Sbarco migranti a Corigliano-Rossano: 13 minori affidati alla Caritas diocesana
A seguito dello sbarco avvenuto giovedì scorso si è subito attivata la macchina della solidarietà della Diocesi di Rossano-Cariati. Il monito del responsabile, don Claudio Cipolla: «Accogliere è un dovere umano, morale e sociale»
CORIGLIANO-ROSSANO - Sono attive dallo scorso giovedì 13 ottobre, le operazioni di soccorso, prima assistenza ed accoglienza per 110 migranti, di nazionalità egiziana ed iraniana, sbarcati nel porto di Corigliano-Rossano, sul veliero "Gullbahar".
Adulti, minori non accompagnati e bambini: tutti molto provati dalla traversata. Sul posto si sono recati la Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, il personale del 118, l'Asp, Croce Rossa, Associazione Azzurra, la Caritas Diocesana e l’Ufficio Diocesano di Pastorale dei Migranti.
A bordo, purtroppo, è stato rinvenuto il cadavere di un ragazzo che sicuramente era partito con un sogno di libertà e di una vita migliore. Dopo un momento di preghiera guidato da don Claudio, direttore diocesano della nostra Caritas, la salma di questo povero ragazzo è stata poi trasferita nell'obitorio dell'ospedale "Giannettasio" di Rossano.
Dei minori non accompagnati, 13 sono stati affidati alle cure della Caritas diocesana. Il direttore della Caritas Diocesana , ha attivato da subito una rete di carità e solidarietà. I minori hanno trovato alloggio nella struttura di Santa Maria delle Grazie (Rossano) dove sono presenti le suore della Congregazione delle Missionarie dell’Immacolata – Pime che saranno aiutate e sostenute dai volontari della Casa della Speranza. Già a partire da stamattina i volontari Caritas si sono recati da questi nostri fratelli per portare vestiti nuovi e puliti, per preparare il pranzo e, soprattutto, per far sentire loro la vicinanza e l'affetto. Sono queste le storie che mai si vorrebbero raccontare ma che, purtroppo, continuano a verificarsi e ad essere affrontate come semplice emergenza e in modo sempre più drammatico. «Forse - ha sottolineato don Claudio - dovremmo fermarci e pensare che accogliere l'altro che soffre, l'altro che è in fuga dalla guerra e dalla morte, è accogliere lo stesso Gesù Cristo oltre ad essere anche un dovere umano, morale e sociale».