I mondiali che non ti aspetti: il calcio romantico del Giappone e i festeggiamenti a Schiavonea per il traguardo del Marocco
Uno sguardo sul Torneo mondiale di football del Qatar. Una storia fuori dal tempo che fa registrare sussulti e pagine bellissime di etica sportiva
CORIGLIANO-ROSSANO - Quello dello sport è un mondo straordinario che tutti dovremmo conoscere e osservare. E non solo come una forma di intrattenimento, ma come l’esempio che simboleggia la forza dell’unione tra persone, che insegna la competizione sana e che celebra la vita. E poi, ancora, che promuove l’inclusività, la pace e l’integrazione sociale, che annulla le distanze e abbatte i muri.
Purtroppo, però, come tutte le cose che attirano il nostro interesse, tendiamo a guardare anche lo sport con una certa superficialità, limitandoci al tifo, ai risultati e alle gare, senza saper andare oltre, senza neanche provarci. A ricordare l’importanza che lo sport ricopre nella nostra vita, ci ha pensato però la Giornata internazionale dello sport per lo Sviluppo e la Pace, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ma ci hanno pensato anche il Giappone e il Marocco.
Il primo in occasione della competizione mondiale di calcio contro la Croazia, dalla quale è uscito sconfitto, ha regalato al mondo intero una lezione di civiltà ed educazione che tutti dovremmo fare nostra, e che ci ricorda che anche il mondo del calcio, tanto discusso, amato e odiato, può diventare un esempio per l’intera umanità.
Il secondo che battendo inaspettatamente ma meritatamente la Spagna, ha regalato una gioia infinita ai tanti tifosi marocchini sparsi per il mondo, e presenti anche nel borgo marinaro di Schiavonea, in maniera anche abbastanza massiccia, i quali si sono lasciati andare, giustamente, in scene di civile e contenuta gioia, con tanto di sfilata per le strade della località marinara corossanese, in pratica in casa di Rino Gattuso, come ha scritto qualcuno, il campione del mondo del 2006.
Facce della stessa medaglia, Giappone e Morocco, che ci riconciliano con lo sport in generale e con il calcio in particolare. Per quanto riguarda il Giappone, dicono che l’importante, comunque vada, è partecipare. E hanno ragione, tuttavia niente e nessuno può impedire alle persone di sognare, e di farlo in maniera straordinaria. E probabilmente, il sogno di arrivare in cima, apparteneva anche ai giocatori nipponici che erano arrivati in Qatar.
La competizione contro la Croazia, però, ha segnato la fine di quel desiderio portato avanti con passione e con tenacia. I giocatori, che hanno tentato di portare in casa la vittoria dando il meglio di sé, avrebbero potuto mostrare comprensibilmente delusione, amarezza o rabbia, emozioni che spesso siamo abituati a vedere non solo nelle competizioni sportive ma più in generale in tutte quelle della vita. Eppure, il Giappone, non lo ha fatto e, anzi, lasciando il campo ci ha regalato una bellissima lezione di vita che parla di rispetto, di umanità e di gratitudine.
La foto in apertura mostra l’inchino di Hajime Moriyasu, allenatore della nazionale del Giappone. Proprio dopo la fine della partita contro la Croazia, che ha sancito l’uscita dei nipponici dal mondiale, il mister Moriyasu è sceso in campo e si è inchinato davanti a una platea gremita di gente. Un gesto, questo, che parla di gratitudine, di rispetto e di gentilezza e che affonda le origini proprio nella cultura giapponese.
L’inchino, che prende il nome di Saikeirei, viene utilizzato nel Paese solo ed esclusivamente in rare e speciali occasioni, per scusarsi o per ringraziare qualcuno ed esprimere così il massimo rispetto per la persona davanti alla quale ci si inchina. Così facendo, l’allenatore Hajime Moriyasu, ha ringraziato non solo il pubblico presente, ma tutte le persone che hanno supportato e assistito alla competizione.
Quell’inchino, che all’apparenza può sembrare un gesto semplice, in realtà nasconde una grande lezione di vita, che parla di civiltà e di gratitudine, e che tutti dovremmo fare nostra. E il Giappone, con questo, ha dimostrato che si può vincere anche perdendo. La compostezza e il senso civico del popolo giapponese sono poi emersi in tutta la loro grandezza nel gesto che ha visto i tifosi presenti allo stadio di Doha ripulire gli spalti al termine del match vinto sui tedeschi. Azioni usuali per loro, ma accolte con stupore da chi ha filmato quelle scene.
Lo stesso stupore che si è dipinto sul volto degli addetti alle pulizie del Khalifa International Stadium, quando con secchi e spazzoloni hanno aperto le porte dello spogliatoio del Giappone dopo che la squadra aveva lasciato l'impianto. Si aspettavano di trovare gli esiti di una festa selvaggia per la clamorosa vittoria ed invece davanti ai loro occhi è apparso uno spettacolo davvero raro: non solo lo spogliatoio era pulito come uno specchio, ma tutto era in perfetto ordine. Nessuno avrebbe potuto dire che poco prima lì si era consumato un trionfo post partita di un Mondiale.
E poi i marocchini. La sera del 6 dicembre scorso al termine della vittoriosa partita contro la Spagna i tanti cittadini marocchini che da anni vivono in Italia hanno voluto manifestare la loro incredula felicità dando vita a festeggiamenti e sfilate. Anche qui a Schiavonea si sono registrate sfilate di auto e caroselli. Il centro jonico, come ben sappiamo, ospita un’ampia comunità di origine magrebina che qui vive e ha messo radici. Sono scesi tutti in strada a festeggiare la propria squadra del cuore, con la massima compostezza e civiltà.
Sono questi gli esempi che dovremmo seguire qui da noi, dove si estremizza tutto anche una partita di calcio del campionato pulcini. In tanti anni da cronista sportivo ho trascorso domeniche calcistiche molto difficili, dove addirittura c’era d temere anche per la propria incolumità fisica, ed erano gare di campionati dilettantistici. Quello che manca è un’autentica cultura calcistica e l’assoluta ignoranza delle regole, certamente non scritte, di lealtà e correttezza sportiva, rispetto verso l’avversario, ed accettare in maniera civile le decisioni dell’arbitro ed il verdetto del campo. Purtroppo qui da noi queste “regole” non scritte latitano con tutte le conseguenze che ben conosciamo. Tra i tanti ricordi, più o meno, amari che resteranno per sempre scolpiti dentro di noi, una domenica pomeriggio di oltre 20 anni fa allo stadio “Città di Corigliano”, campionato di serie D, al termine di una gara del Corigliano, ho dovuto letteralmente proteggere fisicamente il caro amico e collega Rocco Logozzo, dalla furia violenta di uno pseudo dirigente.
E allora grazie a Giappone e Marocco per queste autentiche lezioni di civiltà e autentico valore dello sport.