«Ho sentito un tuo affanno, un respiro che implorava aiuto». Il ricordo indelebile di quegli ultimi attimi
Sonia Parise era al telefono con il dr Romeo in quel tragico momento. Ha voluto omaggiarlo con una commovente lettera: «Un professionista i cui tratti di umanità hanno sempre prevalso su ogni sciocca gerarchia»
CORIGLIANO-ROSSANO – Pubblichiamo di seguito la lettera che Sonia Parise, una collaboratrice del dottore Cataldo Romeo, ha scritto in ricordo del medico prematuramente scomparso. Era il responsabile del Dipartimento Igiene e Sanità pubblica del Distretto Jonio dell'Asp di Cosenza e da qualche tempo era anche diventato responsabile del Centro vaccinale Hub del PalaBrillia a Corigliano-Rossano
«Caro dottor Romeo, - si legge - non avrei mai pensato di dover raccogliere i pensieri, filtrandoli dalle lacrime che copiose scendono dagli occhi, ora che ci hai lasciati improvvisamente e prematuramente. Parlavamo di lavoro al telefono, ti davo il report di una delle tante giornate infinite e senza orari, convenivamo insieme a non passare dall’ufficio, era tutto in ordine, potevi certamente rientrare dalla tua amata Venere e dalla tua adorata Francesca. Poi mi hai detto, aspetta che parcheggio, ho sentito un tuo affanno, un respiro che implorava aiuto (tu non eri solito farlo), poi il silenzio, l’eco del telefono caduto per terra, un silenzio inspiegabile, terribile. Un presagio cresciuto nei suoi connotati dopo telefonate convulse, dopo quel telefono tuo muto, purtroppo per sempre».
«Si caro Dottore non ci daremo pace, non dimenticherò il medico, l’uomo, il capo, l’amico. La squadra perde un capo amico, un coach che ci ha abituati al gioco di squadra che ci ha condotti per mano a governare le emergenze di gente impaurita, di persone fragili, anche psicologicamente di fronte ad un virus insidioso, ad un nemico nascosto ovunque».
«I tuoi inviti alla calma quando si poteva perderla, i tuoi stimoli quando venivamo sopraffatti dalla stanchezza, dal nervosismo da una pressione incredibile che aveva come primo fulcro te, sempre in prima fila, sempre al timone di una imbarcazione spesso troppo piccola per la mole di soggetti da trattare. Hai assorbito tutto, hai fatto da cuscinetto, fra chi puntava spesso il dito senza avere contezza di quel che volesse dire stare dalla mattina alla sera, giorno dopo giorno a gestire un impatto terribile con la pandemia».
«Sei anche tu una vittima del Covid, pur avendolo combattuto, i primi tempi senza le armi necessarie, pur avendo cercato risposte che non esistevano, pur dovendo rispondere a mille pressioni, spesso pretestuose ed ingiustificate. Che tristezza rientrare al lavoro e non trovarti, non avere più chiamate in entrata con il tuo nome sul telefono, muoverci tra le tue cose, maneggiarle (la tua adorata spillatrice arancione, giusto oggi la usavo...) il tuo modo di coccolarci con le più gustose prelibatezze e i caffè ristretti. Il tuo compleanno, purtroppo l’ultimo, che gioia aver visto la tua felicità mista a gratitudine per averlo festeggiato insieme a noi, la tua squadra».
«Ringrazio Dio per averti conosciuto ed aver condiviso un percorso, ahimè, troppo breve. Credo anche però che un giorno ci rincontreremo; è stato bello avere a che fare con un professionista i cui tratti di umanità hanno sempre prevalso, su ogni sciocca gerarchia. Addio Do’, mancherai a tutti noi che eravamo parte della tua famiglia e serberemo il tuo ricordo per sempre nel nostro cuore» conclude.