Al Parco Archeologico di Sibari al via l’iniziativa “18 gennaio 2013. La memoria non si infanga”
In occasione del decennale dell’alluvione che devastò il Parco, viene proposta la raccolta di fotografie e filmati realizzati in quei giorni. Demma: «Il dramma diventi occasione di crescita e prevenzione»
CASSANO JONIO - «I mosaici non ci sono più. Li ha tutti sepolti il fango trascinato dal Crati. L'acqua ha invaso ogni spazio, si è infilata in ogni buco, ha scalato ogni mattone. Il fiume ha rotto gli argini ed è piombato sull'intero parco come una furia. La piena ha sommerso la necropoli, il teatro, i cortili, i pozzi, le terme e le ville romane. Dove c'erano le testimonianze di secoli di storia, sabato 19 affioravano soltanto pochi mozziconi di colonne e qualche muro. Il Parco archeologico di Sibari è stato devastato in una notte. Cinque ettari di scavi (l'intero parco è di 12 ettari) sono stati inghiottiti da un'onda che ha provocato danni incalcolabili, impossibili da quantificare e forse anche irrimediabili. È sparita Sybaris, antica colonia degli achei, realizzata nel 720 a. C. e distrutta nel 510 a. C. dai crotoniani. È scomparsa Thurii, fondata nel 443 a. C. dai sibariti superstiti che avevano ricostruito la loro antica città. E infine, non c'è più la polis romana di Copia, edificata nel 194 a. C., sullo stesso sito dove erano state alzate le statue di Sybaris e Thurii».
Scriveva così Repubblica qualche giorno dopo il disastro del 18 gennaio 2013. Il Crati riuscì nell'impresa – nella quale non erano stati capaci gli eserciti – a devastare tre città in un colpo solo. In quei giorni, però, tante storie si unirono, intrecciarono, contaminarono e dal fango emerse un forte spirito di solidarietà, comunità e collaborazione.
Nel tentativo di ricordare quei momenti e, soprattutto, di non disperdere quello spirito di collaborazione, il Parco di Sibari vuole raccogliere queste storie attraverso gli sguardi di chi quei momenti li ha attraversati, animati, fatti propri.
In occasione del decennale dell’alluvione del 18 gennaio 2013, proponiamo al nostro pubblico la raccolta e la pubblicazione di fotografie e filmati realizzati in quei drammatici giorni.
«L’iniziativa – ha spiegato il direttore del Parco di Sibari Filippo Demma – vuole contribuire a costruire un grande album comune e collettivo dell’alluvione, un luogo di incontro delle memorie individuali, un’occasione per renderle patrimonio condiviso di tutti: del Museo, delle popolazioni e delle istituzioni che hanno vissuto quei momenti concitati; proveremo a stimolare la memoria per recuperare il senso di comunità e fare in modo che il dramma diventi occasione di crescita e prevenzione».
Il pubblico è invitato a inviare il materiale, dal 18/01/2023 al 18/03/2023, trasmettendolo via mail all’indirizzo parcosibari@gmail.com e allegando obbligatoriamente anche la liberatoria all’utilizzo del materiale disponibile all’indirizzo http://parcosibari.it/?p=1610. Chi ha ricordi, aneddoti, storie, può inviarci in un vocale, un file audio o video o – se preferisce – contattarci allo stesso indirizzo mail per prendere un appuntamento col nostro Ufficio Stampa, che lo intervisterà registrando il suo racconto nelle forme e nei modi che più riterrete opportuni. In primavera il materiale più significativo verrà pubblicato sui nostri canali web e sarà oggetto di una mostra multimediale negli spazi del Parco.
L’iniziativa è patrocinata da Wikimedia Italia - Associazione per la diffusione della conoscenza libera, che favorisce il miglioramento e l’avanzamento del sapere e della cultura promuovendo la produzione, la raccolta e la diffusione di contenuti liberi (immagini e altri contenuti raccolti nel corso dell’iniziativa, infatti, verranno condivisi con licenza libera su Wikimedia Commons) e vedrà la collaborazione di IgersCalabria e IgersCosenza, community afferenti al network dell’associazione nazionale IgersItalia che ha l’obiettivo di promuovere il territorio, nazionale, regionale e locale, attraverso i propri canali, focalizzandosi sul patrimonio storico, artistico, culturale, sociale, aziendale.