L’incubo Cosenza è il nostro più grande alibi. Noi viviamo di inerzia
Il problema della sopraffazione è congenito nella Sibaritide. Siamo incapaci di reagire alla legge della sopravvivenza sperando che la delega ci salvi. Asl, tribunale, Enel, servizi: abbiamo perso tutto per colpa nostra. Vogliamo continuare così?
Fino a qualche tempo fa ero persuaso che il “cosentinismo” o “cosenzacentrismo” fosse quel tarlo logorante che stava generando la continua spoliazione del nostro territorio, la Calabria del nord-est. Sottrazioni, privazioni, scippi notturni, eclatanti cancellazioni di diritti, chiusure improvvise di servizi e – dopo – anche la perculata di qualcuno che veniva a dirci in faccia, a casa nostra, che siamo un territorio ricco, una polpa da spolpare, mimando addirittura il gesto di chi a bocca piena agguanta un cosciotto di tacchino. American Old Style!
Poi però – crescendo – inizi a vivere il mondo, a guardare le cose da altre prospettive, a confrontarti e scontrarti, e capisci che nella vita ognuno fa il proprio gioco. È la Legge di Darwin, la legge della sopravvivenza: il pesce grande mangia sempre il più piccolo. Ma se il pesce piccolo si organizza, cresce e vive, al pesce più grande gli fa un culo così…
E allora, in quello che è stato un percorso di discernimento e di conflitto, ideologico e interiore, ho imparato a vedere le cose anche da un’altra prospettiva. Ed è quello che dovremmo fare un po’ tutti prima di sparare qualsivoglia sentenza e capire che anche una nuova provincia, che sia della Sibaritide e/o della Magna Grecia (Sibari-Crotone), non servirà a un bel nulla se qui, alle nostre latitudini, non cambiamo approccio alla vita. Non più tardi di qualche mese fa, dalle pagine dell’Eco dello Jonio, lanciai una provocazione, chiedendo l’annessione della Sibaritide alla Basilicata. Perché? Sarebbe l’unico modo per toglierci dal gioco oppressivo di Cosenza. E non perché la colpa sia di Cosenza – attenzione! – ma perché toglieremmo ai nostri politici, ma dico anche alla nostra gente, la malsana, vecchia, perdente abitudine di andare sempre a Cosenza con il cappello in mano, stando uno, due, tre, infiniti passi indietro al capoluogo bruzio per cultura, mentalità e consapevolezza.
Il problema siamo noi. Lo siamo sempre stati e continuiamo ad esserlo. Perché se è vero che gli altri, Cosenza (ma non solo Cosenza), ci tendono continuamente imboscate, trappole, insidie è anche vero che noi non facciamo nulla per difenderci, per alzare una cortina d’orgoglio a tutela della nostra identità e dei nostri interessi. Niente. Aspettiamo che l’onda o lo tsunami ci travolga per poi piangere e innescare inutili rivendicazioni quando già i disastri sono belli che avvenuti. Esercitiamo un unico potere: l’affronto diretto (e inutile) ai nostri rappresentanti politici. Perché diamo troppo valore alla delega e, allo stesso tempo, non ci rendiamo conto che le battaglie di civiltà si combattono tutti insieme, nessuno escluso.
Il dato più evidente ed emblematico, che è uscito fuori negli ultimi giorni dalla querelle legata alla richiesta di istituire una nuova fermata del Frecciarossa Sibari-Bolzano alla stazione di Castiglione Cosentino (e quindi a Cosenza), riducendo l’unico treno veloce che collega la Calabria del nord-est al resto del mondo ad un treno espresso, non è quello che i cosentini rivendichino qualcosa di nostro. Piuttosto quello che dovrebbe far riflettere è che a firmare quella istanza – era scritto chiaramente – fossero CITTADINI e Istituzioni. Badate bene, Cittadini e istituzioni! Sintomatico che lì, nella fossa del Crati c’è un orgoglio patriottico, campanilistico, territoriale che pervade tutti; perché tutti sanno che le battaglie di rivendicazione, dalla più piccola alla più grande, non le si lascia fare alla politica in solitaria. Quando c’è da rivendicare siamo tutti responsabili e ognuno deve fare la sua parte.
Certo, le istituzioni hanno un valore in più nella scelta finale ma se i nostri rappresentanti venissero concretamente motivati e supportati dalla spinta popolare (non dalla delega, che può diventare il più tremendo strumento dittatoriale della democrazia) allora le loro azioni sarebbero innanzitutto più legittimate e avrebbero un valore molto più importante nella fase di contrattazione. Ed è così che non avremmo perso l’Asl di Rossano, è così che Enel non se ne sarebbe scappata da questo territorio, è così che non ci avrebbero chiuso il tribunale, è così che decine e decine di servizi che si sono persi per strada nel corso degli ultimi decenni si sarebbero potuti mantenere. Tutte vertenze che si sono chiuse mentre il popolo dormiva per poi svegliarsi quando tutto era stato compiuto.
Non si torna indietro, che questo lo si sappia. Non si ritornerà indietro sulla governance della Sanità, non si tornerà indietro sul tribunale, non si tornerà indietro su nulla. Anzi, vi svelo un segreto, tutte le azioni, gli investimenti, le possibilità che si possono aprire oggi sul territorio e che sono suffragate principalmente da due congiunture particolari, storiche e irripetibili, e quindi, dalla fase di ripresa dalla epocale crisi economica post-pandemica e bellica e dalla fusione di Corigliano e Rossano, rappresentano un momento straordinario. Che non si ripeterà più. Dire di no ad un’azienda che vuole fare un investimento “sblocca sviluppo”, dire di no ad una nuova strada, dire di no a tutto per preconcetto, pregiudizio e per il lassismo della stragrande maggioranza della popolazione che è molto attiva sui social e poco per strada, sono fasi eccezionali che non torneranno più.
Sta per nascere la nuova Cosenza, che fagociterà tutto.
La crisi prima o poi passerà e tutti i soldi pubblici e privati (anche quelli speculativi), che in questo momento si potrebbero spendere su questo territorio per creare qualcosa in addizione, nel nulla cosmico che ci circonda, non ce li regala nessuno. Con una differenza: domani, quando da cittadini dovremmo rimborsare i prestiti del PNRR, delle iniezioni di liquidità dell’Europa e delle miliardate di euro che oggi si stanno spendendo, se sappiamo ragionare con lucidità adesso, tutti insieme potremmo dire che qualcosa è rimasta. Altrimenti, pagheremo un conto salatissimo senza nemmeno esserci seduti a tavola. E non sarà colpa di Cosenza, Catanzaro, Roma, dei politici o dei rappresentanti istituzionali. Sarà solo colpa della nostra storica, epocale, genetica inerzia. Così come fu colpa dei Sibariti aver permesso che la più grande, splendente, magnifica colonia magnogreca venisse distrutta senza opporre resistenza!