Una mattanza che parla più di ogni dibattito pubblico
C'è chi è più efferato di uno Stato criminale che da anni assiste alle stragi della SS106? Sì, chi osteggia la realizzazione di una nuova strada
La mattanza della Statale 106 continua sotto lo sguardo di tutti. Quasi una vittima al giorno in Calabria, vite spezzate all’improvviso, famiglie distrutte. Dolore e nulla più, che si consuma nella comunità solo nel momento in cui accadono le tragedie e si archivia cinque minuti dopo, mentre quelle vittime non prenderanno mai pace. Sparisce il dolore ed emerge l’egoismo di pochi che su questa maledetta strada hanno costruito carriere, posizioni e di quelli che, invece, osteggiano la soluzione di una strada moderna e sicura solo per un esproprio non condiviso, o per una visuale parzialmente ostruita o – peggio – per posizioni preconcette, campanilistiche o di convenienza. Del resto, semmai la questione 106 dovesse essere mai risolta e con essa anche la sua continua mattanza, qualcuno dovrebbe reinventarsi un ruolo nel mondo!
Purtroppo la mancanza di consapevolezza e di senso civico ha fatto sì che il paradigma delle cose, specie nella Calabria del nord-est, fosse all'inverso rispetto a quello che dovrebbe essere per la normalità. Qui, vale più l'attraversamento di un tracciato che non una vita umana; vale più il costo di un pezzo di terra che non l'utilità pubblica; insomma, vale più l'interesse di pochi rispetto a quello della collettività. È così! Ora, se questi ragionamenti di opportunità personale si limitassero alla politica sarebbe un fatto grave ma comunque mitigabile con una maggiore partecipazione e consapevolezza dei cittadini.
Il problema - il vero problema - però sorge quando sono le forze sociali, lupi travestiti da agnelli, a mettersi di traverso. Logica vorrebbe, per un qualsiasi cittadino disinteressato (la stragrande maggioranza), che il principio di sicurezza e tutela dell'incolumità pubblica mandasse in deroga qualsiasi altra pretesa o ragionamento.
È vero che tanti incidenti mortali sulla SS106 si sarebbero potuti evitare, forse quasi tutti con il buonsenso e il rispetto delle regole. Ma l'intervento dello Stato dovrebbe servire proprio a mitigare questi pericoli. Ma è un dato anche quello per cui dove ci sono strade moderne gli incidenti sono di gran lunga limitati. Quindi, se lo Stato non assolve a questo compito, allora vuol dire che è uno Stato criminale. Oggi, però, nel paradosso perenne della Calabria del nord-est, sarebbe più efferato di uno Stato criminale chi - per qualsiasi ragione che non sia quella della Vita - tentasse di frenare un democratico e necessario processo di ammodernamento della strada della morte.
La fiducia e la speranza è tanta. Perché questa volta – al netto delle parole da campagna elettorale – la volontà c’è, è chiara, è forte. Anche il tracciato c’è, il progetto pure: scelto, voluto e avvallato dalla Regione, prima, e dai comuni interessati, dopo. Ci sono i soldi veri almeno per iniziare a realizzare quell’atteso ammodernamento di due tratti a sud di Sibari.
C’è stata poca condivisione per come e dove passerà il tracciato? Probabilmente sì, per effetto del Commissariamento dell’opera che ha mandato in deroga, insieme ad altri lunghi procedimenti burocratici, anche il dibattito pubblico e questo ha suscitato non poche rimostranze nell’intellighenzia locale, sempre attenta all’interesse particolare e meno a quello collettivo. La stessa intellighenzia che continua a dimenticare – non si sa se volutamente – che sulla esigenza di una nuova strada - qualunque essa sia basta che sia sicura, utile, europea e moderna – hanno già "parlato" centinaia di vittime incolpevoli che hanno perso la vita su questa maledettissima strada. Non basta questo? Oppure la perenne recrudescenza dell’individualismo a discapito di tutti deve, ancora una volta, privarci di diritti e sviluppo?