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Uno studente di Co-Ro accampato alla Sapienza contro il caro affitti

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CORIGLIANO – ROSSANO - «Sono accampato in tenda sotto la Minerva da martedì. Di giorno seguo le lezioni, poi la sera ceno insieme agli altri ragazzi. Una pizza da asporto, un kebab. Dipende». Fin quando pensate di restarci? «Onestamente non lo so».

Marco, studente di ingegneria al secondo anno alla Sapienza, è di Corigliano Rossano. «Io l’alloggio ce l’ho. Vivo in una stanza singola vicino Piazza Bologna, una zona non distante dall’università. I miei, perché io non potrei permettermelo visto che non lavoro, pagano un affitto mensile di 400 euro più delle spese extra. E’ tanto. Anzi tantissimo. E considerate che io avevo già stipulato il contratto lo scorso anno e sono riuscito a mantenere il prezzo “bloccato”. Adesso si arriva tranquillamente a seicento euro per una camera. Se non avessi la mia famiglia dietro le spalle la possibilità di studiare in uno degli atenei valutati tra i migliori al mondo resterebbe solo un sogno».

Poi ci sono gli abbonamenti per i trasporti, che siano piccoli o grandi tragitti metro e bus sono comunque necessari, le spese di tutti i giorni. Il cibo. Insomma, un ragazzo fuori sede ha bisogno di molto, ma a occupare la fetta più grande del budget è quella dedicata all’affitto. Un milione delle vecchie lire per una stanza. Anzi di più. Ma se è vero che lo studio è un diritto e che per questo esistono le università pubbliche, è altrettanto vero che questo diritto viene pesantemente minacciato dal momento che sostenere un affitto per chi frequenta un ateneo lontano da casa oggi, in molte città, è diventato insostenibile.

«Per ora – prosegue Marco – i miei riescono ancora ad affrontare queste spese. Domani, se il picco dei prezzi dovesse continuare a salire, non so come potrebbero andare le cose. Io – sembra quasi volersi giustificare – mi impegno al massimo cercando di rimanere in corso. Se dovessi trovarmi un lavoretto come cameriere o commesso non so se riuscirei a stare al passo con gli esami».

Quello che gli studenti chiedono alle Istituzioni è una soluzione affinché lo studio non diventi privilegio di pochi, soltanto di chi può permettersi degli affitti così alti. Il rischio infatti è che i ragazzi debbano rimanere ghettizzati nelle proprie regioni senza per questo scegliere liberamente l’università e, in alcuni casi, doversi accontentare di iscriversi a facoltà diverse da quelle pensate in partenza perché magari quella che vorrebbero seguire manca nell’ateneo più vicino a casa.

La protesta, partita da Ilaria che ha deciso di dormire in tenda davanti al politecnico di Milano, si sta allargando a macchia d’olio in tutta Italia. «Quello che stiamo tentando di fare – rincara la dose il nostro conterraneo – è salvaguardare il diritto allo studio e far sentire la nostra voce. Se restiamo in casa con i genitori siamo dei bamboccioni. Se non scendiamo in piazza dicono che siamo apatici e che non ci interessa del nostro futuro. Ora ci stiamo provando, la “protesta delle tende” vuole essere un modo per richiamare l’attenzione e fare intervenire il Governo su questa deriva scandalosa che sta assumendo il caro affitti».

Intanto, che si condividano o meno le modalità, finalmente dopo tanto tempo da nord a sud, da Torino a Palermo, gli studenti stanno lottando insieme per una causa comune.

Valentina Beli
Autore: Valentina Beli

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” diceva con ironia Luigi Barzini. E in effetti aveva ragione. Per chi fa questo mestiere il giornalismo non è un lavoro: è un’esigenza, una passione. Giornalista professionista dal 2011, ho avuto l’opportunità di scrivere per diversi quotidiani e di misurarmi con uno strumento affascinante come la radio. Ora si è presentata l’occasione di raccontare le cronache e le storie di un territorio che da qualche anno mi ha accolta facendomi sentire come a casa. Ed io sono entusiasta di poterlo fare