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La polveriera dei boschi di Corigliano-Rossano in preda allo scaricabarile della burocrazia

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CORIGLIANO-ROSSANO – La bomba ambientale è innescata ed è pronta ad esplodere. Ormai denunciamo da giorni (e chi vive la montagna, da mesi e da anni) la condizione paurosa in cui versa l’area boschiva della Sila Greca e in particolare quella che ricade nel comune di Corigliano-Rossano. Per intenderci, da monte Paleparto e dalla Serra della Castagna, scendendo verso valle, lungo il costone nord-est, c’è bosco nel bosco che è quello fatto di sfalci, rami secchi e alberi spezzati dalle ultime nevicate invernali.

Insomma, una vera e propria miccia pronta ad accendersi, trasformando tutto in un inferno di fiamme. Non che le altre aree della Sila Greca siano messe meglio ma, questa in particolare, è davvero emblematica per totale inefficienza degli organi preposti a tutelare il patrimonio ambientale.

È una denuncia che facciamo da tempo – ribadiamo - e purtroppo la situazione non sembra migliorare. Anzi, l’unica cosa che abbiamo capito è che tutti gli enti comunali e sovracomunali, giocano a scaricabarile, cercando di allontanare il più possibile dalle proprie competenze quella che è una vera e propria patata bollente.

Un patrimonio enorme: i boschi di Corigliano-Rossano

Forse non tutti sanno che il territorio di Corigliano-Rossano vanta una superficie boschiva davvero notevole. Se mettiamo insieme i dati dei due estinti comuni, scopriamo che circa il 26% del territorio è coperto da boschi, su un totale di oltre 34.000 ettari di cui è composto il territorio comunale. Stiamo parlando di una porzione di territorio immensa che vale circa 8.991 ettari di fondo boscato, un polmone verde che oggi è a serio rischio a causa dell’indifferenza istituzionale.

La situazione attuale, con un sottobosco così trascurato e pericoloso, ci porta inevitabilmente a chiederci: di chi è la colpa e chi dovrebbe fare qualcosa? Le responsabilità, ovviamente, sono diffuse.

Di chi sono le responsabilità?

Una cosa è certa, di questa condizione allarmante nessuno può dirsi esente da colpe. Nessuno! Partiamo dal Comune di Corigliano-Rossano. L’Amministrazione Comunale dovrebbe agire con urgenza anche se, al momento, le priorità che interessano all’assessore al ramo, Francesco Madeo, che ha in mano la delega per la difesa e valorizzazione dell'ambiente, sembrano disconoscere totalmente la questione, rimanendo più attento a fare i conti delle quote della differenziata per poi dimenticarsi che in montagna non solo c’è un palese pericolo incendi ma anche che buona parte della “montagna accessibile” è sostanzialmente una discarica a cielo aperto!

La priorità assoluta sarebbe quella di redigere e approvare un Regolamento Comunale – che ad oggi non c’è - per l’utilizzo del patrimonio boschivo che apra, ad esempio, alla pratica dello ius legnandi. La sua assenza è una vera e propria negligenza che mette a rischio il territorio.

Poi c’è la Regione Calabria che avrebbe un ruolo fondamentale nel coordinamento e nella gestione dei boschi, oltre che nella prevenzione degli incendi, ma che sulla situazione attuale in cui versano le foreste della Sila Greca sembra dormire sonni tranquilli. Il Decreto Legge 120/2021 (e la Legge 353/2000), in realtà, rafforzerebbe gli strumenti per la prevenzione e la lotta agli incendi ma, al netto dei droni che d’estate volano in aria per intercettare i piromani, di azioni concrete sul territorio non se ne vede nemmeno una. Eppure, la stessa Regione, attraverso il Piano Antincendi Boschivi (AIB), è tenuta a predisporre misure di prevenzione, inclusa la pulizia del sottobosco dal momento che i boschi di proprietà pubblica devono essere gestiti secondo piani approvati dalla Regione stessa.

Lo ius legandi

Eppure una delle soluzioni – sicuramente non risolutiva dell’emergenza attuale - potrebbe essere proprio lì, a portata di mano, nascosta in un diritto antico quanto la nostra storia: gli Usi Civici, in particolare, e quindi dicevamo, lo "ius legnandi". Un'occasione sprecata, un alleato potente che potrebbe trasformare i cittadini in veri e propri guardiani del bosco, garantendo una pulizia del sottobosco a costo zero per le casse comunali.

Di cosa parliamo? Lo "ius legnandi" è il diritto, tramandato di generazione in generazione, di ogni cittadino nato e residente nel comune di interesse a raccogliere la legna secca nei boschi gravati dagli usi civici. Legna da usare per l’uso domestico, intendiamoci, non per farci commercio. Un diritto che affonda le sue radici nella consuetudine, ma che trova una base solida nella Legge 16 giugno 1927, n. 1766, e nel suo Regolamento di attuazione del 1928. Norme magari un po' datate, ma ancora pienamente valide, e che sono state rafforzate nel tempo anche da sentenze importanti, dal Consiglio di Stato alla Corte Costituzionale. Le stesse che hanno ribadito che gli usi civici non sono solo un mezzo di sussistenza, ma un vero e proprio diritto a vivere in un ambiente sano.

La Regione Calabria, con il suo Regolamento Forestale Regionale del 2020 e l'ultimo aggiornamento del 2024, disciplina la gestione dei nostri boschi. E anche se queste norme si concentrano più sulla pianificazione dei tagli, non escludono affatto la possibilità di regolamentare la raccolta di legna a terra. Ci sono esempi in altri comuni della Calabria del nord-est, come Morano Calabro, dove un regolamento comunale permette la raccolta di legna secca "libera e gratuita a tutti, limitatamente ai bisogni della propria famiglia", vietandone ovviamente la vendita. Un modello da cui prendere spunto, no?

Certo, la possibilità di offrire ai cittadini l’accesso ai boschi per fare provvista di legna non è affatto risolutivo del problema contingente. Ecco perché in questo caso dovrebbe entrare in gioco un altro ente strategico quanto importante, soprattutto dopo la cancellazione degli operai idraulico-forestali: Calabria Verde. Ormai lo vediamo in azione solo nelle emergenze, quando c’è da spegnere gli incendi o disostruire i torrenti. Ma l’opera di prevenzione chi la fa? A quanto pare nessuno, perché gli stessi uomini dell’Agenzia regionale non sarebbero sufficienti per un’opera totale di bonifica.

Ma se mai si inizia, mai si finisce.  Anche in questo caso, tra l’altro, ci sarebbero soluzioni e alternative legate alla volontà politica e istituzionale. Ad esempio ci sarebbero i corsisti idraulico-forestali, gente che ha fatto una preparazione lunga (tra l’altro pagata dalla Regione) specializzandosi nella tutela dei boschi, che aspettano da tempo immemore di essere impiegati, anche stagionalmente, per bonificare le aree boschive. Eppure rimangono inspiegabilmente a casa.

La soluzione all’emergenza non è più differibile

La verità è che, per quanto i nostri amministratori dal Comune alla Regione, vogliano scaricarsi di questa patata bollente, non si può più far finta di nulla. Non possiamo più permetterci di ignorare il pericolo che la polveriere del sottobosco può innescare soprattutto nel facilitare gli incendi estivi, che troppo spesso sono alimentati proprio da questa incuria.

Attivare tutti gli strumenti necessari ad oggi possibili, avviare immediatamente un’azione di bonifica che possa quantomeno arginare il pericolo che un incendio devasti tutto, è una priorità non più differibile. È ora che la politica, la burocrazia si mettano una mano sulla coscienza e agiscano prima che il caldo estivo trasformi il potenziale in fiamme devastanti.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.