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I due calamai... verso le elezioni del tredicesimo Presidente della Repubblica

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Viviamo i concitati giorni che precedono l’elezione del Presidente della Repubblica. La ridda di nomi che si susseguono spesso al solo scopo, evidente, di scongiurarne ogni chance; l’accavallarsi infinito, quali onde d’un mare inquieto, di esperti e “quirinalisti” a spiegarci questo e quel cavillo procedurale; la scomparsa dei “catafalchi”, cancellati dal morbo pandemico, mi hanno riportato alla mente un episodio che riguarda il primo dei nostri Presidenti della Repubblica. L’avvocato, grande di fama e cultura, Enrico De Nicola.

Qualche tempo addietro, era un sabato mattino, in auto, nel tentativo di far scorrere più morbidamente e piacevolmente i tanti chilometri che mi toccavano ascoltavo la radio e mi sono imbattuto in una trasmissione in cui si denunciavano le miserrime condizioni in cui versa la villa liberty ed il famoso giardino che furono, in quel di Torre del Greco, di proprietà del primo Presidente della neonata Repubblica: Enrico De Nicola.

Villa e giardino ora di proprietà della Città metropolitana di Napoli. Non delle condizioni in cui giacciono villa e giardino voglio parlare, ennesima vergogna nazionale, ma di una singolarità, di un aneddoto che tanto racconta e di cui venni a conoscenza grazie a quei chilometri da affrontare ed alla compagnia radiofonica.

Nella villa che fu del Presidente, sulla sua scrivania esistono ancora i due calamai in cui, il Presidente, intingeva la propria sapiente penna a vergare e materializzare i propri pensieri, giuridici ed istituzionali. Perché due calamai? Mi sorpresi ad esserne sorpreso così aumentai volume della radio ed attenzione. Il Presidente De Nicola, appena una settantina d’anni addietro mica secoli fa, aveva sulla scrivania due calamai di cui uno di Stato per le comunicazioni istituzionali, ed un secondo per le comunicazioni sue personali.

Gli era impossibile consumare anche solo qualche goccia di inchiostro Repubblicano per vergare propri personali scritti. Questa notizia, nella sua apparente piccolezza, quasi delicatezza, mi ha molto colpito e vi vado rimuginando ogni giorno di più trovandovi, di volta in volta, motivi di orgoglio come di sconforto; un sentimento di vicinanza come anche di tradimento. Verrebbe facile l’analisi e la denuncia retorica del: “Vedi, oggi, come siamo ridotti…”; oppure dell’ancora più facile e retorico: “con i politici che “adesso” ci ritroviamo...”.

Ma proviamo a volgere a noi stessi, singoli cittadini di questa giovane Repubblica, il pensiero critico: a noi cittadini che scegliamo, comunque, i nostri politici; che raccomandiamo ed è cosa buona e naturale se trattasi dei nostri figli, amici, compari etc; che riteniamo intangibili alcuni privilegi medioevali; che non ci scandalizziamo più di nulla!

Ecco, quei due calamai mi hanno illuminato su quello che siamo diventati: una massa amorfa di cinici, incapaci di provare qualunque vergogna e, dunque, incapaci di ribellarci dinanzi all'immiserimento morale e comportamentale dilagante; impossibilitati ad essere da esempio e guida per i nostri figli; viviamo una sorta di frenesia auto alimentata da continue spicciole polemiche, fintamente ingigantita da social media atti più a dividere che a socializzare; un caravanserraglio da cui è espunto ogni luogo e momento di riflessione, di approfondimento, di confronto costruttivo. Clamore ed ancora clamore.

È come se dinanzi all’avanzare della modernità, spietatamente veloce, ci trovassimo fluttuanti in mezzo al guado: staccati, definitivamente, dalle sponde del passato, con i suoi paradigmi fissati e principi vissuti e rassicuranti, ma non ancora approdati nel presente; distanti da un futuro di cui abbiamo difficoltà a cogliere i contorni. Assuefatti, come anestetizzati, ad ogni comportamento e allorché si tratti della cosa pubblica a siffatto cinismo aggiungiamo, con naturalezza, anche il “dovere” di essere furbi, più furbi del prossimo. In una tragica gara a “fottersi” che ci condurrà allo sfacelo. Ed allora tutto diviene “normale”, “accettabile”, direi “condivisibile”.

Ogni nome, ogni storia, ogni comportamento può ambire a diventare da guida, da esempio e può ambire ad essere il Presidente della Repubblica. La lotta nella pubblica arena anche aspra, come deve essere, non è più fra le idee, fra differenti visioni del Mondo bensì per l’accaparramento dello scranno, per il conquistare uno spazio nel recinto magico; per fruire, così, delle tante prebende di Stato, grandi o piccole che siano a soddisfare la propria voracità e quella dei tanti accoliti, in ogni modo possibile. Tanti famelici “ragionier Casoria” (permettetemi la citazione). Chiudo rammentando, a proposito di silenti esempi, come il Presidente De Nicola rinunciò allo stipendio presidenziale e visse dignitosamente del suo riparandosi dalle intemperie col suo celeberrimo “cappotto rivoltato”.


Il Corsivo è curato dalla reggenza dell'Eco dello Jonio con la preziosa collaborazione della prof.ssa Alessandra Mazzei che ogni settimana offre agli utenti la lettura in forma esclusiva di contributi autentici, attuali e originali firmati da personalità del mondo della cultura, della politica e della società civile di fama nazionale e internazionale

Aldo Marino
Autore: Aldo Marino

È nato a Cosenza nel settembre del 1967. È orgogliosamente un cittadino Arbresh residente in Vaccarizzo Albanese. Ha compiuto gli studi liceali conseguendo, poi, la laurea in Giurisprudenza. Oggi è imprenditore agricolo. È stato Sindaco della propria comunità dal 2004 al 2014; già Presidente dell’Unione dei Comuni dell’Arberia oggi è Console Onorario di Albania in Calabria. Nel sociale è impegnato in più sodalizi, in varie attività umanitarie, sia in Italia che all’estero