di LUCA LATELLA Quanti soldi pubblici finiscono nel mare magnum dell’acqua pubblica? Muoversi fra canoni idrici, società di riscossione, quote che i comuni pagano alla Sorical (la società a capitali pubblico-privati che gestisce l’acqua calabrese), dispersioni, furti dalle condotte, ruoli non coperti, effettiva fornitura al cittadino, è impresa titanica.
Nel corso della nostra inchiesta sull’acqua pubblica abbiamo raccolto dati sorprendenti. A parte le difficoltà nel reperire i dati fra i meandri degli uffici comunali e il rimpallo di responsabilità fra i vari addetti, è emerso un altro “buco nero” nei conti pubblici. Una voragine alimentata non solo dagli sprechi di risorse e mala gestione – come vedremo anche grazie all’approfondimento che pubblichiamo a parte – ma anche dall’incapacità di recuperare i crediti dai canoni idrici comunali, se è vero com’è vero che Corigliano raggiunge solo il 75% di 1,1 milioni da riscuotere e Rossano il 79% di 2 milioni.
Quindi un primo buco nel sistema delle acque, sul quale si avvia subito l’azione di recupero da parte della società di gestione (Soget), ammonta rispettivamente a 275 mila e 420 mila euro per un totale di 19350 utenze a ruolo a Corigliano e 21000 a Rossano. I nostri comuni – in questo caso quelli dell’area urbana e nelle pagine che seguono quelli di Alto e Basso Jonio – non sembrano avere idee chiarissime rispetto, ad esempio, alla quota che Sorical immette nelle condutture cittadine, anche perché ci si serve di pozzi comunali per fornire all’utente l’acqua dal rubinetto.
Nelle due città, abbiamo scoperto che la quota di acque regionali si aggira fra il 25-30%. Corigliano versa nelle casse dell’ente regionale 270 mila euro circa, Rossano 630 mila. A casa di Antoniotti per il ciclo delle acque – quindi servizio idrico erogato, acque reflue, depurazione, manutenzione delle condutture, personale addetto, energia elettrica – si spendono 2 milioni di euro annui. Ne dovrebbe incassare altrettanti ma in prima battuta si arriva a poco meno della metà. I crediti non riscossi rischiano di dilatarsi negli anni rispetto ad una previsione di incasso che deve pari alla spesa, quindi di 2 milioni di euro all’anno. Rossano, inoltre, pesca da Sorical circa il 30% delle acque, per lo più immesse allo scalo e nelle campagne.
In casa Geraci, è simile la captazione e la distribuzione delle acque Sorical (30%) ma Corigliano versa meno nelle casse della società a partecipazione pubblica: 270 mila euro annui. Il problema nasce quando chiediamo quanto il comune incassa dal canone idrico richiesto al cittadino. La risposta che riceviamo non può essere precisa, perchè – ci è stato riferito – l’amministrazione ha avviato un’azione di recupero del credito ed un’importante lotta agli allacci abusivi. Se in tutto questo calderone mettiamo dentro la dispersione, ovvero l’acqua che si perde fra le condutture una volta immessa e che non raggiunge le abitazioni dei coriglianesi e dei rossanesi, ci rendiamo subito conto che il “buco” inizia a farsi consistente. È di difficile smentita che la dispersione può variare fra il 40% ed il 60%. Ciò significa, come confermano i comuni, che l’acqua si perde lungo il corso dei vetusti acquedotti, ma anche per furti, per lo più, nelle zone extraurbane.
In soldoni, in molti si chiedono perché il cittadino debba ai comuni l’intero canone se il servizio erogato è pari – quando va bene – al 60%. Lungi da noi, insomma, il voler mettere alla gogna mediatica le amministrazioni comunali. Di certo, però, abbiamo registrato una fase di disorganizzazione latente. E, soprattutto, uno sperpero di denaro pubblico che dovrebbe, invece, essere al centro delle azioni delle amministrazioni locali che si susseguono negli anni.
Evitare questi “buchi neri”, insomma, dovrebbe essere la preoccupazione maggiore di chi ci governa. Nonostante qualcuno pare voglia ostinarsi a sminuirci, le nostre inchieste funzionano eccome! Basta contare e leggere i diversi interventi di rappresentanti istituzionali locali ma anche sovra comunali generati, direttamente ed indirettamente, da nostri reportage ed approfondimenti. Così è accaduto, ad esempio, sul paventato rischio di ubicare un centro profughi in alcuni siti pubblici a Rossano, sulla richiesta di coinvolgimento per la fusione Corigliano-Rossano; o, ancora, sul documentato stop per i lavori dell’Ospedale nuovo della Sibaritide (confermiamo i nostri dubbi) e sull’accorpamento (intervista esclusiva alla presidente Chiaravalloti) del Tribunale di Rossano con quello di Castrovillari. Per non parlare dell’inchiesta sul trasporto pubblico locale (la cui eco ancora resiste) e, al suo interno, il caso delle navette fantasma per gli aeroporti di Lamezia e Crotone su cui è intervenuto, da ultimo,
anche il presidente del consiglio comunale di Rossano Vincenzo Scarcello.
di LUCA LATELLA e LENIN MONTESANTO SO.RI.CAL. – Costituita nel 2003 ha, come oggetto sociale, l’affidamento in gestione degli acquedotti regionali della Calabria e del relativo servizio di erogazione di acqua per usi idropotabili. I soci sono: la Regione Calabria (53,5%) e Acque di Calabria S.p.A. (46,5%). Il Consiglio d’Amministrazione è composto di 11 membri di cui 7, compreso il Presidente, espressi dalla parte pubblica. L’Amministratore Delegato, con poteri di gestione, è designato dal socio privato.
DISPERSIONE IDRICA, CALABRIA PRIMA – Nonostante siamo tra i Paesi più ricchi di acqua (2800 metri cubi l’anno per abitante), soffriamo di scarsità. Non solo in estate, non solo al Sud. Un italiano su dieci denuncia irregolarità nella fornitura di acqua potabile. La situazione più grave in Calabria, dove si arriva al 32 per cento. Le perdite di rete superano il 30 per cento (record europeo), lo spreco (consumo civile due volte e mezzo quello tedesco, tecniche di irrigazione con tassi di inefficienza del 30 per cento) incide sulla qualità, impedendo la diluizione degli inquinanti. Risultato: una famiglia su tre non si fida dell’acqua del rubinetto.
2.8 MILIONI DI EURO PER L’AREA URBANA – A tanto ammonta un finanziamento regionale erogato per Corigliano e Rossano (assessore Pino Gentile) per combattere la dispersione idrica nei due comuni. Il progetto prevede il miglioramento della gestione dell’esercizio delle reti attraverso le attività di ricerca, la riparazione delle perdite o lavori di sostituzione delle condotte danneggiate. L’obiettivo è quello di abbattere del 25% la dispersione dell’acqua, quantificabile nell’odierno 40-60%: un abisso.
REFERENDUM TRADITO – Si fa presto a dire acqua pubblica. Non sono bastati 27 milioni di Sì per trasformare il sistema di gestione del servizio idrico italiano. Oggi, a più di quattro anni dal referendum del giugno 2011, dove il 54% degli elettori si disse contrario a qualunque forma di privatizzazione, le tariffe non sono cambiate e non esiste una norma post-voto. L’Italia, da Nord a Sud, appare come un mosaico di situazioni differenti.
CALABRIA ALL’ANNO ZERO – Nel 2006, il decreto legislativo n.152 (Norme in materia ambientale) abroga la legge Galli (36/1994) e ridefinisce il servizio pubblico integrato come costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità. – Captazione e adduzione sono quasi sempre gestite dal gestore misto pubblico-privato (la So.Ri.Cal. per esempio). La depurazione è gestita quasi sempre dal privato. La maggior parte dei comuni ha solo la distribuzione, vero anello debole della catena: le fatiscenti condotte comunali restano fonte di elevata dispersione idrica. E di spreco. Dal 1997, anno della legge regionale che ha recepito tout court i principi nazionali, in Calabria vige il caos in materia. Si è all’anno zero. E nonostante si sia ricchissimi d’acqua quest’ultima o non arriva nelle case o arriva sporca o ne arriva poca o quella che arriva ha costi eccessivi. E comunque arriva purtroppo sporca in mare.
CENTRI STORICI SENZ’ACQUA – La Sila è una delle principali risorse idriche d’Italia. Eppure, da queste parti l’acqua continua ad essere un bene raro. Sempre più spesso, soprattutto durante i mesi estivi, in molte zone dei centri storici di Corigliano e Rossano, l’acqua si perde nei mille rivoli delle condotte comunali. In alcune ore della giornata, tutti i giorni, i rubinetti delle case rimangono a secco anche nei quartieri più recenti. In tutto questo bailamme, il paradosso è che per un servizio erogato a singhiozzo, dai cittadini si pretendono balzelli a tariffa piena.
I COMUNI PAGANO L’ACQUA PROPRIA – Ecco il meccanismo. La So.Ri.Cal. capta l’acqua alla fonte e la porta (adduzione) fino all’ingresso del comune, che paga questi due passaggi. Da qui in poi l’acqua viaggia nella rete comunale, assorbendone l’ente i relativi costi di manutenzione, elettricità, personale, riparazioni etc. L’acqua viene depurata, infine, da un altro soggetto privato (altro costo). Il tributo finale al cittadino (intorno ad 1,20-40 euro al metro cubo) deriva da qui. Un sistema che è certamente fonte di spreco economico e sul quale i comuni potrebbero intervenire. Si arriva al paradosso nel caso dei comuni montani con sorgenti proprie (nella Sila Greca ad esempio) costretti a pagarsi la propria acqua! E per ben tre volte.
ACQUA PUBBLICA, CASO SARACENA – L’unico Comune in Italia dove l’acqua è veramente pubblica è Saracena, che ha addirittura anticipato l’esito referendario. L’amministrazione comunale, fuoriuscita dal fallimentare sistema regionale degli ambiti territoriali ottimali (ATO), gestisce l’intero ciclo dell’acqua senza esternalizzare il servizio né parte di esso.
Dalla captazione all’adduzione, alla distribuzione e alla depurazione: tutti 4 momenti previsti dalla legge Galli sono in mano al Comune. Risultato: il cittadino paga l’acqua al rubinetto di casa solo 20 centesimi al metro cubo, più o meno quanto la So.Ri.Cal. fa pagare di solito ai comuni per l’acqua captata e addotta alla rete di distribuzione comunale, senza contare quindi i costi di manutenzione ed il costo di depurazione. (
l. l. e l. m.)