Dall'alto arriva l'ordine: il monastero delle Clarisse di Rossano deve chiudere
Troppo esoso mantenere una struttura gigantesca dove vivono solo due monache ultraottantenni che, ora, dovrebbero fare le valige e trasferirsi in un'altra sede lontana dalla Calabria. Il metodo della razionalizzazione non risparmia nessuno

CORIGLIANO-ROSSANO - Il Monastero delle Clarisse di Rossano, punto di riferimento di fede e silenzio da decenni, deve chiudere. La ragione, cruda e concreta, è economica: troppo esoso mantenere in vita una comunità claustrale che si riduce a sole due monache, tutte ultraottantenni, in un edificio immenso, quello storico di Via Villaggio Santa Chiara.
La notizia ha scosso profondamente la comunità rossanese, che non vuole e non può perdere un punto di riferimento così importante. Come ci racconta l'avvocato Antonella Ferrigno, legatissima a quel convento da ricordi d'infanzia che ci ha svelato i retroscena di questa notizia, il monastero rappresenta da decenni un’ancora identitaria per i fedeli e per l'intera popolazione del territorio.
A quanto pare, la scintilla che ha innescato questa decisione è stata una bolletta delle utenze del gas, troppo salata per le possibilità delle anziane monache. Impossibilitate a onorarla, si sono rivolte alla Casa Generale delle Clarisse Urbaniste di Montone (PG). La risposta, però, è stata inequivocabile: il monastero di Rossano supera il budget, e la chiusura è l'unica soluzione possibile. Un destino che, in un momento di crisi economica e vocazionale, appare forse inevitabile, ma che non smette di porre interrogativi, soprattutto sul profilo etico ed umano.
Per chi ha vissuto, come noi, all'ombra di quelle mura – ricordando le partite a pallone da ragazzi proprio lì davanti allo spiazzo del Monastero, aspettando che le monache ci donassero i rintagli delle ostie per una merenda condivisa – la razionalizzazione economica non può cancellare la memoria, l’affetto e la compassione.
Dalle informazioni raccolte, sempre per voce dell'avvocato Ferrigno, che ha avuto modo di approcciarsi e ascoltare da dietro le grate della clausura, pare che il diktat dalla Casa Generale sia stato perentorio: «arriviamo all'11 agosto prossimo, Festa di Santa Chiara, e poi si chiude».
E il destino delle tre anziane monache? La proposta avanzata è che possano scegliere uno dei monasteri ancora attivi in cui trasferirsi. I più vicini a Corigliano-Rossano sono ad Altamura, in Puglia, e a Napoli. Gli altri quattordici monasteri sono sparsi tra il Centro e il Nord Italia.
Qui si apre una domanda profonda e dolorosa: come si può chiedere a una donna ultraottantenne, che ha vissuto in clausura da quando era adolescente, sempre chiusa tra quelle quattro, seppur gigantesche, mura di Villaggio Santa Chiara, di spostarsi a centinaia di chilometri dalla sua terra? È come sradicare un albero millenario con le sue radici e ripiantarlo in un contesto completamente diverso: il destino è segnato. È ovvio!
Forse, al di là della razionalità economica che colpisce, evidentemente, anche le sfere della spiritualità, servirebbe uno sprone diverso. Servirebbe un briciolo di umanità in più. È davvero impossibile trovare un'altra soluzione per ospitare queste tre povere monache, anziane, stanche, malate, ma ancora animate da una grandissima fede? La comunità rossanese spera che, prima dell'11 agosto, una via alternativa possa essere trovata, quantomeno valutata, preservando non solo un luogo sacro, ma la dignità e la storia di tre vite dedicate al Signore e al servizio silenzioso.