Cariati, quale futuro per la pesca? Minò invoca una rivoluzione culturale
Dopo il periodo del fermo biologico, le barche sono tornate in mare per riprendere la quotidiana attività della pesca, che nel nostro comune interessa numerose famiglie. Sul volto dei pescatori, però, si legge lo sconforto per la ridotta capacità dell’attività peschereccia, dovuta all’impoverimento del mare stesso ed alla sua diminuita pescosità. Su questi argomenti si può discutere quanto si vuole, mettendo in campo la scarsa collaborazione dei pescatori, la legislazione nazionale ed europea, che in alcuni periodi dell’anno strangola l’attività, la mancanza di finanziamenti. La verità è che questa attività è destinata a diventare solo un hobby per chi se lo può permettere, se continuerà ad essere esercitata come ora, e se non ci sarà un salto di qualità ed una rivoluzione culturale, che porti a guardare alla pesca come ad una moderna attività economica, di cui le imbarcazioni e le reti tradizionali costituiscono una parte, sia pure importante e fondamentale. Oggi la pesca deve diversificarsi, incontrando il territorio marinaro e interagendo con esso, per farlo diventare parte e protagonista della nuova attività economica; deve guardare con interesse alle nuove opportunità offerte dalla pesca turismo e dall’ittiturismo, come già avviene in regioni europee a noi vicine, intercettando finanziamenti Ue che non mancano in questo specifico settore; all’acquacultura, di cui comincia a vedersi qualche esempio, dopo un iniziale periodo di diffidenza. In tutto questo discorso deve cambiare la stessa figura del pescatore che non può essere visto come chi è costretto, quasi dalla sorte, a portare avanti una tradizionale attività di famiglia, ma un imprenditore di tipo nuovo, che si misura con i tempi dettati dalla crisi, ma anche con le nuove opportunità che il mercato offre, con la capacità di guardare ai cambiamenti indotti nella società, per coglierne e sfruttarne le potenzialità economiche e sociali. Si dirà che si tratta di un discorso avveniristico, come succede a chiunque sia costretto a fare i conti con le novità indotte dall’economia globale, ma nello stesso tempo è legato al suo passato e alla sua storia, che in qualche modo ne frenano lo spirito d’inventiva e anche d’avventura. Abbiamo sentito sull’argomento il presidente del Gac, gruppi di azione costiera Sila Greca, Cataldo Minò, il quale va subito al cuore del problema: «Se non ci sarà una rivoluzione culturale nel settore, non ci sarà futuro e l’attività della pesca, così come la conosciamo, è destinata a scomparire. Come Gac stiamo facendo una serie di azioni volte a promuovere iniziative concrete nel settore, scontando diffidenze ataviche. L’Europa finanzia le nuove attività, ma ci vuole uno scatto d’orgoglio e una buona dose di coraggio per affrontare il nuovo. Nel nostro territorio, poi, esistono ottime premesse costituite da storiche marinerie, come quella di Schiavonea e Cariati, dotate di importanti strutture portuali, che possono veramente fare la differenza. I tempi non sono infiniti e se non sapremo approfittarne, la nostra pesca, con tutto ciò che la caratterizza, pescatori compresi, potremo vederla in qualche cartolina del futuro».