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Interessante serata culturale all'Università Popolare Rossanese, per la presentazione del libro di Traversari

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CORIGLIANO-ROSSANO - Nei giorni scorsi, alla presenza di un qualificato uditorio, l’Università Popolare Rossanese, nel riprendere le proprie attività annuali per l’anno sociale 2024/2025, con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati e del Comune di Caloveto, ha presentato il libro: "Abbazia Calybita – Storia di un monastero studita" di Maurizio Traversari. Un volume pubblicato dalla Pace Edizioni di Oreste Kessel e che fa parte della Collana Leucopetra, Studi Storici Calabresi, diretta dal prof. Saverio Verducci con Prefazione dello storico e studioso Pierpaolo Cetera. 

L’incontro si è tenuto presso Palazzo San Bernardino nella la Sala “Giovanni Sapia” già direttore dell’Università Popolare, nel Centro Storico di Rossano. Il pomeriggio culturale ha avuto inizio alle ore 17,00. Sono intervenuti: il prof. Gennaro Mercogliano, Direttore Università Popolare, don Agostino De Natale, filologo e studioso, la dott.ssa Caterina Palmieri, archeologa, il prefatore Pierpaolo Cetera, storico e studioso.  

I lavori dell’incontro sono stati introdotti e coordinati dal Direttore dell’Università Popolare, prof. Rino Mercogliano che nel corso dei suoi interventi, nel presentare i relatori intervenuti, ha offerto numerosi spunti sul tema e sui contenuti del libro che in sintesi possono essere così riassunti: «Sulla base della prima riproduzione in effigie del Santo, fornitami dall'amico Donatello Chinicó, e proposta al pubblico, gli illustri relatori ricostruiranno, stasera, la storia di San Giovanni Calybita, dell'abbazia e del paese che da lui prende il nome e la fama. Infatti è importante pervenire ad una visione unitaria del movimento lauritico e monastico "in terra di Rossano" con riferimento ai santi patroni Nilo e Bartolomeo. Ciò è possibile, come la ricerca di Traversari dimostra, se si tiene conto del fatto che la formazione di Bartolomeo Juniore si realizza ad Orito, in un monastero d'indirizzo studita intitolato al Calybita, sito tra le nostre montagne». 

A prendere per primo la parola è Don Agostino De Natale, in veste di teologo e filologo, che si è soffermato sulla figura del Santo costantinopolitano, nato da famiglia ricchissima e andato a vivere come “ultimo tra gli ultimi”. È stato in questo senso, un antesignano di quella vocazione religiosa integrale e senza compromessi che avrà seguito nei secoli successivi. Don Agostino, che è in procinto di pubblicare un saggio sul santo devoto ai calovetesi, infine, ha deliziato, i presenti, della lettura del testo greco originario della breve descrizione del santo nel calendario liturgico della Chiesa greco-ortodossa.

Già dalle prime ponderazioni e dall’attenzione di quanti intervenuti si intuisce la complessità dell’argomento ma nel contempo anche l’interesse a saperne di più sulla storia del Santo, sull'abbazia sul paese, argomento anche a me caro per essere intervenuto più volte trattandone non solo l’aspetto storico e feudale, ma anche quello cenobitico dal quale emerge che sono in molti a segnalarne la sua fondazione pressappoco all’IX sec., originata a seguito dell’insediamento religioso di alcuni monaci bizantini di rito greco arrivati nella zona, a causa delle sopraffazioni iconoclaste. Nei dintorni del cenobio acemeta nacque poi l’originario centro urbano, costituito prevalentemente da grotte, capanne e casupole nel quale abitava una minuta comunità e il cui volano economico era rappresentato essenzialmente, dall’agricoltura e dall’allevamento. Le tracce della presenza umana insediatasi in loco sono le numerose grotte presenti nella roccia e adoperate come romitori, per l’orazione, l’estasi e il compimento delle attività mistiche, contemplative e religiose. In sostanza, un vero e proprio cenobio, luogo di culto intitolato a san Giovanni Calybita, in cui era adorato dai suoi discepoli e che nel nostro tempo solleva il rispetto religioso dell’intera comunità che lo venera come santo patrono del paese. 

È intervenuta l’archeologa Caterina Palmieri che ha riferito sulla realtà del Monastero di san Giovanni Calybita inquadrandolo nelle vicende del territorio rossanese, diventato col suo centro urbano - sul finire del IX secolo - avamposto e fortezza politico-militare (nonché centro religioso di primaria importanza, in subordine con la metropolìa di Reggio Calabria). Sull’allocazione a Caloveto del Monastero concorda con la tesi che Giovanni il Rossanese – il monaco che cita per la prima volta il Monastero – abbia voluto indicare una distanza dal territorio di confine e quindi pertinente con la distanza di Caloveto dal limite dell’estensione della chora rossanese. La dott.ssa Palmieri ha inoltre evidenziato la mancata ricognizione archeologica che possa suffragare le tesi dell’a. sull’ubicazione del Monastero nei luoghi specifici indicati nel saggio (dimora dei Fontana e Casa delle suore compassioniste Serve di Maria, - un ordine religioso fondato da Maddalena Starace -, quest’ultima indicata come katholikon annessa al Monastero). 

Lo svolgimento della bellissima serata culturale, in una atmosfera di grande interesse, è proseguito con la stimolante, quanto puntuale relazione dello storico e studioso, prof. Pierpaolo Cetera, già prefatore del volume, che ha esposto i risultati di alcune ricerche storiografiche di noti bizantinisti che a suo esporre «considerano il modello studita di fondazione di monasteri come molto diffuso proprio nel territorio rossanese (a partire dalla lettura filologica del tipikon del Monastero del Patir) e ciò renderebbe ancora più significativa l’influenza del Monastero Calybita».

Una seconda parte dell’intervento ha riguardato la scomparsa del patrimonio in possesso della abbazia di Caloveto (fino al secolo decimonono), una perdita, secondo lo studioso Cetera, «che va letta all’interno delle grandi trasformazioni socio-economiche e politiche e che va addebitata alla liquidazione dell’asse ecclesiastico, alla spoliazione e alle vendite privatizzate dei beni badiali (con beneficiari le locali grandi famiglie proprietarie)».

Le conclusioni sono state dell’autore che dopo aver ringraziato quanti intervenuti e i relatori così ha inteso riassumere il suo lavoro: «Nel saggio si pone l’accento sul ruolo di primo piano avuto dal monastero Calybita, poi Abbazia Calybita, all’interno e all’esterno dell’Impero bizantino, questo in considerazione del fatto che non solo apparteneva a una confederazione di monasteri studiti che facevano capo al famoso Stoudion di Costantinopoli, ma educava giovani rampolli dell’aristocrazia rossanese come Basilio, futuro San Bartolomeo da Rossano, produceva oggetti di raffinatissima fattura e riceveva commissioni imperiali: di fatto, custodiva al suo interno il Menologio imperiale di Michele IV Paflagone copiato poi, in duplice copia (oggi conservate rispettivamente a Baltimora e Mosca) dal monaco Lorenzo di Calamizzi nel 1249».

Si coglie l’occasione per ricordare che l’Università Popolare Rossanese continuerà le sue attività così come programmato, tra queste quella di un’Accademia Natalizia che si terrà sempre a Palazzo San Bernardino e della quale a breve si darà conveniente comunicazione.  

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica