PMA (Procreazione medicalmente assistita) oltre 13 mila coppie italiane si recano all’estero, in aumento anche i casi nella nostra regione
Eppure, in Italia si praticano circa 90mila cicli l'anno, cifre in linea con gli altri Paesi europei
CORIGLIANO-ROSSANO - È di nuovo emergenza turismo procreativo. A lanciare l'allarme è la Società italiana della riproduzione umana. Sulla base delle stime provenienti dagli operatori del settore, la Siru scatta una fotografia del turismo procreativo in Italia. Lo ha fatto nei giorni scorsi a Roma in occasione del suo 6° congresso nazionale, intitolato 'La medicina della riproduzione: tra ricerca e clinica'.
Dopo la 'pausa forzata' legata alla pandemia, le coppie italiane con problemi di fertilità hanno ripreso a viaggiare all'estero con la speranza di realizzare il sogno di diventare genitori. E questa volta i numeri della fuga sono addirittura superiori rispetto a quelli registrati nel 2019, in periodo pre-Covid. Sono infatti oltre 13mila le coppie italiane che cercano aiuto fuori dai confini nazionali, nonostante in Italia ci siano specialisti e centri di indubbia eccellenza. Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Danimarca e Belgio sono le mete più gettonate, specialmente tra le coppie che puntano alla fecondazione eterologa, cioè alla tecnica di procreazione medicalmente assistita (Pma) che prevede l'utilizzo di gameti, ovuli o spermatozoi, prelevati da un donatore esterno alla coppia.
Questo fenomeno del turismo procreativo è abbastanza diffuso anche in Calabria. Infatti nel corso del congresso nazionale alcuni degli intervenuti ha sottolineato come alcune regioni del sud, tra queste Calabria, Puglia e Basilicata, abbiamo fatto registrare un aumento di richieste. "Nonostante la Corte Costituzionale, a partire dal 2014 abbia ufficialmente allargato l'accesso alla Pma in Italia, autorizzando anche la fecondazione eterologa- informa il presidente dell'area ginecologica della società scientifica, Antonino Guglielmino- sono ancora molte le coppie che continuano ad andare all'estero". "I motivi di questo fenomeno- prosegue- sono diversi: nel Belpaese la procreazione assistita è, di fatto, indietro, la donazione non è incentivata e la Legge 40 del 2004 che la regola prevede ancora molti limiti, nonostante le modifiche negli anni". Eppure, in Italia si praticano circa 90mila cicli l'anno, cifre in linea con gli altri Paesi europei. Inoltre, i centri italiani di procreazione medicalmente assistita sono altamente controllati e, al pari dei centri trapianti, devono rispondere a standard di sicurezza elevati. "In più- sottolinea Guglielmino- vantiamo grandi professionisti apprezzati in tutto il mondo. Abbiamo troppi problemi irrisolti: pensiamo alla situazione di stallo sui Lea, Linee Guida e Legge 40, che fanno sì che nella procreazione medicalmente assistita, il nostro Paese rimanga costantemente indietro". La Siru ha proposto al ministero della Salute 219 Linee Guida sulla Pma, riguardanti la prevenzione e l'informazione della coppia. Da tempo gli operatori della Pma attendono una risposta e se queste trovassero applicazione nei Lea si potrebbe iniziare a lavorare sui cosiddetti 'Pdta', i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, che hanno lo scopo di uniformare l'approccio clinico a determinate categorie di pazienti e di raccordare tutte le fasi di diagnosi-cura-assistenza-riabilitazione. Infine, continua a essere determinante anche il problema della mancata applicazione dei Lea, ovvero delle prestazioni minime garantite dal nostro Servizio sanitario nazionale. "Il paradosso- afferma Guglielmino- è che, nonostante l'inserimento della Pma nei Lea, il ministero della Salute non ha ancora pubblicato le tariffe ufficiali per queste prestazioni, una mancanza che crea una situazione di incertezza e difficoltà per le regioni italiane che non riescono a garantire l'accesso uniforme ai trattamenti a tutti i cittadini".