Ecco perché il Giro d’Italia “scansa” la Sibaritide, Co-Ro e la Calabria Jonica
«Il Giro va dove è gradito, dove si ha interesse ad averlo». Le parole di Pasquale Golia, giornalista e profondo conoscitore della Corsa Rosa, non lasciano spazio ad interpretazione: la Calabria del nord-est incapace di creare una destinazione
CORIGLIANO-ROSSANO - È cominciato venerdì 6 maggio da Budapest, in Ungheria, il Giro d'Italia 2022, edizione n. 105 della Corsa Rosa. Da domani tornerà in Italia e partendo da Avola, in Sicilia, risalirà tutto lo “stivale” per poi chiudersi la prossima domenica 29 a Verona. Ancora una volta, però, la gara ciclistica più importante del Paese (e la seconda più importante del mondo dopo il Tour de France), escluderà dal suo percorso la Calabria ionica del nord-est. In realtà, fatta salva la tappa di Castrovillari, diventata ormai una città del Giro, il resto del territorio della Sibaritide e di Corigliano-Rossano è da sempre tagliato fuori dalla grande organizzazione del circus rosa.
Ci siamo chiesti il perché. Perché il Giro “scansa” questo territorio? E per capire meglio le dinamiche che muovono il Giro d’Italia, che non è solo una corsa ciclistica a cui partecipano i grandi campioni mondiali del pedale ma anche una delle migliori vetrine di promozione territoriale, ne abbiamo parlato con il collega giornalista Pasquale Golia (in foto). Cittadino di Cassano Jonio e titolare di un’agenzia stampa che si occupa prevalentemente di raccontare lo sport, Golia è probabilmente il giornalista calabrese di riferimento per quanto riguarda il Giro: ne conosce potenziali ed emozioni, valore e forza comunicativa.
«Non c’è alcuna pregiudiziale. Il Giro va dove è gradito, dove si ha interesse ad averlo». Questa la filosofia che spinge ogni anno Rcs-Gazzetta dello Sport, organizzatori della corsa, nella costruzione delle tappe. Le parole di Pasquale Golia non lasciano spazio a fraintendimenti: «Se nessuno si fa avanti dimostrando interesse, attraverso una proposta seria e concreta, ad ospitare il Giro, è ovvio che gli organizzatori indirizzano le loro mire verso altri obiettivi, lì dove si vuole che la corsa arrivi». È un discorso semplicissimo, anche di opportunità, se vogliamo.
«Il Giro d’Italia - spiega ancora Golia – ha successo se si crea la giusta simbiosi tra organizzazione sportiva e le istituzioni del territorio». Insomma, del Giro d’Italia alle istituzioni locali non è mai importato nulla. Perché, in realtà, ne hanno sempre sottovalutato le potenzialità. «Eppure – incalza Golia – è una manifestazione che muove tantissima economia e che ha un riscontro di visibilità enorme».
Pochi ed emblematici dati per capire gli interessi che muove una tappa del Giro d’Italia. Innanzitutto la carovana rosa porta sposta quotidianamente oltre 2500/3000 addetti ai lavori tra giornalisti, atleti, squadre, staff tecnici e operativi, organizzazione, forze dell’ordine, sponsor e altro. Tutta gente che per almeno due giorni deve alloggiare sul territorio, quindi capitalizzando al massimo la ricettività di un’area (si pensi al volume d’affari che potrebbe creare per le strutture ricettive). Ancora, la campagna di comunicazione delle tappe del Giro d’Italia inizia nell’estate dell’anno precedente e si conclude con l’ultimo giorno della kermesse: quasi 9 mesi di battage mediatico durante i quali i nomi delle località ospitanti vengono ripetuti sui più importanti media nazionali ed europei come se fossero un rosario. Il Giro non è una semplice corsa, è anche uno spettacolo itinerante. Ospitarlo significa ospitare anche una serie di eventi di grande rilevanza, con ospiti internazionali (a Castrovillari nel 2017 arrivò Patrick Dempsey) che creano un indotto e in quell’indotto solitamente viene coinvolta un’utenza considerevole (si pensi agli appassionati che si spostano da ogni angolo del mondo per seguire il Giro!). E infine il valore comunicativo intrinseco dell’evento. La Corsa Rosa rimane, dai tempi di Sergio Zavoli, probabilmente il più importante evento di promozione per i territori italiani. Ad esempio, il celebre epiteto attribuito al lungomare di Reggio Calabria “il chilometro più bello d’Italia” è nato proprio durante una tappa del Giro, da un’espressione del cronista Nando Martellini che lo definì così attribuendo la citazione a Gabriele D’Annunzio. Quale migliore occasione, allora, per sfruttare la potenza propulsiva dei media nazionali e la diffusione capillare sui canali Rai e sui circuiti televisivi in mondovisione per far conoscere le bellezze artistiche, culturali e paesaggistiche del territorio?
Insomma, una grande opportunità che alcuni territori calabresi hanno saputo sfruttare con lungimiranza, rilanciando di anno in anno. Territori e comuni che hanno dimostrato di avere una visione turistica e comunicativa ma soprattutto che, attorno al Giro, hanno saputo creare una destinazione. Elementi che, evidentemente, mancano – ancora oggi – alla Sibaritide e a Corigliano-Rossano. La terza città della Calabria, poi, soprattutto oggi alla luce della sua unicità e vastità territoriale, avrebbe una pista spianata in Rcs-Gazzetta del Sud per ospitare una tappa del Giro d’Italia. Co-Ro avrebbe tutte le carte in regola per coinvolgere la sua estesa pianta urbana, racchiusa tra mare, montagne e centri storici, per dare vita una cronometro piuttosto che un circuito cittadino che darebbero una visibilità immensa.
Ma che costi ha questo “gioco”? «Non eccessivi se si considerano due aspetti: quello del ritorno d’immagine e soprattutto il fatto che fino ad oggi i fondi per coprire le spese di candidatura sono quasi sempre stati erogati dalla Regione Calabria. Per ospitare un arrivo e una partenza di tappa – ci dice Golia – occorrono poco più di 200mila euro». Molti? Pochi? Sicuramente è il giusto compromesso per iniziare ad attivare un processo di promozione territoriale che a questo territorio è sempre mancato per assenza di strategie, di capacità, di volontà e, soprattutto, per mancanza di visione.
Forse è giunto il momento che le nostre istituzioni si pongano delle domande e - possibilmente - diano una risposta!