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Prepararsi alla Quaresima riflettendo sulle parole chiave dell'Anno Giubilare

12 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO - Pubblichiamo di seguito la lettera integrale scritta da Monsignor Maurizio Aloise, Arcivescovo di Rossano-cariati, in occasione della Quaresima.

«Carissimi fratelli e sorelle, “Nessuno è una comparsa sulla scena del mondo e la storia di ognuno è aperta ad un possibile cambiamento!” Queste parole tratte dal messaggio di Papa Francesco agli operatori del mondo della comunicazione possono diventare motivo di impegno, personale e comunitario, in questo Anno Giubilare che stiamo vivendo e occasione per proporre alla nostra Diocesi una Piccola Grammatica del Giubileo come strumento per vivere il tempo quaresimale che iniziamo. Esse ci ricordano innanzitutto che non siamo al mondo per caso o per finta o per recitare una parte, ma ci invitano ad assumere un ruolo da protagonisti in ogni ambito in cui siamo chiamati ad operare sapendo che, non c’è niente e nessuno che non possa crescere, convertirsi, cambiare».

«Ripercorrendo alcune delle parole che caratterizzano l’Anno Giubilare in corso, trovo che il loro significato ci restituisca un itinerario di conversione, un messaggio di vita nuova, un’esortazione a fare del cammino verso Roma o verso una delle nostre Chiese Giubilari, un ritorno, un’opportunità di con-versione a Dio, tipica di questo tempo forte dell’anno liturgico. Per farlo mi servo di alcuni contenuti particolarmente rilevanti su cui
riflettere a partire dalle parole giubilari che ci invitano a prendere sul serio il nostro essere pellegrini di speranza, non turisti e neppure vagabondi».

«GIUBILEO -La parola “giubileo” ha origine ebraica: deriva da jobel che era il corno di montone che la legge
mosaica prescriveva di suonare ogni 50 anni per annunciare l’inizio di un anno santo dedicato al
Signore. Quell’anno si doveva vivere nella giustizia e nella pace e nella ritrovata armonia dei rapporti umani e con la natura (Lv 25,8-13). Per gli ebrei storicamente il giubileo non venne mai realizzato e restò come desiderio della liberazione redentrice che avrebbe recato il Messia. Il senso della celebrazione di un giubileo consisteva nella volontà di ritrovare quell’ordine nella creazione che Dio, da sempre, ha voluto: a) la riaffermazione del primato di Dio; b) la promozione dei diritti dei più poveri e degli emarginati;
c) un’attenzione concreta alla natura. Per noi cristiani il senso della celebrazione del Giubileo, cioè di un anno di Grazia, sta in quell’avvenimento storico che è la nascita di Gesù di Nazareth. Infatti, ha inizio con la festa del Natale del Signore, momento in cui noi crediamo si realizza l’Incarnazione del Figlio di Dio, che segna l’inizio della nostra salvezza. Per la riflessione: L’amore di Dio ci precede. Non finiamo mai di prenderne coscienza e di renderne grazie. È l’Amore che si è assunto il rischio di chiamarci alla vita, nella somiglianza e nella differenza, per offrirci l’alleanza e la comunione. In questo Anno Giubilare rinnoviamo il nostro patto di alleanza con Dio e viviamo il nostro tempo come un’opportunità per riscoprire la sua
presenza nella nostra vita. Parola da vivere: mettere ordine».

«TEMPO - Gli stili di vita della nostra società, hanno creato l’illusione, che il tempo sia solo di due tipi: il
tempo del lavoro e il tempo libero. Questo è frutto della società industriale che a poco a poco ha
imparato a produrre 24 ore su 24 attraverso i turni di lavoro. Un mondo fatto, o di lavoro o di tempo libero, non rivela il senso del tempo che è dato solo dal tempo della festa, dal saper fare festa. Esso non è né tempo libero, né tempo del lavoro, ma un tempo dedicato a far memoria del significato del tempo. Quando Dio dà il comandamento sul tempo dice di santificare il sabato, un giorno in cui ci si riposa e si consuma quello che si è prodotto, ringraziandolo e lodandolo. Per la riflessione: Come nel sabato, e per noi nella domenica, non si lavora cioè si apre uno spazio di riconciliazione, così la logica più profonda del Giubileo è una logica di misericordia, di dono, di gratuità. Come a fine giornata ci concediamo un meritato riposo, così nel ritmo settimanale, annuale, giubilare, facciamo entrare una logica festiva. Parola da vivere: fare memoria».

«GIUSTIZIA - La tradizione dello Shabbat nel tempo riguardava ogni 7 anni il riposo della terra e del lavoro, e ogni 49 anni, con la liberazione degli schiavi, la redistribuzione delle terre e la remissione del debito. Un anno di Grazia in cui si riforma l’economia promuovendo la giustizia sociale. Nell’Esodo
si narra che il popolo ebreo nel deserto riceve da Dio la manna a patto di rispettare due principi
cardine: il “sufficiente per tutti” e il “divieto di accumulare”. Lo stesso Gesù inizia il suo ministero a Nazareth proclamando l’anno di Grazia del Signore, ossia un Giubileo durante il quale percorrere la Galilea, terra povera e martoriata dalle tasse, insegnando la condivisione attraverso il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Insegna la preghiera del Padre Nostro utilizzando il termine “nostro” anche per il “pane quotidiano”. Infine negli Atti degli Apostoli, la condivisione diviene lo stile di vita della prime comunità cristiane. Per la riflessione: Siamo chiamati a riscoprire il senso di giustizia insito nel Giubileo, evitando,
secondo le parole del gesuita padre John Haughey, “di leggere il Vangelo come se non avessimo
soldi e di usare i soldi come se non conoscessimo nulla del Vangelo”. La separazione tra Vangelo
e vita economica, a livello personale, sociale ed ecclesiale, è un vero e proprio tradimento del
messaggio sabbatico e giubilare. Parola da vivere: condivisione»

«PELLEGRINAGGIO - È uno dei gesti principali dell’Anno Santo. Non c’è Giubileo senza pellegrinaggio. Un cammino, anzi una salita, secondo la scrittura ebraica, a Gerusalemme, che porta l’uomo all’incontro con
Dio. Nel nostro vocabolario la parola deriva dal latino per ager che significa “attraverso i campi”,
oppure per eger, cioè “passaggio di frontiera”. Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di
cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria
anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio
per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia. Per la riflessione: Nella società contemporanea il pellegrinaggio assume sfaccettature diverse per ciascun individuo. Nasce spesso dal desiderio di spezzare una routine e riconnettersi con sé, le proprie idee e i propri valori, la propria fede ed emotività. È una ricerca di sé e di Dio che di frequente passa anche attraverso il contatto con altre persone, spesso sconosciute, che dividono questa esperienza. È un momento intenso, che non si dimentica e che cambia il modo di vivere la quotidianità e la fede. Parola da vivere: riconnettersi»

«INDULGENZA - È quella benevola disposizione d’animo per cui si è portati a perdonare, compatire, scusare le colpe, gli errori, i difetti altrui e si contrappone in genere a severità. Viene dal verbo “indulgere”
con significato di accondiscendere, concedere benignamente. Possiamo dire che è il verbo di Dio,
che perdona sempre come ha affermato più volte Papa Francesco. Per la Chiesa cattolica l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già perdonati per quanto riguarda la colpa (per i quali cioè si è già ottenuta l’assoluzione confessandosi). Si riferisce alla remissione di tutte o parte delle pene temporali con cui si “restituisce qualcosa” a Dio e ai fratelli per le offese arrecate con i propri peccati; è concessa dalla Chiesa ai vivi, a titolo di completa e definitiva assoluzione, e ai defunti a titolo di suffragio.
Per la riflessione: L’indulgenza si può comprendere come un’opportunità di “rientrare” nella vita
di Dio e di ricostruire le relazioni con gli altri, anche quando tutto sembra compromesso. Non si
tratta semplicemente di cancellare le conseguenze delle proprie azioni, ma di cogliere l’occasione
per ricominciare a vivere nel modo migliore, contribuendo con le proprie azioni alla fraternità e
alla costruzione del Regno di Dio. Parola da vivere: ricominciare»

«PENA TEMPORALE - Ogni volta che ci accostiamo al Sacramento della Riconciliazione entriamo in un processo in cui si vivono 4 passaggi: Sentiamo dolore nel cuore e ci proponiamo il cambiamento; Confessiamo il peccato; Riceviamo l’assoluzione dal sacerdote; Lavoriamo su noi stessi con opere di “soddisfazione” o di riconciliazione (penitenza). L’assoluzione cancella tutta la pena eterna che spetterebbe al peccatore se non si fosse confessato, ma non toglie la pena temporale che è la sofferenza o meglio la fatica che si prova per rispondere al dono del perdono. Questa “sofferenza” dura nel tempo finché non cambiamo. Papa Francesco la definisce così: «l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri». La nostra conversione diventa la risposta che diamo a Dio che ci
perdona, entrando in una dimensione, chiamata, dagli antichi, pena temporale, che oggi, chiameremmo impegno a vivere dentro una logica di misericordia, un tentativo di rientrare al più presto
in una comunione di amicizia e amore con Dio e con i fratelli. Per la riflessione: “Se io offendo una persona e poi voglio riconciliarmi con lui, gli devo dare una soddisfazione. Ciò comporta un mio abbassamento e una qualche mia pena. Succede così tra noi uomini, succede così anche con Dio.” (Albino Luciani). Cambiare comporta un lavoro su noi stessi per non ricadere nel “vizio”, come quando si decide di non fumare più, o di rinunciare ai dolci o al gioco d’azzardo, o di rinunciare a guardare il cellulare ogni secondo. Si tratta di un lavoro personale che spesso costa fatica, la fatica di ricominciare ad amare. Parola da vivere: lavorare su di sé».

«PORTA SANTA - Dopo la fatica fisica e interiore del pellegrinaggio, la porta rappresenta certamente un approdo: è il segno che il cammino è giunto ad una meta. È anche il simbolo di un passaggio, di un attraversamento ulteriore da compiere per poter gustare finalmente “aria di casa”, per potersi nutrire
e ristorare. Oltre al ricco simbolismo umano della porta, è bello accostarsi a questo segno, alla
luce delle parole di Gesù. Egli, parlando del pastore che custodisce e conosce ciascuna delle sue
pecore, esclama: “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7). È Lui la porta di accesso al volto del
Padre, Colui che ci introduce nel suo cuore. Per la riflessione: Ad attraversare la Porta Santa, ci si prepara. Lungo il cammino, sarà naturale fare memoria dei tanti passaggi della propria vita, delle svolte attese o impreviste che hanno regalato un oltre, delle persone e delle situazioni di cui Dio si è servito per introdurci in una vita sempre più piena. Ricorderemo forse anche le occasioni perse o le soglie mai attraversate, chiedendo a Dio di attenderci comunque sull’uscio di casa, anzi di correrci incontro per abbracciarci
e portarci dentro per fare festa. Così arriveremo a Roma e, in fila con altri fratelli, toccando e
baciando gli stipiti, potremo, attraverso Cristo, conoscere di nuovo l’amore del Padre.
Parola da vivere: attraversare».

«PROFESSIONE DI FEDE - Come pellegrini siamo chiamati a fare la nostra professione di fede recitando il Credo, detto anche “Simbolo” dalla parola greca con cui nell’antichità si indicavano i due pezzi spezzati di un anello o di una tavoletta e che, ricomposti, permettevano un reciproco riconoscimento e una comune
appartenenza. Recitare ogni domenica il Simbolo, permette a tutti noi di ritrovarci nelle parole
della fede e di ritrovare i fratelli dinanzi a Dio uno e trino. Farlo poi, nel contesto del Giubileo e sul
luogo in cui è sepolto il pescatore di Galilea, dà a questo gesto una profondità e una dimensione
universali. Nella Bolla di indizione, Papa Francesco ha offerto una significativa riflessione sulla
virtù della speranza, mostrandone anzitutto il nucleo più profondo: “Credo la vita eterna”.
Per la riflessione: La fiducia illumina il mistero della vita e della morte, ridà vigore all’impegno nel
mondo, concretizza quel desiderio di pienezza che è nel cuore di ogni uomo. Dinanzi alla fedeltà
di Dio, egli può finalmente dire: “Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore
che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi” (Spes non confundit, 21).
Parola da vivere: fede e fiducia».

«SPERANZA - “Speranza”: dal latino spes, a sua volta derivante da una radice sanscrita spa, che significa “tendere a una meta”. In greco elpìs, verbo elpizo. La mitologia racconta di Pandora, la prima donna
creata, che nonostante il divieto di Zeus apre il vaso che lui stesso le ha dato come dono di nozze:
da quel vaso escono tutti i mali possibili e si espandono sull’umanità, che fino a quel momento
aveva vissuto felicemente. Ultimo tra i mali vi è proprio Elpìs, la speranza. Essa è annoverata tra i
mali, perché capace di indurre illusioni, di far credere che vi sia rimedio alla sventura. Uscita per
ultima, in realtà, “Speranza” riesce a consolare e a dare coraggio agli uomini, nonostante il dolore
e le difficoltà. Il termine in origine significava anche “corda”, rimandando quindi ai legami, al sostegno reciproco: la speranza è sempre legata a qualcuno, a una relazione.
Per la riflessione: La radice della parola «speranza» attiene a un’idea dinamica e non statica, ci
spiega che abbiamo un orizzonte da scrutare e un traguardo da raggiungere, ci racconta che la
fiducia non è l’attesa di qualcosa di magico ma un cammino senza sosta, un impegno quotidiano
nella costruzione di relazioni fraterne. Parola da vivere: riallacciare legami».

«CARITÀ - Nel contesto del Giubileo non sarà da dimenticare l’invito dell’apostolo Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8). La
carità costituisce una delle caratteristiche principali della vita cristiana. Per questo il Giubileo non
può essere ridotto a una sorta di rito magico: è la vita di carità che lo avvalora e ci rende credibili.
Secondo l’evangelista Giovanni, l’amore verso il prossimo, che non viene dall’uomo, ma da Dio,
permetterà di riconoscere nel futuro i veri discepoli di Cristo. Risulta, quindi, evidente che nessun
credente può affermare di credere se poi non ama e, viceversa, non può dire di amare se non
crede. Per la riflessione: Sarebbe certamente vuota l’esperienza giubilare se non trovasse il suo compimento nella carità, che da sempre è stata uno dei segni del Giubileo. D’altronde, è veramente
difficile, nell’esercizio della vita cristiana, distinguere il credere dallo sperare e questi dall’amare:
fede, speranza e carità formano una sola risposta al tocco di Dio sul cuore dell’uomo.
Parola da vivere: amore a 360°».

«RITORNO - Non c’è cammino che non comporti anche un ritorno. La chiusura della Porta Santa avrà luogo nel giorno in cui nella Liturgia si ascolterà il racconto dei Magi, i quali, dopo aver adorato il Re, “per
un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). L’icona dei Magi aiuterà i pellegrini a tornare alle loro case “per un’altra strada”, cioè profondamente rinnovati dall’incontro sperimentato.
La meta del pellegrinaggio non è, infatti, il santuario, ma la casa, il quotidiano, il feriale. Il gesto
del ritorno potrebbe essere considerato un atto meramente funzionale, ma poco importante.
Sappiamo invece che il tempo del rientro è assai prezioso: è il tempo in cui si rivive con la memoria l’esperienza vissuta, la si rilegge per ritrovarvi gli appelli di Dio, scegliendo cosa custodire nel
cuore come prezioso per la propria esistenza. Per la riflessione: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). È custodendo nel cuore quanto abbiamo vissuto come pellegrini, come abbiamo vissuto la fraternità, quanto ci siamo lasciati toccare dalla grazia dei Sacramenti, come abbiamo riscoperto la gioia dell’appartenenza alla Chiesa e quali desideri di bene il Signore ha suscitato nel nostro intimo, che cambierà il nostro ritornare a casa per riprendere il nostro quotidiano.
Parola da vivere: custodire e coltivare».

«Concludo così questo lungo messaggio per il tempo santo che iniziamo lasciando però vuoto questo spazio
perché ciascuno di noi possa inserirvi la sua parola, la riflessione che segna o segnerà il suo Anno Giubilare
e la parola chiave che può cambiare la sua vita. Potrà essere scelta tra le undici che ho indicato o addirittura
scelta dal bel messaggio che Papa Francesco ha scritto per la Quaresima di quest’anno: “In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui
lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di
vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini».

«“Spes non confundit” (Rm 5,5). È vero: “la speranza non delude”. Ci aiutino queste “undici parole più una” a vivere il nostro itinerario quaresimale e il nostro cammino di pellegrini di speranza. Buona Quaresima a tutti» conclude.

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.