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Caro Babbo Natale, è una vita che ti scriviamo con egoismo

3 minuti di lettura

Caro Babbo Natale, 

Chissà se ancora oggi qualcuno ti scrive una letterina vera. Quelle silenziose e piene di magia che odorano di inchiostro; non quelle piene di immagini e caratteri artefatti di cui si fa a gara sui social e che (diciamoglielo pure) non ti arriveranno mai! 

Un tempo, non molto lontano, questo periodo era una magia per grandi e piccini. Ognuno, con carta e penna, metteva nero su bianco i suoi desideri. Speranze materiali che venivano sempre accompagnate, però, dalla promessa di una buona azione o da un desiderio di una gioia che potesse coinvolgere tutti. Collettivo.

Soprattutto i bimbi che, poi, secondo alcune usanze meridionali, davano quel foglio, scritto quasi spesso a caratteri cubitali con una grafia teneramente infantile, ai loro genitori che, una volta letto, lo bruciavano nel camino. Così sale in cielo e il Bambinello la potrà leggere – ci dicevano. Ed era bello così. Una magia che poi, spesso ma non sempre, proprio tu, caro Babbo, facevi in modo che si materializzasse. La mattina di Natale sotto l’albero, sotto al letto o addirittura vicino al camino quei desideri personali diventavano realtà: a chi un giocattolo, a chi un maglione a chi un paio di scarpe nuove.

Ma se a ognuno di noi il suo desiderio personale, almeno per una volta, sei riuscito ad esaudirlo, mi chiedo perché gli altri desideri, quelli collettivi, che pure erano scritti nella letterina, in realtà non li hai mai esauditi.

Vivere in una terra giusta, senza più guerre, senza più divisioni, senza più falsità e bugie, inondata di pace e amore, senza soprusi e violenze, dove tutti possano avere dignità e la felicità di vivere. Ecco, questo desiderio, pur rimanendo fermo, fisso sulla bocca e nelle letterine di tutti non si è mai veramente realizzato.

Passati i quarant’anni, amico Babbo Natala, una risposta me la sono data e ho pensato che, probabilmente, siamo stati e continuiamo ad essere troppo egoisti.

Volli, e volli sempre, fortissimamente volli. Le parole di Vittorio Alfieri riecheggiano sempre, anche nelle menti dei più piccoli e inconsapevoli, quando raggiungiamo un obiettivo perseguito. A tutti i costi. Ed allora, l’anelare cocciutamente i balocchi, da bambini, che sono diventati un’auto o una casa nuova, da adulti, ha trasformato il desiderio in realtà. Non è per tutti così, ci mancherebbe. Ma questa è e rimane comunque la dimostrazione che quando si vuole qualcosa, prima o poi arriva.

E allora, caro Babbo Natale, non è che per caso le cose belle che renderebbero il mondo migliore non le abbiamo anelate e desiderate abbastanza?

Te lo chiedo perché l’egoismo, quello che appaga il desiderio personale anche a costo di sacrificare quello collettivo, prende sempre il sopravvento. E forse sta tutto qui il mistero. Che poi mistero non è.

Quale bambino - ti chiedo - rinuncerebbe, oggi come ieri, al suo giochino preferito; quale adulto farebbe a meno del desiderato capo firmato in cambio – ad esempio – della pace nel mondo? Nessuno o comunque in pochissimi. Perché la percezione dell’assoluto è sempre più piccola di quella soggettiva.

In fondo siamo tutti falsi e facili moralisti. Lo so. Non sappiamo rinunciare a nulla che sia nostro per il bene collettivo. Ed è un teorema, questo, che vale nel global quanto nel glocal. E ti chiedo, ancora, se c’è per caso un politico nostrano che rinunciasse alla sua perenne velleità di potere per fare qualcosa di silenzioso ma davvero utile alla collettività? No, nessuno. Almeno io non ne conosco. In ogni azione della politica c’è sempre il tornaconto elettorale, quello che porta voti e consensi.

È il gioco della democrazia – mi direbbe chiunque, ma non tu. È vero. Ma per una volta; per una volta soltanto - caro Babbo Natale - se si riuscissero a creare servizi per questa martoriata terra; se si desse la possibilità ai cittadini della Calabria del nord-est di muoversi come tutte le altre persone delle terre evolute; se si restituisse il maltolto di un diritto alla giustizia e alla sicurezza che manca come l’aria; se si desse alla nostra gente il diritto di curarsi… e tutto questo senza badare a equilibri, carrierismi o velleità personali, a primogeniture territoriali – beh – almeno per una volta, chi sovrintende sulla democrazia di questo lembo di Calabria, potrà dire di aver lavorato per noi e non per sé stesso; di aver finalmente esaudito il desiderio collettivo. Che poi – a pensarci bene – se stiamo tutti bene, sto bene anche io... e stai bene anche tu. 

E allora per quest'anno, senza falsità, ti chiedo di regalarci meno egoismo, un po' più di sale in zucca ma, soprattutto, di darci la consapevolezza di sentirci tutti parte di un unico mondo che va oltre il nostro corpo. Buon Natale!   

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.