Italia Chianello e Giovanni Spinella protagonisti di un docufilm meritevole di essere visto
La storia racconta una vita, mano nella mano, al servizio degli altri, di una donna originaria di Paola e di suo marito di Reggio Calabria. Una vita vissuta nel segno dell'associazionismo, del volontariato, della bellezza
CALABRIA - Un campanile, le finestre, un cielo azzurro interrotto dal verde degli alberi, un panorama e la musica che va scemando con la voce di Italia Chianello, nata nel 1957, a Paola, in cui si celebra San Francesco, patrono della cittadina sul Tirreno e della Calabria intera. Italia è nata in campagna; una infanzia vissuta nel suo “Eden, dove le immagini fiorite, che si rincorrevano nelle varie stagioni della vita, hanno rallegrato i suoi giorni.
Alla presentazione di Italia, succede quella di suo marito, Giovanni Spinella, da poco deceduto (nel mese di febbraio), nato nel 1937 sull'orlo della Seconda Guerra Mondiale, a Bova Marina. Seduto su una panchina, racconta la sua esperienza con la famiglia, da sfollati, in campagna, con una casa distrutta dai bombardamenti. È un docufilm intenso quello targato Aletti, ambientato a Tivoli (in provincia di Roma), in cui emergono le emozioni di una coppia, ma anche quelle individuali; mezzo secolo di vita mano nella mano; un cammino cominciato, dapprima, come allieva e professore, poi amici, fino a scoprirsi perdutamente innamorati l’uno dell’altra. Proprio quando si affacciava la paura di non vedersi più a scuola.
Giovanni, dopo aver frequentato la scuola elementare in paese e le scuole medie dai Salesiani, si diploma - sebbene la sua avversione «per la matematica e per i professori antipatici» - al liceo scientifico di Reggio Calabria, dove, poi, si trasferisce con la sua famiglia, per volontà di suo padre, uomo coraggioso, appartenente ad una famiglia di armatori di barche da pesca, talmente impavido da essere chiamato “il terribile”, in paese. Si iscrive poi all’Università e si laurea in Scienze Politiche. Dopo aver fatto domanda di insegnamento, il destino lo portò a Paola, dove insegna prima Filosofia e Storia al Liceo e poi Geografia Generale Politica ed Economica alla Ragioneria. Qui, tra i banchi di scuola incontra lei, Italia, una fanciulla cresciuta con la convinzione che il sapere fosse un valore fondamentale. Da bambina faceva sei chilometri a piedi per andare a scuola, ma il suo era un mondo sereno. Poi la scuola media in paese. Una sensazione di straniamento, fino a capire che quel mondo andava conosciuto e vissuto.
Un docente diventato modello di vita, di emancipazione e giustizia sociale per Italia. «Dopo aver finito il ciclo delle scuole superiori - racconta - ho capito che, oltre alla stima e al rispetto per il suo essere un professore etico, apprezzavo anche lui, le fragilità dell’uomo, i suoi tanti deserti di vita che si portava dietro». Inizia, così, la loro storia d’amore e nel 1975 si trasferiscono - percorrendo tutta l’Italia a bordo di una Seicento bianca - a Modena, dove entrambi vivono impegnati nella politica e nel sociale, ma anche nel loro progetto di vita. Nascono due figli: Igor e Amelia. Giovanni ne aveva già altri due, Carmelo e Ottavio, nati dal precedente matrimonio.
Ambientalista convinto, sindacalista e politico, si dedicava, nel tempo libero, al volontariato, cui ha investito gran parte della sua vita. Nel 1993 fonda la Onlus “Gli Amici del cuore” di Modena e nel ‘99 Conacuore (Coordinamento Nazionale delle Associazioni del Cuore), rivolgendo all’esteso mondo dei cardiopatici il suo sguardo attento, con passione, disponibilità e altruismo. In sintonia con questa mission, con Italia creano la fondazione “Gianni Spinella” che vuole incentivare la prevenzione e la ricerca scientifica nel campo cardiocircolatorio perché «la vita non fa sconti e, quando ti coglie, cerchi di trovare un modo per uscirne e affinché agli altri non accada». Dal profondo, dal vissuto infantile, nasce questa attenzione alla solidarietà. Italia, ultima di dodici figli, con voce commossa e una foto in bianco e nero di lei piccina, racconta il suo rapporto speciale con la nonna. «Lei era cieca, così ero diventata i suoi occhi; ma lei, in compenso, era diventata la mia mente, che mi ha seguita e accompagnata in tutte le mie scelte». Mentre scorrono immagini di panorami che volgono verso l’infinito, Giovanni, parla, invece, del suo amore per l’insegnamento: «E’ una cosa splendida perché consente di formare i futuri cittadini».
Una vita fervente quella vissuta da Italia e Giovanni, dedita al volontariato e all’associazionismo, convinti che la vita vada vissuta non soltanto per sé stessi, ma anche per gli altri, con una scintilla che ha animato le loro vite, uno l’ispirazione dell’altra. La poesia. Quella che definiscono «una finestra sull’anima». “Un canto nel Sud” è la prima lirica letta dall’autore. “Avverto pulsarmi nelle vene gioia di fanciullezza ritrovata e lievitare in ogni parte di me innocenza di vita perduta. Il turbamento mi esalta e vivo…”. Anche Italia scrive diverse poesie, sin dall’età infantile. Per tanto tempo tenute in un cassetto, con un’accentuata ritrosia nel raccontarle e nel tirarle fuori ma, poi, senza timore nel presentare la parte più intima, con quella voglia, sempre maggiore di condividerle.
La poesia letta dall’autrice è dedicata all’ “antico colle” del suo paese natio, verso cui ha sempre volto lo sguardo per attirare forza. “…Mentre fulgidi ricordi carezzano le sue cime maestose, il pensiero posa ali leggiadre…”. Giovanni Spinella ha pubblicato un libro di racconti dal titolo “Il vento e le memorie” e tre libri di liriche: “Il buio e mia madre”; “E venne l’alba alfine” e “Il giardino di Giò” le cui copertine scorrono davanti agli occhi di chi guarda il docufilm. E a quell’amore tra “un uomo angustiato e una fanciulla in fiore” è dedicata la poesia “Verso il sogno”.
«Nel 2010 - racconta Italia - un problema di salute di mio marito ha sedimentato in me una serie di emozioni e nuova forza. Da qui una lirica, in cui la vena delle emozioni si è sciolta e poi, nel 2018, la pubblicazione del nuovo libro “Il buio e le stelle”. «Le stelle rappresentano la vita stessa, le tante luci di solidarietà, di chi ti prende la mano e ti conforta. Siamo esseri finiti, non siamo immortali». E, per cinquant’anni di vita, la mano di Giovanni l’ha sempre sorretta e accompagnata “dopo averlo scelto nella riserva dell’amore”. Versi che si susseguono, prima quelli scritti da lui, poi da lei, e viceversa.
Versi che nascono da emozioni e sentimenti reali, mentre scorrono le fotografie che descrivono un sogno d’amore e di passioni condivise. Due anime sopraffini che si sono scelte e hanno camminato insieme, seppur con qualche sporadica nube ma fino all’alba di ogni nuovo giorno. Giovanni ha salvato tante vite umane che rischiavano di annegare, da “figlio del mare” qual era. Imprese tutte dedicate al fratello più piccolo, venuto a mancare in un incidente d’auto. Un evento terribile e sconvolgente. Esperienze che diventano al servizio degli altri e che lo hanno portato all’onorificenza di Commendatore della Repubblica Italiana da parte dell’allora presidente Napolitano.
Una vita dedicata agli altri. «Non pensate solo a voi stessi. La vita è bella». Ne è convinta anche Italia: «La poesia è la zattera principale della mia vita. Ciò che mi ha fatto sempre credere in me stessa, nel mondo e negli altri». Si rivolge, poi, ai giovani: «Lasciate che spiragli di luce entrino nel vostro cuore attraverso feritoie che voi stessi lascerete spalancate. Siate audaci nel raccogliere e nel dare». E quella luce accompagnerà sempre anche lei, sorretta da un amore eterno, finito sulla terra ma infinito nell’aldilà; così come, in una lirica, aveva scritto proprio lui, suo marito Giovanni. “Quando il dì volgerà a sera, avrà certezza il mio cuore che il far dell’ultimo sospiro m’avvolgerà nel bozzolo d’amore animato dall’infinita passione che mai si assopirà”.