L’invidioso ti “alliscia”, ti dice che sei bello ma in cuor suo ti sta già riempiendo di ingiurie e malasorte… Ma allo stesso tempo che lo fa, tutto sembra ritorcergli contro. Chissà perché! Più l’invidioso invidia e più il fegato gli si contorce, gli si indurisce, gli si pietrifica… Ma se il sentimento dell’invidia si fermasse qui, bah… sarebbe del tutto innocuo perché le sue paturnie si fermerebbero nel proprio ego, nel suo io!
Il fatto è che gli invidiosi sono capaci di partorire, in cuor loro, cattiverie assurde. Di adottare ogni azione utile, diritte o di traverso, pur di distruggere il povero invidiato. Sono cattivi? No… sono poveracci. Perché solitamente l’invidioso è tale perché non ha capacità di essere e vivere una vita normale. Quindi arranca e spesso e molto spesso non riesce nel suo intento. Mai. E quel povero fegato, piange…
Ma una lancia a favore degli invidiosi la possiamo tirare. Per tutte le cose dette sopra, gli invidiosi sono pure persone innocue: alla fine, tra tranelli, personali perversioni, narcisismi farlocchi, tentati sabotaggi, non ricavano mai un ragno dal buco. Perché l’invidioso perde il suo tempo a restare tale mentre l’invidiato continua ad andare avanti. Ecco perché essere invidiati è una fortuna.