di LORENZO ANTONELLI* La
fusione dei comuni di Corigliano e Rossano è un matrimonio che si deve fare e per la quale il nostro comune si è già esposto. Una volta concretizzata, potrebbe dare un enorme contributo al territorio e a due città che sono parte di un’Area Urbana già avviata: si vedano i progetti di un depuratore consortile in comune, i Pisu, il Psa e soprattutto il grandioso progetto dell’
Ospedale Nuovo della Sibaritide grazie al quale, una volta realizzato, la fusione sarà un processo automatico che porterà sviluppo, lavoro e benefici per tutta l’area. È un procedimento talmente importante da non poter essere lasciato alla scelta di 48 consiglieri, che non se ne possono certo assumere la responsabilità. Saranno i cittadini a decidere tramite quel referendum che è il mezzo più democratico per esprimere la volontà di un popolo. Noi, quindi, abbiamo l’obbligo di portare avanti l’iter processuale, in attesa che Corigliano si esprima. Anche da un punto di vista politico, la nostra area potrebbe avere un peso specifico decisamente più importante, con la possibilità di esprimere due senatori, due deputati nell’ottica di un’evoluzione che ci porterà ad essere la terza città più grande della Calabria. Effetti negativi? Non riesco, al momento, ad individuarne. Piuttosto bisognerebbe guardare a ciò che abbiamo già progettato e realizzato in collaborazione: opere importanti che in un momento come questo rappresentano una manna dal cielo. I problemi che potrebbero eventualmente nascere sarebbero, secondo me, di natura esclusivamente culturale. Certo, c’è qualcuno che resiste ma è pur sempre una voce fuori dal coro quasi unanime di coloro che stanno già lavorando per un futuro comune. Non ha senso, a questo punto, tornare a parlare di area vasta con Cassano, città con la quale non condividiamo praticamente nulla, a differenza di Corigliano con cui abbiamo in comune numerose iniziative che vanno solo consolidate. Per questo i nostri vicini prima o poi dovranno decidere e, ne sono certo, la loro sarà una delibera positiva, sulla scia della consapevolezza che non possiamo essere noi a portare avanti la discussione, precludendo al popolo la possibilità di decidere. Il nostro impegno, dunque, consisterà nel far capire ai cittadini la portata del processo che andrà a realizzarsi, veicolando il messaggio per cui non bisognerà più sentirsi rossanesi o coriglianesi. Saremo un’unica, grande città.
*Consigliere comunale di Rossano di ANTONIO PUCCI Chi non ammetterebbe che l’idea di una grande città sia allettante? Ciò non toglie che, al di là di qualsiasi illusione, la fusione rischi di essere deleteria. Due sono le ipotesi sottese al percorso avviato: la prima, quella di un’unica città conurbata, con una superficie pari al doppio di quella di Milano ma con una popolazione pari soltanto al 6% di quella del capoluogo lombardo. Un sogno, irrealistico. La seconda, forse più concreta, dell’incorporazione di una città rispetto all’altra. Gli esempi ci sono: si veda Pesaro-Urbino e la sua conseguenza: la chiusura di uno dei due comuni a discapito dell’altro. Sfatiamo inoltre il mito dei mega finanziamenti (qualcuno parla di 100 milioni) che pioverebbero sul nuovo comune unico: una falsità, se è vero che secondo il
decreto Delrio il valore del contributo non supererebbe il milione di euro per 10 anni e, soprattutto, nei limiti della disponibilità del fondo. Senza contare che questa legge nasce specificatamente per i piccoli comuni e quello fra Corigliano e Rossano sarebbe certo un’interessante campo di sperimentazione ma, in fin dei conti, una possibilità non prevista. Ho apprezzato l’atteggiamento dei consiglieri comunali di Corigliano che hanno deciso di approfondire il discorso. È un dato di fatto che se mai la delibera dovesse passare per il consiglio comunale, sarebbe un atto politico per eccellenza. Un’alternativa c’è: forzare l’opera di conurbazione attraverso gli strumenti giuridici a disposizione, come l’area urbana e il consorzio dei servizi. L’unificazione delle due comunità è un punto di arrivo, sicuramente non di inizio. E poi, ammesso che si vada al referendum e che vinca il no alla fusione, si darebbe un colpo mortale al processo di unione che si è avviato fra le due città da qualche anno, con un effetto boomerang che rischierebbe di scavare una fossa fra le due città. Altro che lenzuolo! I limiti del dibattito sono da ricercare probabilmente nel fatto che i rossanesi siano arrivati al voto della delibera con una preparazione normativa maggiore rispetto ai coriglianesi che hanno approfondito lo studio di questo processo solo dopo la richiesta di sospensione di gennaio scorso. Ma a prescindere dalla positività di un dibattito culturale che è sicuramente costruttivo, io non posso non appellarmi ai consiglieri coriglianesi perché votino no all’atto di impulso. Tra l’altro, non è certo un mistero che, tra i miei colleghi di Rossano, serpeggi l’idea che ci sia determinati sul sì unanime non tanto per un improvviso innamoramento verso Corigliano ma in vista della fase due della revisione giudiziaria e, quindi, di un’eventuale riapertura del Tribunale di Rossano. Ecco ci si dimentica che non ci sono le condizioni materiali, infrastrutturali e di sviluppo urbanistico per un comune unico. Nelle stesse popolazioni sembra stia scemando quell’iniziale euforia. La mia idea è quella di continuare a percorrere la strada dell’assemblea dei sindaci avviata dal sindaco Geraci ed al contempo rafforzare l’Area Urbana nell’ambito della
Sibaritide dimostrando, di fatto prima che di diritto, di poter avere una sola voce su emergenze e opportunità, a partire dalle elezioni, come si è già fatto in passato nell’esprimere
Giovanni Dima e poi
Giuseppe Caputo come rappresentanti regionali dell’area urbana.
*Avvocato