53 minuti fa:A Castrovillari gli studenti delle superiori dicono no alla violenza di genere
4 ore fa:Il Comune di Longobucco è strutturalmente deficitario. «Il dissesto è alle porte»
4 ore fa:«Per combattere la violenza sulle donne, serve una rivoluzione culturale»
2 ore fa:Screening gratuito del diabete e misurazione arteriosa, a Frascineto effettuati 90 controlli tra adulti e bambini
23 minuti fa:Nazzareno Sessa ricorda sua sorella Maria Rosaria uccisa 22 anni fa dell'ex compagno
3 ore fa:Promozione del territorio e crescita sostenibile della comunità, doppio appuntamento a Morano
1 ora fa:Cassano: firmati i nuovi contratti degli Lsu-Lpu
2 ore fa:Il Polo Liceale di Trebisacce porta in scena “Odi et amo” 
3 ore fa:Parthenope: una metafora della vita, tra bellezza e decomposizione
1 ora fa:Ritrovato sano e salvo il 64enne disperso nel parco del Pollino

Nazzareno Sessa ricorda sua sorella Maria Rosaria uccisa 22 anni fa dell'ex compagno

2 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO – «Come può una famiglia accettare e superare il dolore per la morte di una figlia e sorella uccisa da un uomo violento che diceva di amarla?» È la domanda senza risposta che Nazzareno Sessa pone a sé stesso mentre ci racconta del terribile femminicidio di sua sorella Maria Rosaria, giornalista rossanese accoltellata dal suo ex compagno 22 anni fa.

Maria Rosaria Sessa lavorava e viveva a Cosenza. Pochi giorni prima di morire era tornata a casa per trascorrere la festa dell’Immacolata con la sua famiglia. Nessuno poteva immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta insieme. Al rientro, infatti, l’incontro con il suo ex le risulterà fatale.

«È stata una tragedia – ci racconta Nazzareno. Abbiamo provato, e continuiamo a provare ancora oggi, un dolore profondo, difficile da raccontare. In quegli anni non si parlava di femminicidio e non c’era questa copertura mediatica degli eventi di violenza di cui sono vittime donne. Noi non ce lo aspettavamo e soprattutto non siamo mai riusciti a farcene una ragione».

La violenza si era già manifestata ma nessuno, allora, sapeva leggerne i segnali: «Col senno di poi capimmo tante cose ma in quel momento non immaginavamo che Maria Rosaria stesse vivendo una situazione del genere. Lei era solare, aperta ma testarda, preferiva risolvere i suoi problemi da sola. Aveva una vita frenetica ed era completamente dedita al lavoro, intercettare che qualcosa non andava era difficile. Quel giorno, però, prima di partire ricordo che aveva indosso un foulard che le copriva il collo tumefatto: aveva subito un tentativo di strangolamento. Oggi, forse, le cose sarebbero andate diversamente. Se ne parla di più e abbiamo imparato a riconoscere i comportamenti malsani che si nascondono dietro la violenza. Per questo è importante continuare a parlarne».

Su questo aspetto Nazzareno Sessa non transige e invita le istituzioni a fare di più: «È una mattanza. Il timore che ho è che queste notizie possano diventare come tutte le altre, e cioè che la gente si abitui a questo fenomeno. Purtroppo, parlarne solo durante queste giornate celebrative o nei giorni immediatamente successivi al delitto non serve a molto. Bisogna che il Governo prenda davvero a cuore il problema e che lo affronti con serietà. La chiave, a mio avviso, è partire dal basso, dalle scuole, dai giovani. I ragazzi continuano a mostrare segni di violenza rifiutando il rispetto delle regole. Crescere senza un’educazione affettiva può creare uomini incapaci di avere relazioni sane».

Comportamenti tossici che erano presenti anche nell’uomo che ha ucciso Maria Rosaria. Nei giorni successivi i colleghi della redazione racconteranno di pedinamenti, visite improvvise e aggressioni subite da Maria Rosaria nelle settimane precedenti. Addirittura, durante le indagini verranno fuori le testimonianze di altre donne vittime di maltrattamenti e dell’ex moglie, fuggita in Puglia con suo figlio dopo averlo denunciato per aggressioni.

«In quegli anni non avevamo gli strumenti per comprendere il fenomeno ma oggi il messaggio deve essere chiaro, a tutte le donne dico: ai primi tentativi di aggressione scappate perché nessuno può decidere sulla vostra vita. Maria Rosaria doveva partire per il Canada e fu proprio questa circostanza a far agire il suo carnefice con tanta efferatezza».

Infine un messaggio sull’importanza del ricordo e della sensibilizzazione sul tema: «Per le famiglie che subiscono queste perdite raccontare significa fare i conti con una ferita ancora aperta che mai potrà essere rimarginata. La speranza, però, è che queste occasioni possano servire a chi ha ancora una via d’uscita, una possibilità di salvezza».

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.