Minnicelli e la minaccia anti-fusionista: «Fanno solo un po’ di casino. Le battaglie vere non le hanno portate avanti»
Prosegue la disamina sullo stato di salute del Comune unico. Questa voltà è intervenuto ai nostri microfoni Amerigo Minnicelli che con il Comitato 100 Associazioni fece da incubatore al progetto fusionista
CORIGLIANO-ROSSANO – Torniamo a parlare di fusione e del lavoro fatto in questi ultimi 5 anni. Per discutere di questi temi abbiamo invitato Amerigo Minnicelli, avvocato e membro del Comitato 100 Associazioni, ospite all’Eco in Diretta, il talk della nostra testata condotto dal direttore Marco Lefosse.
Il Comitato 100 Associazioni lavorava sull’idea della fusione da molto tempo. Ci volle qualche anno ma poi le aspirazioni iniziarono a concretizzarsi attorno ad un progetto preciso. Nei 4 anni precedenti al referendum si lavorò affinché tutto fosse pronto e a norma. «Ciò avvenne – sostiene Minnicelli - perché il comitato viaggiava su due direttrici, popolare e istituzionale, cercando di procedere sui due fronti, sensibilizzando l’opinione pubblica e seguendo l’iter regionale».
“Un sogno” (come la definiscono i fautori) e un’opportunità che adesso sembrano un po’ offuscati, anche dai “venti scissionisti” e da coloro che auspicano un ritorno alle autonomie. Aspirazione, è chiaro, legittima ma che ha acceso un dibattito sterile, che non decolla, che somiglia molto di più ad un monologo anziché ad un dialogo.
E sulle modalità: «Non stanno rispettando alcuna norma, fanno solo un po’ di casino. Le vere battaglie non le hanno portate avanti quando era necessario farlo. Non si sono opposti alle lottizzazioni quando venivano rubate le aree sociali, non si sono occupati della città di Corigliano che aveva e ha problemi continui di allagamento, non si sono occupati della mobilità dei cittadini che non possono circolare né a piedi né con le auto perché mancano marciapiedi e parcheggi e non ci sono traverse. La loro urbanistica si è sviluppata su principi ormai superati: una strada al centro con abitazioni su entrambi i lati, come si faceva nei quartieri operai, senza una logica».
Ciò che Minnicelli sospetta è che il malcontento possa essere trasformato in consenso alle prossime amministrative. «È possibile – afferma - che vogliano presentarsi alle prossime elezioni, magari si stanno preparando ad essere gli “Stasi 2”». Sull’operato dell’attuale amministrazione, invece, non si sbilancia: «Non sento di poterli criticare ferocemente, la loro unica colpa è la mancanza di visione e il non aver collaborato con chi l’aveva».
Ritornando, infine, sulla disillusione degli ultimi anni una considerazione andrebbe fatta. Ciò che spesso viene tralasciato riguardo al movimento anti-fusionista è un aspetto centrale: esso non valuta la gestione o le possibilità del nuovo Comune unico ma ragiona secondo principi aprioristici. Quando ciò accade è perché l’argomentazione diventa funzionale al sostegno di un’idea generale più ampia, che avvalora la tesi ideologica. Purtroppo il discorso continua a procedere su binari differenti, frenando ogni possibilità di confronto: i sostenitori che decantano le opportunità, la mole di finanziamenti e quanto di bello può accadere ad un comune di questa caratura da un lato, e i detrattori che insistono sulle questioni di principio temendo una mescolanza identitaria e la cancellazione della propria eredità culturale dall’altra.
Sono due terreni di scontro differenti perché gli attori in campo legittimano le proprie idee partendo da considerazioni diametralmente opposte: da un lato l’identità, dall’altro le opportunità. Si valuta il fenomeno da angolazioni diverse.
Che senso ha parlare di sfide, opportunità, fondi e rilevanza politica se ciò che si teme è che tutta la storia e le tradizioni vengano cancellate? Il problema, forse, è che questi timori, la fusione, li ha solo resi manifesti. Forse nessuno ha lavorato abbastanza affinché tutto questo patrimonio materiale e immateriale, venisse preservato e ora, che è stato trovato capro espiatorio, si è pronti a puntare il dito: abbiamo un colpevole!
Le due prospettive appaiono, dunque, inconciliabili ma nulla ci vieta di pensare che un dibattito proficuo possa nascere.