Grande Cosenza, l’Ancien Régime è caduto a pezzi
Corigliano-Rossano non è solo un toponimo su una carta geografica. Cosenza ci teme ma è arrivato il momento che Corigliano-Rossano e l’intero nord-est non temano più Cosenza
L’Ancien Régime è caduto a pezzi. Il referendum sulla Grande Cosenza è fallito. E con esso è fallito il sistema del potere politico cosenzacentrico, da destra a sinistra, quello che tutto muove e tutto puote. Una volta era così: se il politico impartiva l’ordine tutti facevano quello che ordinava il grande capo. Ora il vento è cambiato. Anche nel capoluogo di provincia.
Un clamoroso flop, sancito da un’astensione imbarazzante che da sola grida vendetta contro l’arroganza del sistema, appunto, che pensa di poter imporre decisioni senza il consenso popolare. Un cittadino su quattro: ecco il misero risultato di un’operazione di annessione meschina mascherata da fusione; un’operazione che ha visto il "sì" trionfare solo nel capoluogo, mentre Rende e Castrolibero, consapevoli dell'inganno, hanno risposto con un sonoro "no".
Cosenza, a questo Referendum, è stata vittima della sua cosentinità. Una consultazione che ha smascherato pochezza di contenuti ed esaltato il marchio di fabbrica impresso nel DNA della classe politica bruzia: la "sindrome del Marchese del Grillo" (Io so' io e voi non siete un cazzo).
Le risultanze delle urne di ieri per la Grande Cosenza, però, dovrebbero essere un monito per noi del nord-est, di Corigliano-Rossano, dell’altra Calabria. Il referendum del 2017 sulla fusione oggi ci appare in una luce diversa. Già perché quella rivoluzione lunga e silenziosa, l’unica che è stata capace di fare questo popolo negli ultimi 50 anni, non può ridursi a quei miseri due milioni di euro l’anno elargiti come un contentino rispetto alle enormi potenzialità di questo territorio. La fusione, la nostra fusione è e dev’essere qualcosa di più valoroso e virtuoso. Soprattutto adesso.
Non vogliamo “trasferire” la provincia di Cosenza sullo Jonio, come temeva qualcuno. Corigliano-Rossano vuole, agogna e avrebbe le carte in regola per avere la sua provincia, la provincia della Sibaritide-Pollino. Ma non è una priorità. La priorità è quella di spezzare definitivamente i legacci che ci tengono legati a Cosenza e al suo sistema politico, che oggi ha dimostrato di essere un impero in declino non riuscendo a portare alle urne neanche diecimila persone allineate o sedotte dal pensiero di una grande città. Dobbiamo liberarci dall’eterodirezione, rivendicando i nostri diritti: il diritto alla salute, con il ripristino dell’ASL di Corigliano-Rossano (ora è il momento di rivendicare con forza che il nuovo ospedale della Sibaritide diventi un ospedale Hub e sede di Policlinico universitario a servizio dell’Unical); il diritto alla giustizia, con un tribunale degno di una città di ottantamila abitanti; il diritto alla mobilità; e, soprattutto, il diritto all’equità, considerando che questo territorio contribuisce per quasi un terzo al PIL calabrese e non riceve nulla in cambio.
La vicenda Baker Hughes è emblematica: un’opportunità persa sicuramente a causa dell’incapacità locale di “fiutare” un grande investimento, sulla quale, però, grava anche l'indifferenza di quel sistema politico cosentino, che oggi regna anche sulla Regione, che su Corigliano-Rossano ha imposto le sabbie mobili. E anche la campagna referendaria per la Grande Cosenza ha messo in luce tutte le paure che quell’area della provincia nutre nei riguardi di questo territorio.
Noi siamo un’altra cosa, la fusione di Corigliano-Rossano è un’altra cosa: lontana dagli schemi del campanilismo con due comunità che hanno avuto il coraggio di mettere da parte storiche rivalità, di abbracciare la croce e portarla insieme. Del resto, se la politica cosentina ad un certo punto ha sentito l’esigenza di ampliare il bacino demografico della città capoluogo, vuol dire che per lei Corigliano-Rossano non è solo un toponimo sulla carta geografica. Cosenza ci teme ma è arrivato il momento che Corigliano-Rossano e l’intero nord-est non temano più Cosenza. Perché anche alla confluenza tra il Crati e il Busento il vento è cambiato.