Restituire a quell'uomo il diritto alla dignità dovrebbe essere un dovere civico... prima di ogni normativa
La storia paradossale di via Cerasaro a Corigliano-Rossano è deflagrata in tutte le sue contraddizioni. «Quell'uomo è capace di intendere e di volere»: è una giustificazione che non giustifica nulla. Solo un pretesto per pulirsi la coscienza
Che fosse una bomba sociale e sanitaria che prima o poi sarebbe scoppiata lo sapevamo da tempo, da tre anni circa. Che la deflagrazione avvenisse nei modi e nelle forme in cui, poi, si è mostrata, con un vero e proprio rovesciamento delle priorità, questa – invece – è la vera, grande sorpresa.
La storia della casa-discarica di via Cerasaro credevamo potesse chiudersi nelle trame di una storia con uno sfondo nitido di disagio sociale. Un uomo con evidenti problemi psichici, accompagnato da due cani e una vita vissuta nella solitudine, nell’abbandono sociale e nell’imbarazzo del degrado.
Credevamo potesse essere un’opportunità, una ghiotta opportunità, per gli apparati istituzionali locali di riscrivere la storia di questo concittadino invisibile, restituendogli quel valore che oggi – e soprattutto in questa storia – continua a passare inspiegabilmente in secondo piano: la Dignità.
E invece, quello che più imbarazza, indigna e si stenta a capire, è perché oggi quella dignità umana sia diventata meno importante della "dignità animale".
Non riuscirò mai a comprendere come questa storia sia deflagrata – dicevo – per mettere in salvo due cani e non, invece, per salvare decoro e onorabilità di un essere umano. Non lo riesco a capire. Sarà un mio limite.
È come se, ad un certo punto, ci fossimo preoccupati di più dello stato di salute di quei due cuccioloni e non, invece, del mondo disagiato, inconsapevole, preoccupatemene precario di quell’uomo di mezza età che – a dispetto di tutti – continua a vivere nella spazzatura, nella merda e tra i topi. E oggi nemmeno più in compagnia di quei due cani che erano parte del suo vissuto e che adesso vivono in condizioni sanitarie sicuramente migliori.
Da cittadino mi rifiuto di accettare che le istituzioni, coprendosi dietro la legittimità della norma, possano dormire sonni tranquilli difronte ad una situazione di oggettivo disagio che nuoce innanzitutto a quell’uomo e che di riflesso crea un problema igienico-sanitario ad un intero quartiere. Non basta dire «quell’uomo è capace di intendere e di volere» per trovare il pretesto di non fare nulla. Perché sappiamo tutti essere una scusa per non intervenire.
Sfido chiunque a guardare con occhi normali una persona che vive tra gli escrementi suoi, quelli dei suoi cani e dei topi che spadroneggiano in quel che resta della sua casa. Sfido chiunque a girarsi dall’altra parte davanti ad una persona che, pur nel pieno delle sue funzioni vitali e intellettive (così dicono!), gira per la città con gli stessi vestiti da sempre, sporco (anzi sudicio) e puzzolente.
Questa non è umanità anche se si incastra perfettamente nelle regole della normativa.
“Abbiamo provato ad aiutarlo, gli abbiamo teso una mano… l’ha rifiutata. Perché è capace di intendere e di volere” – dicono!.È una giustificazione del cacchio! La salute – non solo mentale - è un diritto fondamentale costituzionalmente acquisito dai cittadini e in quanto tale diventa dovere (non opzionale) per le istituzioni. Una persona che vive in una discarica domestica non può stare bene fisicamente.
Quell’uomo, lo ripeto, va aiutato. Quell’uomo va tolto innanzitutto psicologicamente dalla sua caverna. A quell’uomo gli va restituita dignità. E di questo deve farsene carico il Comune, insieme a tutti gli attori sociali della città. Perché è semplice, troppo semplice, fregiarsi di tanta civiltà se poi gli invisibili li copriamo di spazzatura così che non si vedano proprio.