La fusione che c'è e non decolla: «È il momento di organizzarsi»
L'ennesimo accorato appello di Enrico Iemboli affinché si crei una classe politica coesa e capace di amministrare questa grande città. Il vero obiettivo, però, deve rimanere quello di non far morire la fusione nel cuore della gente
CORIGLIANO-ROSSANO - Ospitiamo con piacere l'ennesimo appello di Enrico Iemboli, uno dei cittadini che hanno dato vita - già nelle fasi embrionali - al lungimirante processo di fusione di Corigliano-Rossano. Lo stesso che era e rimane - lo ribadiamo a favore dei soliti e simpatici detrattori - l'unico vero atto rivoluzionario e di coraggio che ha saputo compiere questo territorio. Sono pienamente condivisibili le parole di Iemboli, da sottoscrivere in toto. Manca, però, ancora una volta, e non è sicuramente colpa del già sindaco di Scala Coeli, un elemento importante alla riuscita del progetto: la capacità di coinvolgimento dal basso. Non si può auspicare - ancora - di costruire la fusione solo attraverso comunicati stampa, riunioni carbonare o affidando tutto nelle mani dell'Amministrazione comunale. Questo è essenziale, è importante, è fondamentale ma non è l'unica cosa. Serve la comunità, che si crea solo attraverso la partecipazione. E la partecipazione nasce appunto dal coinvolgimento. Il rischio è non solo che fallisca la fusione in termini amministrativi e sociali... il vero rischio è che questo nobile progetto muoia (se non lo è già) nel cuore dei cittadini di questo territorio.
Questo territorio ha fatto un’operazione di portata storica conclusasi con la fusione di due aree urbane che hanno dato corso alla nascita della città di Corigliano-Rossano. L’idea era quella di dire “alt” alla sottrazione degli uffici e dei servizi ed innescare nuovi processi di sviluppo oltre che avere una nutrita rappresentanza politico istituzionale che portasse avanti le istanze del territorio.
La nuova città di dimensioni demografiche e territoriali rilevanti doveva essere e rappresentare la forza, il sostegno e lo stimolo all’azione politica locale e territoriale che doveva operare per attuare le finalità per le quali è stata istituita.
L’idea della fusione delle due aree urbane era e resta valida, ma le idee e i progetti camminano con le gambe degli uomini. Se gli uomini, in questo caso gli amministratori locali, gli eletti alla Provincia, alla Regione e al Parlamento non ne sono capaci, è ovvio che non basta avere una grande città e la delusione porta a rimpiangere il passato e a rivendicare in modo infantile la nostalgia di quando si era solo Corigliano o solo Rossano.
Il modo con il quale è stata amministrata la città fino ad oggi con scarsi risultati e molte cose non risolte, ha alimentato lo sconforto di quanti speravano nel rilancio del territorio ed ha offerto il fianco alle critiche di coloro che erano contrari al progetto di fusione ed ancora lo avversano con impropria dialettica e senza proposte.
E’ vero, dalla fusione in poi nulla è migliorato, anzi.
Ma la colpa è dell’avvenuta fusione o piuttosto di chi non è stato e non è capace di amministrare la città ?
A coloro che sono stati contrari alla fusione e che si augurano di tornare indietro vorrei dire che i problemi delle aree urbane sarebbero stati comunque irrisolti ed il degrado urbano aumentato anche se non fosse stata fatta la fusione. L’incapacità a governare i processi resta tale sia se ci si accorpa e sia se si resta separati. Purtroppo, per guidare un’automobile è necessario avere non solo la patente ma anche l’esperienza e le capacità.
L’attuale Sindaco e gli “onorevoli” eletti, avevano un “debito” simbolico nei confronti del progetto della fusione e nei confronti dei cittadini. Non hanno onorato il debito ed hanno tradito le aspettative.
Hanno inteso la legislatura come una “gita scolastica”, priva di senso di responsabilità e di risultato.
Seduti sulle loro poltrone istituzionali, vi hanno cercato riposo e ristoro.
Credo sia giunto il momento di fare una riflessione seria sul futuro della città di Corigliano Rossano, sono convinto sempre più che non si può rimanere passivi. L’iniziativa spetta alla politica alla quale deve seguire quella della società civile, degli ordini professionali, delle associazioni di categoria, della cultura; ognuno deve mettersi a disposizione per un progetto comune.
Come Comitato 100 A, cinque anni fa avevamo individuato un percorso che obbligava i parlamentari ad essere al servizio del territorio e che il candidato a Sindaco fosse frutto di una visione di futuro e non avesse solo obiettivi di potere. E’ vero che c’è un individualismo sfrenato e diffuso, ma il senso del dovere deve prevalere affinchè il patrimonio delle virtù civili non perda la sensibilità di cui la società ha bisogno. Oggi, ci sono le condizioni per riprendere un cammino di responsabilità, stando in trincea con onestà intellettuale e senza fini personali. La politica serve a questo e non a essere considerata come un “carro” sul quale saltare. E’ legittimo avere l’aspirazione di raggiungere mete più alte, ma lasciare un incarico a metà per altri obiettivi, dà l’impressione di “scappare” dalle proprie responsabilità, così come è avvenuto di recente in occasione delle elezioni per il Presidente della Provincia o per il rinnovo del Parlamento, fasi nelle quali gli amministratori locali non hanno dato un bell’esempio. In prospettiva ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, mi auguro che non si ripeta la stessa cosa.
Sono questi comportamenti che hanno fatto evaporare la politica, che, affogata nel “discredito” è diventata luogo di malaffare e di corruzione che è la causa dell’astensionismo.
Le prossime elezioni comunali non devono farci trovare impreparati, altrimenti si corre il rischio di candidare e di eleggere persone individuate all’ultimo minuto. La candidatura a Sindaco deve essere preparata, coltivata e sostenuta con la forza della convinzione. Quanto più ci sarà condivisione sulla scelta, tanto più il garante che sarà eletto sarà obbligato moralmente.
Enrico Iemboli - già Sindaco e Componente Comitato 100Associazioni