Cellcept introvabile nel servizio pubblico, trapiantati costretti agli equivalenti: «Così rischiamo la vita»
A Corigliano-Rossano la Piazza di Schierarsi denuncia la mancanza del farmaco antirigetto originale: «A pagamento sì, gratuito no». Gli appelli al commissario Occhiuto, la paura dei pazienti e il caso emblematico della farmacia di Trebisacce
CORIGLIANO-ROSSANO – Una fila di volti stanchi, preoccupati, ma lucidissimi nel denunciare un problema che, per chi vive con un organo trapiantato, non è un dettaglio tecnico né una formalità sanitaria: è la differenza tra equilibrio e rigetto, tra salute e pericolo.
Da qualche mese – denunciano i trapiantati che hanno affidato la loro voce alla Piazza di Schierarsi di Corigliano-Rossano – il farmaco antirigetto Cellcept, per anni garantito dal servizio sanitario territoriale in forma originale, è diventato di fatto introvabile se non nella versione equivalente. L’originale, invece, si trova ancora… ma solo a pagamento. Una situazione che, per chi vive con pensioni minime e deve assumere questi farmaci per tutta la vita, diventa un cappio economico e sanitario.
“Perché prima sì e ora no? Perché costringerci agli equivalenti?”
È la domanda che uno dei portavoce della Piazza di Schierarsi, l'ex parlamentare e anche lui paziente trapiantato Ciccio Sapia, rivolge apertamente al Commissario alla sanità, Roberto Occhiuto: «Se prima questo farmaco era disponibile in forma originale – chiede – perché oggi si trova solo a pagamento? E soprattutto, perché costringere pazienti trapiantati o fragili a prendere equivalenti che causano effetti collaterali?».
Una domanda che attraversa l’intera intervista.
«Con l’equivalente sono stato male. Ho dovuto farmi certificare il ‘non sostituibile’»
Il racconto del signor Iaquinta, trapiantato dal 2006, è emblematico. «Sono stato costretto a prendere l’equivalente per alcuni giorni – spiega – ma ho avuto problemi di stomaco, mal di testa e altri disturbi. Sono dovuto tornare al farmaco originale: con quello sto bene, con l’equivalente no».
Per ottenerlo, però, ha dovuto rivolgersi al Centro Trapianti e farsi rilasciare un documento che attesta la dicitura “non sostituibile”: senza quel foglio, l’ASP non eroga il medicinale.
In casi come questi, dove la continuità terapeutica è cruciale, essere costretti a giustificare ogni mese la necessità del farmaco originale diventa un percorso a ostacoli.
Rosetta, 24 anni di trapianto e un timore concreto: “Ho paura. Non posso rischiare di perdere l’organo”
La storia di Rosetta è ancora più dura. «Sono trapiantata da 24 anni e non ho mai sostituito quel farmaco. Una volta, non trovandolo, ho preso l’equivalente e mi ha fatto male. Ho certificazioni che spiegano perché non posso assumerlo. Dopo 24 anni di trapianto e 12 di dialisi, io ho paura di prendere un farmaco che potrebbe compromettere la mia salute».
Poi l’appello, senza fronzoli: «L’originale si trova a pagamento. Perché non si trova più tramite l’ASP?».
L’accusa: “Non possiamo essere vittime dei tagli. Questo ci può far perdere l’organo”
Il gruppo è unanime: «Ci può far perdere l’organo trapiantato – ribadiscono – e chi ha donato quell’organo merita rispetto, così come la nostra vita stessa. Non possiamo essere vittime di politiche di risparmio sul filo della sopravvivenza».
Il caso più drammatico riguarda ciò che è accaduto alla farmacia territoriale di Trebisacce. Una signora, dopo quattro ore di fila, si è sentita dire che il medicinale originale non sarebbe stato erogato: «La dottoressa mi ha detto che se voglio l’originale devo farmi fare la ricetta dal medico e comprarlo in farmacia. Io prendo 330 euro al mese di pensione: come faccio? Devo decidere se mangiare o curarmi?»
Per il suo trattamento servirebbero tre scatole al mese, per un costo complessivo di circa 300 euro: un terzo della pensione.
Un paradosso che fa rumore: “A pagamento c’è. Gratuito no.”
È qui che la denuncia assume dimensioni politiche, non più soltanto sanitarie. «Al governatore e commissario Occhiuto chiediamo perché il farmaco esiste e si trova, ma solo a pagamento? Perché non è più disponibile nel circuito pubblico?» Un interrogativo che chiama in causa scelte, costi, priorità, logiche di bilancio.
“Il governo pensa al riarmo. In Calabria mancano i farmaci originali”
Poi l'affondo politico di Sapia in cui la rabbia sfocia anche in una critica aspra: «Il governo centrale pensa al riarmo – affermano – mentre in Calabria mancano i farmaci originali. Qui siamo messi malissimo».
Parole dure, che raccontano uno stato d’animo collettivo: la sensazione di essere cittadini di serie B, anzi, pazienti di serie B, lasciati soli in una regione che lotta da anni con carenze croniche e riorganizzazioni infinite.
La richiesta, alla fine, è una sola e chiarissima: «Chiediamo al commissario Occhiuto di intervenire subito e sbloccare questa situazione. I manager non possono pensare solo ai tagli. Qui si parla di organi trapiantati, di vite reali, di persone che non possono permettersi di pagare 300 euro al mese per un farmaco essenziale».
Un appello che la Piazza di Schierarsi ha raccolto e rilanciato, portando alla luce una vicenda che rischia di trasformarsi nel simbolo di un sistema che scricchiola nei punti più fragili: quelli che dovrebbero essere più protetti.