Se la scuola vale un parcheggio e nulla più. Mentre le emozioni dei ragazzi vengono represse
La riflessione a cuore aperto di un ex studente del San Nilo che insieme ad un’intera generazione ha vissuto gli stessi problemi che impone oggi la modernità. Un tempo oltrepassare la soglia di quell’Istituto era un onore, oggi un fastidio
Viviamo una scuola senza più emozioni. Triste a dirlo ma mi pare essere un’amara verità. In questi giorni si sta consumando l’ennesima grande polemica, forse la battaglia finale, su quelle che saranno le sorti del Liceo Artistico di Rossano. Il dibattito è focalizzato su dove debba trasferirsi la scuola, data l’indisponibilità di aule dell’attuale presidio. Se allo Scalo oppure continuare a rimanere nel centro storico. Si parla di aule e di comfort, si parla di spazi didattici e laboratori, di identità e storicità, di piani formativi e persino degli aspetti architettonici che debba avere la scuola. Insomma, si parla di tutto fuorché di un aspetto importante, forse il più importante: i ragazzi e di quello che sarebbe meglio per la loro formazione.
Sinceramente trovo l’argomento sull’allocazione della scuola fuorviante e fuori luogo, un tema più adatto a soddisfare esigenze di famiglie e docenti che non – in realtà - affrontare il vero tema sull’utilità di formare cittadini consapevoli e capaci di esprimere un talento. E quindi le emozioni.
Mancano le aule, è vero. Ma quanto è importante per chi oggi sta conducendo questa battaglia, la coordinata geografica dove sarà allocata fisicamente un’aula, rispetto alle anime che poi dovranno vivere quella stessa aula? È la cosa più importante!
Ho avuto modo di confrontarmi personalmente e assiduamente con i ragazzi del Liceo Artistico nel corso del precedente anno scolastico, in occasione di un progetto che li ha visti parte attiva della redazione dell’Eco dello Jonio. Sono ragazzi normali e speciali allo stesso tempo. Come tutti gli altri. Con valori, idee, necessità e aspirazioni che oggi vengono soppresse o cavalcate, a seconda di come si muove la polemica sui nuovi locali – necessari – alla scuola, da chi evidentemente ha interessi: politica, corpo docenti e genitori.
In realtà, al netto della questione dei locali, che sicuramente si troveranno e che le istituzioni avrebbero già dovuto trovare, senza arrivare a vergognosi punti di scontro, la vera battaglia di questa vertenza non si sta giocando sulla qualità della didattica da proporre ai ragazzi, ma su un’altra questione che con il nobile scopo della scuola non c’entra assolutamente nulla: qui l’obiettivo è trasferire il Liceo Artistico allo Scalo (qualunque essi siano i locali) per assecondare un’esigenza logistica prioritaria di tutti gli utenti di questo Istituto.
Parcheggi, trasporti, mobilità, stress, tanto stress per sistemare la macchina o per arrivare sul cucuzzolo di Rossano centro storico. Questo è il vero problema. Che nessuno dice perché è vergognoso – anche per loro - ridurre una nobilissima rivendicazione, quella di avere uno spazio scolastico adeguato e onorevole in cui formare e formarsi, alla stregua di un parcheggio!
E non vengo da Marte ma appartengo a quella generazione che già viveva i disagi di un centro storico afflitto dalle esigenze della modernità (anche ai nostri tempi c’erano tantissimi docenti che venivano da fuori territorio, c’era il problema dei parcheggi e degli spostamenti) e che nonostante tutto al mattino percorreva i kilometri di curve che separano lo Scalo dal Centro storico. Eppure non c’era nessuno scandalo. Anzi, c’erano l’onore e l’orgoglio di oltrepassare ogni giorno la soglia del glorioso Liceo San Nilo. Ho il ricordo nitido di una docente di matematica che ogni giorno veniva da Fagnano castello per fare solo due ore in croce di lezione. Non l’abbiamo mai sentita lamentarsi. Mai! Così come non c’erano genitori che si lamentavano nell’accompagnare i figli a scuola, eppure si facevano, ieri come oggi, manovre impossibili per divincolarsi nel budello di via XX Settembre nell’ora di punta.
Forse c’era più emozione per la scuola.
Ma pur ammesso che i tempi e le esigenze siano mutate, credo che oggi, rispetto a venti anni fa, ci siano maggiori possibilità e soluzioni per far sì che quelle situazioni incresciose dovute ad una mobilità oggettivamente pessima possano essere risolte con buona volontà e lungimiranza, da una politica che, come sempre, dorme sonni profondi.
Il problema è che nessuno vuole più emozionarsi e anche la scuola è diventata un luogo in cui il paradigma del massimo rendimento al minimo sforzo la fa da padrone. Un obbligo sociale e nulla più.