Punto nascita al Giannettasio? «Prosegue la silenziosa spoliazione del Compagna»
A denunciarlo è la professoressa Carla Tempestoso che definisce il trasferimento del reparto di Ostetricia e Ginecologia a Rossano «inaccettabile». «L'ennesimo colpo inferto al diritto alla salute dei cittadini della Calabria»

CORIGLIANO-ROSSANO - «La recente decisione meramente “politica” di chiudere i reparti di ginecologia e pediatria dell’Ospedale ‘Compagna’ di Corigliano rappresenta l’ennesimo colpo inferto al diritto alla salute dei cittadini della Calabria». Esordisce così la professoressa Carla Tempestoso che denuncia, tramite una nota, la decisione presa dall’Asp che prevede il trasferimento del punto nascite dal presidio ospedaliero di Corigliano a quello di Rossano.
«Un atto – afferma - che non può essere accettato, né tanto meno giustificato dalle solite, vuote argomentazioni tecniche che non fanno altro che nascondere la cruda realtà: uno scippo istituzionale ai danni di una comunità già duramente provata da anni di tagli e disservizi nel settore sanitario. Non è più possibile tollerare l’assuefazione della classe politica calabrese a un sistema che calpesta il diritto alla salute, un diritto sancito dalla Costituzione ma costantemente violato da chi dovrebbe, invece, tutelarlo».
«Dietro a questa decisione, che viene presentata come una “razionalizzazione” delle risorse, - aggiunge Tempestoso - si cela un progetto antidemocratico e profondamente ingiusto, che sta privando i cittadini di servizi essenziali. Lo spostamento del punto nascita al Giannettasio, presentato come una necessità organizzativa, è in realtà un ulteriore passo verso la chiusura definitiva dell’Ospedale Compagna. Inoltre, nel frattempo, la pubblicità di una preparazione dell’“ospedale della Sibaritide” è un insulto all’intelligenza dei cittadini. Come si può pensare di spostare interi reparti in una struttura che, nonostante le promesse, non è ancora operativa? Davvero pensate che gli elettori grazie ai quali siete lì su quelle poltrone siano così stupidi?».
E ribadisce: «Ogni chiusura, ogni trasferimento, è una ferita inferta alla comunità, un segno tangibile di come la politica regionale abbia abdicato al proprio dovere di tutela del bene comune. Chiudere un reparto dopo l’altro significa privare le persone delle cure di cui hanno bisogno, costringerle a spostarsi per chilometri, con tutti i rischi e le difficoltà che ciò comporta».
Infine un invito alla protesta: «È ora di alzare la voce contro un sistema che continua a prendere decisioni in nome di una razionalizzazione che non fa altro che razionalizzare il disastro. I cittadini della Calabria non meritano questo. Meritiamo rispetto, meritiamo servizi sanitari adeguati, vicini, funzionanti, efficaci, efficienti e pubblici. L’attuale classe politica – conclude - non ha il coraggio di difendere i nostri diritti, anzi li sta calpestando calpestarli».