1 minuto fa:Il Comitato Magna Graecia punta al rilancio delle aree vaste
15 ore fa:A Castrovillari un seminario dal titolo “La giustizia telematica: criticità e prospettive"
18 ore fa:Il Faro di Capo Trionto si prepara a rinascere
17 ore fa:Sport e inclusione, a Cantinella nascerà un campo da cricket
16 ore fa:Corigliano-Rossano: finanziato il restauro degli affreschi della Torre Mastio del Castello Ducale
17 ore fa:Dua Lipa in Calabria per visitare le comunità arbereshe: parola di chef Mazzei!
2 ore fa:L'Associazione Hydra torna con un nuovo appuntamento dedicato ad Harry Potter
3 ore fa:Con Giangurgolo ed i maccarrun’ e purpett’ u carnalivar’ tarsian si fa identitario
1 ora fa:«Nessun aumento delle tasse, solo false voci in vista delle elezioni»
15 ore fa:Nella Cardiologia di Castrovillari un test genetico rivoluziona la terapia nei pazienti colpiti da infarto

Il Comitato Magna Graecia punta al rilancio delle aree vaste

5 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO - Il Comitato Magna Graecia torna parlare della riforma delle province. «Nell'ardore dell'esuberante dinamismo che, talvolta, ha caratterizzato i Governi dalla Seconda Repubblica, nel 2014, il già Ministro Delrio, firmò una legge (DL 56/14) con la quale fu decretato il ripiegamento a Enti di secondo livello di tutte le Istituzioni provinciali italiane. Tale legge, nata con intento transitorio, avrebbe dovuto riformare e snellire l'apparato intermedio del sistema amministrativo nazionale. Di fatto, a quasi 11 anni dalla sua attuazione e con la complicità della bocciatura del referendum costituzionale nel 2016, ha ibernato le Province lasciandole nel limbo dell'impalpabilità amministrativa», dichiara il comitato in una nota. 

«Circa due anni fa, però, un rinnovato attivismo parlamentare, nella Commissione affari costituzionali al Senato, ha riportato alla ribalta la tematica. La discussione relativa alla reintroduzione del suffragio universale alle Province ha generato la produzione di un testo unificato a firma di vari Gruppi parlamentari. Tutto questo fermento, però, si è sostanzialmente arenato nel mese di giugno del 2023. Con ogni probabilità, il disegno delle autonome regionali ha avuto prelazione negli interessi delle Commissioni. Da oltre un anno, quindi, il dibattito relativo alla rinascita degli Enti intermedi è fermo all'angolo. Non è da escludere, tuttavia, che già i prossimi mesi potrebbero risultare decisivi al ripristino del sistema Provincia così come lo conoscevamo fino a un paio di lustri fa». 

«Il testo normativo, prodotto in Parlamento, tuttavia, non si spinge verso una riforma sistemica dell'Ente in questione. Piuttosto, si limita a una restaurazione delle perimetrazioni provinciali ex ante 2014. Il disegno di legge, infatti, non si addentra su quelle inspiegabili dinamiche che, in Italia, hanno generato ambiti elefantiaci e ingestibili a fianco di piccoli contesti territoriali, spesso sguarniti di una reale autonomia politica e ombra di loro stessi. Nessun riferimento, altresì, alla condizione di disagio vissuta da quei contesti provinciali, spesso gemmati da una Provincia madre più ampia, poco rappresentativi anche dal punto di vista demografico. Chiaramente, quindi, una riforma che oltre a restituire l'Ente Provincia si spinga verso un profondo rinnovamento dell'organismo amministrativo, sarebbe auspicabile». 

«Ciò che, comunque, bisognerebbe sanare è il divario tra territori, consentendo a quei contesti rimasti più indietro di porsi a livello degli ambiti che procedono più spediti. Quindi, non è tanto la reintroduzione di un Ente, quanto la necessità di annullare squilibri territoriali, il vero obiettivo che la Politica dovrebbe porsi. Se, davvero, il Parlamento sentisse la necessità di intervenire su oggettive disparità territoriali che, ovunque avvertite in Italia, generano aree di figli e aree di figliastri, il ricorso ad una serie di emendamenti al disegno normativo, sarebbe necessario. Modifiche e integrazioni, invero, contribuenti a scrivere una legge che fornisca una reale visione del territorio italiano, ancor prima che un semplicistico ritorno al passato. D'altronde, lavorare alla normalizzazione di una condizione legata a una dicotomia tra aree sature e centralizzate e contesti periferici sempre più collaterali, sarebbe necessario e non differibile. Anche, per tentare un approccio volto a riequilibrare una disparità in atto tra contesti territoriali sovradimensionati e periferie marginalizzate, rese sempre più lande desolate e depresse».

«Seppur tra tante incoerenze, comunque, il DL 56/14 aveva tentato di dare un'impronta d'area vasta ai territori extra comunali. I requisiti di almeno 350mila abitanti e 2500km di superficie, per evitare l'allora scure della decapitazione provinciale, non furono messi a caso. In ambito europeo, infatti, i contesti compresi tra 350 e 450mila abitanti risultano essere quelli più efficientemente dimensionati. Pertanto, una reintroduzione sic et simpliciter del concetto di Provincia, così come eravamo abituati a conoscerlo prima del 2014, non andrebbe a risolvere taluni scriteri. Si pensi ai casi di Alba e Bra nella gigantesca provincia di Cuneo o alle questioni di Busto Arsizio/Varese e Sanremo/Imperia. Meriterebbe accurate riflessioni, anche, il nuovo contesto pedemontano veneto che gravita attorno a Bassano del Grappa. In centro Italia, non possono lasciare indifferenti i casi di Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto, rispettivi primi contesti urbani delle Province di Macerata e Ascoli Piceno. Così come la questione legata alla volontà di costruire una provincia con doppio capoluogo tra Spoleto e Terni, per frenare il centralismo perugino. A sud, invece, l'elefantiaca Capitanata si caratterizza per la presenza di grossi nuclei urbani e relative aree di gravitazione che poco o nulla condividono con Foggia. Nondimeno, la volontà della provincia di Isernia di spostarsi dal Molise all'Abruzzo o la provocazione materana di aggregarsi alla terra di Bari. Anche la Sicilia non è esente da sentimenti legati al decentramento amministrativo e alle autonomie politiche: Gela vorrebbe migrare dalla Provincia di Caltanissetta per accasarsi nella Città Metropolitana di Catania, mentre il dualismo Marsala/Trapani necessiterebbe attenzione con alcuni correttivi. Non per ultimo, poi, il caso di Corigliano-Rossano e l'area dell'Arco Jonico che non condivide criteri di omogeneità territoriale ed economica con il resto della provincia di Cosenza. Insomma, alcuni, ma non tutti, i desideri, legittimi, di immaginare nuovi e più coerenti percorsi amministrativi che restituiscano dignità ai territori, infondendo la speranza di declinare un avvenire migliore. Dunque, il nocciolo della questione non è reintrodurre le Province, ma inquadrare quest'Ente nel giusto parametro tra la dimensione regionale e macroregionale e i Comuni sottoposti a coordinamento e controllo. Le esperienze delle piccole Province, d'altronde, si sono rivelate un boomerang: poco funzionali e, addirittura, controproducenti. A tal riguardo, buona parte degli Enti nati successivamente al '92, hanno ampiamente dimostrato la loro inutilità, non riuscendo a inverare una concreta autonomia politica ancor prima che amministrativa».

«Il discorso calabrese, forse più di qualunque altro, nasconde una serie di incoerenze tra i fautori di un nuovo Ente e chi, invece, auspica una ridefinizione logica degli attuali contesti di secondo livello. Con una popolazione di poco superiore al 1.800.000 abitanti, pensare a una sesta Provincia in Calabria suona già come ridicolo. Vieppiù, contribuisce a rendere macchiettistica la considerazione di alcuni contesti della Regione; simile, per certi versi, a quella dei vignettisti satirici, il cui unico obiettivo consiste nello scatenare ilarità nel lettore. I limiti di una ipotizzata Provincia della Sibaritide-Pollino, ancor prima che amministrativi e di natura territoriale, data la disomogeneità tra i due ambiti concorrenti a formare il perimetro vasto, risiedono tutti in uno stadio di reale autonomia politica. Per quanto l'immaginato ambito possa avere una ragguardevole dimensione in superficie, anche nella migliore delle ipotesi, la sua conformazione demografica risulterebbe scarna rispetto l'Ente madre da cui dovrebbe gemmare. Una popolazione di 250mila abitanti, a fronte di un vasto e disarticolato territorio, rappresenterebbe poco più della metà della demografia che resterebbe in capo alla ridimensionata Cosenza». 

«Un'idea progettuale, al contrario, che assembli le aree rivierasche e pedemontane afferenti al medio-alto Jonio calabrese, oltre alla comune matrice storica, economica e di opportunità, non andrebbe a sovraccaricare di Enti e burocrazia uno Stato già eccessivamente provato da inutili e inefficaci frammentazioni. Partendo da un Ente già esistente (Provincia di Crotone) si dovrebbe procedere alla ridefinizione dei perimetri delle attuali Province di CS e KR, per sezionare la ex Calabria Citra in due aree pressoché identiche, sia territorialmente che demograficamente. Un ambito del nord ovest che resterebbe sotto l'egida della Città di Cosenza e un'area del nord est coordinata e controllata da due Capoluoghi (Corigliano-Rossano e Crotone). Due contesti simili e concorrenti che insieme all'ambito istmico (CZ-Lamezia) andrebbero a gestire, con pari diritti e pari dignità, buona parte del territorio regionale. Una rivoluzione nell'approccio e nella gestione degli Enti intermedi. Non più ambienti centralizzati e distanti dalle esigenze dei cittadini, ma policentrici e caratterizzati da distretti di prossimità che eleverebbero il reale significato del decentramento amministrativo. Ecco, in una rinnovata visione e in una ridefinizione funzionale e prospettica dei territori, l'idea di riportare ex ante 2014 gli Enti di secondo livello avrebbe senso compiuto. In tutti gli altri casi sarebbe l'ennesimo carrozzone politico di cui certamente questo Paese non avrebbe alcun bisogno». 

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.