Amare il territorio, rinasce lo storico brand rossanese "Bianco e De Florio"
Si tratta di uno dei primi e più prestigiosi marchi calabresi di dolci, operante a Rossano dalla seconda metà dell'800. Poi la liquidazione nel 1973. Oggi riprende vita grazie all'intraprendenza dello storico panificio Levante
CORIGLIANO-ROSSANO - Fare impresa non rinunciando alle tradizioni è ancora possibile. Il fatto che questo avvenga al Sud, in Calabria, rende la storia ancora più affascinante. E far rivivere un brand che nei secoli scorsi fu orgoglio per la sua comunità è certamente una grandissima soddisfazione. Come è successo di recente per il marchio "Bianco e De Florio", premiata impresa che iniziò ad affermarsi nella Sibaritide, con la sua sede in Rossano, a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Una premiata ditta di dolci e sciroppi i cui prodotti di punta erano "La Stregacci" e i "Confetti ricci" nonché deposito per derrate nazionali e internazionali, andata in liquidazione nel 1973 e che oggi ritorna a vivere.
Lo fa grazie all'intraprendenza del cavaliere del pane e maestro panificatore Giovanni Levante, imprenditore dell'arte bianca e titolare dell'omonimo forno che rimanendo fedele alle tradizioni opera in via San Giovanni di Dio (nel cuore del centro storicio rossanese) sin dal 1936. Proprio Levante nei giorni scorsi ha acquisito il brand "F.lli Bianco e De Florio" con l'intento, ovviamente, di andare a riscoprire preparati che ormai non esistono più sul mercato, se non in forma commerciale, ma che sono rimasti nella memoria della gente.
«Perchè lo abbiamo fatto?» dice Giovanni Levante, non nuovo a questo tipo di "imprese" che stanno nel DNA della sua azienda capace di innescare l'innovazione nel solco fedele della tradizione. «Innanzitutto perché amiamo territorio e le nostre radici. Credo da sempre - aggiunge - nelle potenzialità del mio territorio ed a quello che esso ancora può esprimere in termini di produttività d'eccellenza. Qui non ci sono le aziende globali, qui ci sono le aziende identitarie, quelle che producono prodotti di nicchia che, però, sono ricercati in tutto il mondo. Penso alla rinomata liquirizia, penso al prestigioso olio de "La Dolce di Rossano", alle clementine di Corigliano, ma anche alle nostre freselle; tutti prodotti che con tanti sacrifici e soddisfazioni i produttori di questa grande città di Corigliano-Rossano esportino in tutto il mondo e rappresentano il passaporto di questo territorio».
A riguardo della notizia dell'acquisizione del marchio "Bianco e De Florio" da parte dell'azienda Levante, della quale si trova conferma presso l'Ufficio italiano Brevetti e Marchi della Direzione generale per la tutela della proprietà industriale del Ministero dello Sviluppo economico (prot. n. 7151 dell'11/01/2022), riceviamo e pubblichiamo la precisazione dell'avvocato Francesco Bianco.
Nella mia qualita' di esponente della Famiglia Bianco di Rossano, con disappunto e sconcerto apprendo dell'inopportuna iniziativa di tal Levante Giovanni il quale, per il tramite della testata giornalistica on line L'Eco dello Jonio, in data 15 u.s., ha diffuso la infondata notizia di avere acquisito lo storico marchio "Bianco & De Florio", creato dai miei avi in congiunzione ad esponenti della Famiglia De Florio.
Di seguito, delegato a cio' anche dagli altri membri delle due Famiglie, Bianco e De Florio, principalmente stigmatizzo dal punto di vista etico e formale l'iniziativa del Sig. Levante;
poi, sotto il profilo strettamente tecnico, civilistico-industriale e, con indubbi riverberi sinanche nell'ambito penale, rilevo nella suddetta ed ardita azione profili di evidente antigiuridicita' che, apertamente, ledono il buon nome ed il prestigio di due gruppi familiari, Bianco e De Florio.
Famiglie gia' accumunate dalle risultanze di una luminosa esperienza societaria, stabilmente caratterizzate dalla presenza sul territorio di note figure professionali ed imprenditoriali e, oggigiorno unite nella ferma determinazione di custodire e tutelare il richiamato marchio patronimico, infrenando banali tentativi di volgarizzazione.
Tanto, si doveva in ossequio al un irrinunciabile principio di presidio della propria identità familiare e culturale.