di PASQUALE LOIACONO L’anteprima dei dati del dossier “
Pendolaria 2015” di
Legambiente ci offre lo spunto di trattare, coi limiti della cronaca, la questione secolare dei trasporti nel nostro territorio. La
tratta ferroviaria Reggio Calabria-Taranto, tanto per cambiare, si conferma al quinto posto tra le linee da incubo e così
Trenitalia ci regala tre nuovi
treni ATR 220 “Swing” i quali, ci dicono, sono di ultima generazione perché promettono sicurezza, comfort e tecnologia su una linea vetusta e che sta andando in malora. In realtà, si tratta di autotreni a trazione diesel di produzione polacca: se è vero che la tecnologia corre tanto da non riuscire a starle dietro, sono pure un po’ vecchiotti, giacché la loro entrata in esercizio su altre tratte ferroviarie è “datata” 2008. Comunque, per la serie “sappiamoci accontentare”, è meglio che niente, e pazienza se ai
pendolari della Calabria jonica interessa molto di più la puntualità, la velocità e l’alta frequenza. Torniamo al problema generale. Per il vicepresidente di Legambiente,
Edoardo Zanchini, “il trasporto pendolare dovrebbe essere una priorità delle politiche di governo. Ma un cambio di rotta delle politiche di mobilità ancora non si vede. Nella Legge di Stabilità, non c’è nessuna risorsa per l’acquisto di nuovi treni o per il potenziamento del servizio. Governo e Regioni devono impegnarsi”. Il taglio indiscriminato dei treni, che di fatto limita, o annulla, il sacrosanto diritto alla mobilità delle persone, a fine 2011 aveva addirittura permesso che la
tratta Sibari-Taranto non venisse più servita da treni viaggiatori ma soltanto da autobus (5 coppie al giorno). L’aspetto più grave della questione riguardava le motivazioni di questo autentico disastro nel trasporto pubblico e interregionale, causato dal mancato accordo tra le Regioni interessate. Dopo mesi di trattative, furono ripristinate, nell’aprile 2013, due coppie di treni, mentre dal 2014 si è ritornati addirittura ad un solo collegamento Intercity. Il problema principale della tratta jonica è quello di essere concepita come ausiliare del trasporto su autobus, quando altrove generalmente avviene il contrario. Da Reggio, c’è un solo treno diretto al giorno per Taranto, che impiega 7 ore e 12 minuti a una velocità di 66 km/ora su una linea sostanzialmente vuota. Nel corso degli ultimi due anni, la Regione Calabria ha tagliato circa 20 milioni di euro al Contratto di Servizio con Trenitalia, già impoverito di molto negli anni precedenti. In seguito a questa decisione, a partire dalla metà del 2014, è stata decretata la soppressione di ben 26 treni regionali solo sulla linea Jonica tra Reggio Calabria e Metaponto. Le cose non vanno bene, anzi, non suscitano nemmeno più un minimo d’indignazione, nel trasporto interregionale, i cosiddetti treni a lunga percorrenza. Dalle nostre parti, per raggiungere il resto d’Italia, bisogna ricorrere esclusivamente alle corse messe a disposizione dalle società private. E qui l’affare si complica, perché entrano in gioco giganteschi interessi economici e, di conseguenza ‒ diciamola tutta ‒ la criminalità organizzata. Raggiungere Napoli, Roma, Bologna e l’Emilia, Milano, Torino, località ove vi è una fortissima concentrazione di nostri conterranei, è impossibile farlo in treno: bisogna prendere il pullman. Allora ecco nascere i “cartelli” delle grosse compagnie, anche di quelle fuori provincia. Non c’è concorrenza, i prezzi variano di pochi centesimi di euro. La ricca torta se la sono spartita tre gruppi che addirittura si scambiano anche le “fermate”, così capita che il capolinea “naturale” e geografico della provincia di Cosenza ‒ Cariati ‒ venga spostato a Crotone da dove partono praticamente tutti gli autobus diretti al Nord. Decine e decine di mezzi ogni giorno trasportano centinaia di passeggeri, perché i calabresi jonici si muovono ‒ eccome! ‒ specialmente se studenti universitari, concentrati in massima parte negli atenei dell’Emilia Romagna, che devono fare di necessità virtù: almeno dodici ore di viaggio. La palla ora passa al trasporto aereo. Dallo scalo crotonese del Sant’Anna, il vettore Ryanair gestisce tre tratte: Milano, Roma e Pisa. Lo scorso anno, la compagnia low cost ha pensato bene di sopprimere il “Pisa” e di sostituirlo con il volo, molto più redditizio, per Bologna, capoluogo della regione ove è concentrato il più alto numero di calabresi jonici sparsi per l’Italia. Quando sembra tutto fatto, per la gioia almeno degli studenti che, a prezzi bassissimi, possono far ritorno più spesso alle loro famiglie, ecco l’intoppo. Insorge il “cartello” delle autolinee private, ben rappresentato nel Cda dell’aeroporto Pitagora: questo volo non s’ha da fare! E non si è fatto, e mai si farà. Salterebbero interessi enormi. Così la ’ndrina ordina. Così è stato. Ed è. Se vi pare.