Il romanzo "Il tempo che resta": l'uomo e la guerra, il senso di un ideale che non c'è
Ercole è un diciottenne lucano chiamato per combattere la Grande guerra appena scoppiata ma entrando in una grotta viene catapultato nella Seconda Guerra mondiale. Un racconto introspettivo sulla vita in trincea e sui sogni di un ragazzo del sud
CORIGLIANO-ROSSANO - Pavese diceva che «la letteratura è una difesa contro le offese della vita» e mai frase fu più azzeccata. Le storie narrate sono un riparo e un rifugio, un posto in cui ritrovare sé stessi e il mondo intero.
Oggi abbiamo deciso di parlarvi di un romanzo, "Il tempo che resta", scritto da luogotenente dei Carabinieri Ettore Caputo, ospite all’Eco in Diretta, il talk della nostra testata condotto dal direttore Marco Lefosse.
La sinossi è la seguente: Ercole è un diciottenne lucano chiamato per la leva e per la Grande guerra, appena scoppiata. Sa leggere e scrivere e in virtù della sua alfabetizzazione viene impiegato come portaordini oltre le trincee nemiche. Durante questa missione solitaria, per sfuggire a una pattuglia austriaca varca l'accesso a una grotta che lo proietta nella Seconda guerra mondiale. Iniziano quindi le sue avventure per tornare indietro e portare a termine il suo incarico.
La narrazione della guerra è, come spesso accade nei romanzi, funzionale al tipo racconto che propone di offrire più livelli di lettura. L’avvicendarsi di temi esistenziali come la partenza, l’isolamento dei piccoli centri all’inizio del ‘900 e i limiti culturali del sud rurale, fa emergere un aspetto innovativo di cui il racconto storico classico è manchevole: l’aspetto psicologico e introspettivo dei personaggi.
Questi respiri narrativi, grazie al quale lo scrittore riesce a tratteggiare gli stati d’animo del protagonista, le aspirazioni e le paure, restituiscono un racconto più umano e poetico.
La storia riprende e si ispira al neorealismo de “La grande guerra” di Mario Monicelli e mostra l’eroismo e il coraggio di un ragazzo che si trova a combattere una guerra che non gli appartiene. Un entusiasmo, il suo, che è frutto di una forte emotività ma che non riesce a fare il salto decisivo: comprendere fino in fondo la causa. La sua visione del mondo non gli consente di avere contezza degli stravolgimenti geopolitici in atto e delle sorti in ballo dei paesi coinvolti.
Ad emergere sono i tratti più profondi dell’umano. Il giovane ragazzo chiamato al fronte è curioso e desideroso di scoprire il mondo. È intraprendente e, nonostante i rischi, decide di partire e prendere parte al sogno patriottico.
L’espediente narrativo che vedrà il protagonista catapultato non più nella Prima ma nella Seconda Guerra mondiale offre all’autore l’occasione per una riflessione: colui che combatte una guerra con lo scopo di assolvere al suo compito e con la speranza che quell’orrore non si ripeta in futuro, vedrà svanire il suo ideale nel momento in cui scoprirà che un'altra guerra avrebbe segnato il mondo.
La guerra, insomma, fa parte di noi e a nulla è valso il sacrificio di tanti uomini morti per un ideale.