di MARTINA FORCINITI Civita e il turismo dell’accoglienza. Un piacere quotidiano, a chilometro zero, che certamente non si può provare in stanze d’albergo che odorano di vernice fresca e disinfettante per pavimenti. Qui, ai piedi del Pollino, non ci si lascia paralizzare dai circuiti della massa. E a Civita godersi la permanenza significa cedere alla tentazione di un soggiorno che non preveda corridoi e pareti in cartongesso. Ma, piuttosto, l’opportunità di conoscere, tra stradine, piazze e natura inviolata, l’ospitalità familiare di un villaggio arbresh. Una famiglia che ti accoglie in casa propria e ti fa vivere la sua quotidianità: è questo che fa la differenza nell’offerta di un’esperienza autentica piuttosto che di un servizio asettico. Ed è questa la nuova frontiera di un turismo che raccoglie sempre più ammiratori. Ad assicurarcelo è
Stefania Emmanuele, che ha fatto della sua grande casa un Bed & Breakfast (
Il Comignolo di Sofia) votato alla convivialità. Dove il binomio letto-colazione si apre a nuovi, speciali orizzonti. Noi offriamo molto più che un paio di lenzuola di cotone – ci dice -.
Noi promettiamo al turista la possibilità di sperimentare uno stile di vita, scandito dal silenzio, dalla lentezza, dalla forza della natura. Un valore aggiunto che non ha prezzo e che chi sceglie Civita, ricerca.
È, questa, proprio l’ospitalità diffusa che consente al viaggiatore di incontrare mondi diversi, scambiarsi reciprocamente le esperienze. Insomma, partendo dalle cose più semplici. Sbaglia chi pensa che il turista voglia ciò che viene creato dal niente – spiega la Emmanuele –
In realtà è proprio valorizzando ciò che si ha, partendo dal cibo per finire con le proprie usanze, che si soddisfa il cliente. E lo si emoziona. Permettendogli di conoscere, condividere le tue stesse abitudini. Di immergersi completamente nella cultura autoctona e di relazionarsi con la comunità locale. Un originale modello di turismo, dicevamo, che entusiasma sempre più visitatori.
Negli ultimi anni – ci racconta – c’è sempre meno turismo italiano. Sono i viaggiatori stranieri e, soprattutto, colti che ci scelgono. Sono automuniti, sanno come muoversi. Per questo bisogna abbandonare quella vecchia visione per cui a penalizzare il nostro territorio sia la viabilità.
Le criticità si superano nel momento in cui si offrono al turista le informazioni giuste. Tutto sta nello sforzo, da parte del territorio, di riprendere coscienza di sé. E delle proprie potenzialità.
Sviluppando meglio uno stile di accoglienza ospitale radicato nel territorio – chiosa – promuovendo ciò che già esiste in chiave monetizzabile, il turismo calabrese sarebbe votato al successo. Abbandoniamo, quindi, la mentalità di una regione che non ha capacità di crescita. E, per farlo, basterebbe credere di più nel tanto che si ha.