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La nuova provincia? Un’arma di distrazione di massa per pulirsi la coscienza

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Bisogna prendere la patente prima di guidare la macchina. Già! È il principio dello step by step, della gradualità, della crescita organica, che vale in qualsiasi processo. È bastato che nei giorni scorsi il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, parlasse di una nuova Provincia della Sibaritide per mandare in fibrillazione l’intero “arco costituzionale” della Calabria del nord-est (sintomatico che alla fine quasi nessuno abbia argomenti e tutti vadano a ruota). E al netto di tutte le posizioni, scremandole, sintetizzandole, è venuta fuori una cosa: non siamo ancora pronti per gestire un processo così importante e delicato.

Non siamo pronti, innanzitutto, sul piano culturale. Quale sarebbe il territorio di riferimento su cui dovrebbe afferire la nuova provincia? E qui emergono le prime divisioni e divergenze, e i volti si corrucciano. C'è chi pensa di realizzare un ente sovraordinato che si ramifichi da Steccato di Cutro fino a Rocca Imperiale, ripercorrendo le tracce della primordiale Megàle Hellàs, comprendendo Sibari e Crotone; e chi, invece, pensa a una più concreta provincia della Sibaritide, ma con o senza Castrovillari? Al netto della normativa vigente (ci vogliono almeno 350.000 persone per costituire una nuova provincia, il che imporrebbe di guardare al crotonese), c’è un problema sostanziale di affiliazione, identità e appartenenza. Se già l'unificazione di Corigliano e Rossano, che resta la più grande rivoluzione fatta negli ultimi 50 anni da questo territorio, sta facendo emergere – a causa di un discutibile governo della fusione – continue frizioni tra due comunità che di fatto sono cresciute in simbiosi, cosa potrebbe capitare a un territorio di 85 comuni che, per certi aspetti, sono come il sole e la luna?

E qui emerge un secondo problema che è di natura squisitamente politica e di rappresentanza. Ad oggi non abbiamo il materiale umano affinché il progetto di una nuova provincia, qualunque essa sia, possa realmente concretizzarsi. Una domanda su tutte: quanti Comuni, che non siano Corigliano-Rossano e quelli più prossimi alla cinta urbana della terza città della Calabria, oggi delibererebbero convintamente per staccarsi da Cosenza e aderire a un nuovo soggetto istituzionale della Sibaritide (o della Magna Grecia)? Non so la risposta, ma non credo che, ad oggi, ci sia l’unanimità (che è necessaria, quantomeno concettualmente) per varare questo importante e ambizioso progetto. Soprattutto, non c’è una classe politica capace di sedersi tutta attorno a un tavolo, di eliminare divergenze e frizioni, e lanciare una vera sfida per disegnare i confini di una nuova provincia calabrese.

Ecco, allora, che tutto quanto detto in questi giorni è pura demagogia, volto a illudere un po’ di persone con il sogno dell’indipendenza e di una nuova entità. La verità, però, è che il tormentone della nuova Provincia è stato rimesso in piedi con un solo scopo: ottenere nuovi servizi e riottenere gli uffici che negli anni sono stati soppressi. Dalla Giustizia alla Sanità, da una mobilità moderna fino a lavoro e sviluppo. Tutte cose che si possono (e si devono) ottenere senza per forza fare leva sulla nascita di un nuovo soggetto istituzionale. E questo perché – ce lo insegna la storia – creare una nuova Provincia senza avere idea di come governarla significherebbe mettere in piedi un nuovo carrozzone vuoto.

La prima vera sfida dei prossimi anni dev’essere prima di tutto culturale. Lo diciamo da anni, quella della consapevolezza è una sfida essenziale e mette insieme, sullo stesso piano, cittadini e rappresentanti politici. Siamo noi, la base, il popolo, a dover muovere le terga e rivendicare diritti e servizi. Ogni battaglia per una qualsiasi civile rivendicazione popolare – è opportuno rammentarlo – deve partire dal basso per dare forza alla rappresentanza istituzionale e, quindi, ottenere risultati. A noi della Calabria del nord-est le piazze piacciono poco, le amiamo solo per i concerti. Tutto il resto è demandato, è delegato alla politica che fa ciò che può o ai gruppi di interesse che, seppur in pochi, nel disinteresse totale della città, parlano a nome di tutti. Ecco perché, ad oggi, la discussione attorno a una nuova provincia resta solo una pratica vuota, fine a sé stessa, un’arma di distrazione di massa per pulirsi la coscienza. Perché se le cose continueranno ad andare così, non basteranno nuove province a cambiare le sorti di questo territorio: i nostri giovani continueranno ad andarsene, qui non rimarranno sogniprospettive. Rimarremo per sempre la Felice Repubblica delle Banane!

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.