Reintegro dei lavoratori licenziati da Simet, l'unica donna autista ancora non riammessa in servizio
Si è reso necessario un ulteriore ricorso al giudice per Elda Renna, nonostante le norme siano chiare e parlino di un divieto assoluto di discriminazione di genere in tema di garanzia di accesso al lavoro della componente femminile
CORIGLIANO-ROSSANO - «Sono caduti nel vuoto gli appelli volti ad ottenere la riammissione in servizio di chi è stato reintegrato in Simet dal giudice del lavoro. Il caso, più che emblematico, è quello di Elda Renna, in quanto relativo all'unica donna autista che, anche Birs, pensa evidentemente di poter lasciare a terra».
Inizia così la nota stampa di Faisa – Cisal Calabria a firma dei segretari Francesco Antonio Sibio e Francesco Bruno, che così continuano: «Si è reso necessario, infatti, in questa Italia fatta di contraddizioni e di cavilli procedurali, un ulteriore ricorso al giudice per vedere soddisfatto il diritto di Elda a riprendere la guida dei torpedoni livreati Simet, alle dipendenze della cessionaria Birs. Tutto ciò si verifica nonostante le norme siano chiare e parlino di un divieto assoluto di discriminazione di genere in tema di garanzia di accesso al lavoro della componente femminile. Questi sono gli elementi che l'avvocato Susanna Cecere ha tradotto nell’ultimo ricorso depositato in tribunale, per porre fine al rimpallo di competenza tra Birs e Simet. Spetta quindi al giudice adito, ora, innervare il provvedimento ottenuto in prima istanza dalla Lavoratrice con ulteriori elementi di valutazione e decisionali che impongano il rispetto delle prescrizioni normative sulla riammissione in servizio di Elda, sin qui non operata dalle due società, specie perché ancorata alla giurisprudenza sulla parità di genere».
«Il dato che emerge, - aggiungono - non senza suscitare rammarico, è di un ingiustificabile rifiuto di porre fine ad una vertenza che, ab origine, si sarebbe potuta evitare. Sogniamo un mondo del lavoro dove le norme scritte, accompagnate da quelle dettate dal buonsenso, si fondino in un compendio di soluzioni condivise che sottenda alla cessazione di inutili e dannose contrapposizioni. Le ragioni per le quali Elda deve tornare a lavorare sono più che fondate; trascurarle non aiuta a pregiare l'immagine di Birs e genera un clima di sfiducia ed un terreno di confronto sterile».
«Rinnoviamo l'appello a Birs di ricomporre la vertenza, preferendo il dialogo alle aule di
tribunale, evidenziando ulteriormente come il caso di Elda sia di particolare rilevanza e
valore, anche simbolico, trattando di una donna che ha superato gli ostacoli derivanti dai
tabù e dai preconcetti che di certo non risparmiamo il mondo del lavoro. Ove la vertenza non trovasse sbocco in un bonario componimento, si incastonerebbe un nuovo tassello al triste puzzle della discriminazione femminile, perdendo un’occasione che, invece, va sfruttata nel senso esattamente contrario: affermare convintamente la parità di genere ed il pieno rispetto delle prerogative del lavoratore, al di là di ogni pregiudizio».