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Tra vigne e mare: a Cirò si chiude Merano Wine Festival-Essenza del Sud

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PUNTA ALICE, CALABRIA — Le ultime navette si allontanano lentamente dalla spianata assolata di Punta Alice, mentre le brezze serali, portate dal mare Ionio, iniziano a temperare il caldo del giorno. Sullo sfondo, i filari ordinati di Gaglioppo sembrano finalmente riposare dopo tre giornate dense di incontri, assaggi e riflessioni. Si è così conclusa “Essenza del Sud”, l’edizione calabrese del Merano Wine Festival, svoltasi dal 7 al 9 giugno nel cuore storico dell’enologia calabrese, a Cirò e Cirò marina.

Se il Merano WineFestival ha fornito l’archetipo organizzativo e selettivo, la rassegna ciròtana ha delineato un’identità propria, saldamente radicata nei vitigni autoctoni e nella cultura materiale della regione. Un’identità che il pubblico, competente e variegato, ha mostrato di riconoscere e apprezzare.

Il successo dell’iniziativa è da attribuire, in primo luogo, alla determinazione di chi ne ha sostenuto il percorso fin dalla genesi. L’Assessore all’Agricoltura della Regione Calabria, Gianluca Gallo, ha accompagnato con costanza ogni fase preparatoria, mosso dalla convinzione che eventi di tale caratura siano strumenti strategici per affermare la Calabria nel panorama enogastronomico internazionale. Accanto a lui, l’ARSAC, diretta da Fulvia Caligiuri, ha offerto un contributo tecnico e organizzativo di altissimo profilo, assicurando qualità e coerenza all’intero programma.

Per cogliere appieno la portata di quanto accaduto a Cirò, è opportuno analizzare con ordine e profondità quattro direttrici fondamentali che hanno connotato questa edizione.

1. La selezione come narrazione di valore

Come a Merano, anche a Cirò la selezione dei vini non ha inseguito la quantità, bensì la qualità. Il Gaglioppo ha confermato la propria eleganza e longevità, ma non è stato l’unico protagonista: altre varietà autoctone hanno rivelato potenzialità sorprendenti. Particolarmente significativa la degustazione guidata da Francesca Oliverio, che ha saputo restituire un affresco viticolo di grande spessore, esaltando la ricchezza dei vini e dei vitigni indigeni calabresi. Un momento di confronto stimolante è stato offerto dal dialogo sulla nuova denominazione DOCG “Cirò Classico”, con il contributo autorevole del fondatore del Merano WineFestival, Helmuth Köcher, e del giornalista Andrea Radic, i quali hanno sollecitato i produttori a una visione comune e ambiziosa.

2. Identità territoriale e apertura internazionale

Pur saldamente ancorata alla specificità calabrese, la manifestazione ha saputo attrarre operatori esteri, giornalisti internazionali e buyer di rilievo. Questo dimostra che l’identità regionale, quando è consapevole e ben comunicata, non solo non teme il confronto con l’esterno, ma anzi si rafforza nel dialogo globale. La Calabria vitivinicola si è dunque mostrata capace di parlare al mondo, senza snaturarsi.

3. La cultura materiale come chiave interpretativa

Non solo vino: Merano Wine Festival Essenza del Sud ha saputo orchestrare un’esperienza immersiva e multisensoriale. Accanto alle degustazioni e ai talk tematici, si sono susseguite dimostrazioni di cucina, assaggi di eccellenze agroalimentari — come l’olio extravergine Librandi, salumi artigianali e altre prelibatezze locali — che hanno saputo raccontare una Calabria profonda, concreta, stratificata. La cultura materiale non è stata semplice ornamento, ma elemento strutturale dell’intera narrazione.

Particolarmente densa di significati la conferenza della prof.ssa Anna Schneider, genetista del CNR, sostenuta da Gennaro Convertini, l’autentico animatore del vino calabrese. La studiosa ha illustrato l’eccezionale biodiversità viticola della regione e la necessita di fare chiarezza nella complessità di una tale mole di materiale da indagare. Un dato simbolico che getta luce positiva: le viti selvatiche ancora da studiare resistono solo laddove il paesaggio non è stato stravolto, dove la natura non è stata sopraffatta.

 

Su tale linea si è inserito l’intervento del prof. Attilio Scienza, decano della viticoltura italiana, che ha proposto una lettura storica non convenzionale: secondo lui, a garantire continuità alla civiltà agricola calabrese non fu soltanto l’eredità magnogreca, ma anche la lunga stagione bizantina, spesso trascurata dalla storiografia ufficiale. A quei secoli dobbiamo non solo la conservazione di saperi agricoli, ma l’introduzione di colture fondanti: il gelso per la seta, le antiche varietà fruttifere, l’olivo e l’“olio bianco”, impiegato nei riti religiosi ortodossi. Riconoscere e rielaborare quest’eredità, trasformandola in narrazione coerente, è — secondo Scienza — il vero compito della Calabria contemporanea.

4. La reputazione come costruzione collettiva

Ciò che “Merano Wine Festival- Essenza del Sud” ha messo in moto va oltre la singola edizione. Si tratta di un processo di lungo corso. La reputazione, oggi, non si impone con slogan: si costruisce con coerenza, competenza e continuità. È un lavoro di cesello che richiede visione strategica, investimenti mirati e capacità di ascolto del territorio.

In questo senso, l’intesa già dimostrata tra istituzioni pubbliche, mondo imprenditoriale e comunità locali costituisce un capitale prezioso. La Calabria, oggi, non chiede indulgenza né esotismi. Vuole — e può — essere raccontata come laboratorio vivo di biodiversità, innovazione e cultura contadina.

Se un messaggio è emerso con chiarezza da questa edizione, è che il vino — e più in generale l’agroalimentare d’eccellenza — può e deve diventare per la Calabria un asse strategico di sviluppo. L’impegno diretto dell’Assessore Gallo, affiancato dalla visione tecnica di ARSAC, rappresenta un modello virtuoso: quando istituzioni e filiere produttive lavorano in sinergia, i risultati non tardano a manifestarsi — e possono diventare duraturi.

Mentre riprendo la macchina per tornare a casa il cellulare lampeggia appena prima che io metta in moto. Un messaggio da un amico sommelier, dall’altra parte del mondo, in Cina. Sta partecipando alla prima edizione asiatica del Concours Mondial de Bruxelles. “Com’è andata a Merano Essenza del Sud?” scrive. E poi: “Non vedo l’ora di tornare per la sessione dell’anno prossimo, dedicata ai rosati, proprio a Cirò.” Mi regala poi un proverbio cinese appena scoperto che suona come una verità universale: “Il mondo sembra più divertente attraverso un bicchiere di vino.”

Le vigne, sulle colline attorno pettinate dal vento, sonno immobili. “Merano Wine Festival – Essenza del Sud” lascia Cirò senza clamore, ma con qualcosa che fa più rumore dei fuochi d’artificio: un’idea che ha preso forma. Non solo una tre giorni ben riuscita tra calici levati e conversazioni serrate. Ma un messaggio chiaro: qui si è acceso qualcosa. Una miccia, sì. Ma non per brillare e svanire. Per costruire. Con pazienza, con serietà, con quella testarda bellezza che la Calabria — quando vuole — sa mettere in campo. E in bottiglia.

Elia Hagi
Autore: Elia Hagi

Studia a Roma filosofia e teologia e comunicazioni sociali e oggi svolge a Vaccarizzo Albanese il suo ministero sacerdotale. Diventato sommelier, segue con passione la rinascita del vino calabrese con un particolare interesse rivolto ai vini identitari Arbëreshë.