«Non basta indignarsi, bisogna muoversi!». Don Ciotti smuove le coscienze contro l’iper-valore della delega
Il presidente di Libera a Cassano Jonio per la manifestazione in ricordo del piccolo Cocò ucciso dalla ‘ndrangheta: «La malattia più terribile è la neutralità». Con lui i Giovani cassanesi, il prefetto Ciaramella, il vescovo Savino e le istituzioni
CASSANO JONIO – Quella di stamattina a Cassano Jonio è stata l’ennesima buona occasione per smuovere le coscienze e rafforzare quella cortina difensiva contro l’avanzare della criminalità. Il presidio di Libera “Fazio Cirolla”, insieme alle associazioni del territorio e alle scuole, ha chiamato all’appello la cittadinanza per una manifestazione, sentita e partecipata, per dire no alla ‘ndrangheta e ricordare, nella sua città, il piccolo Cocò Campolongo, ucciso dieci anni fa, quando aveva solo tre anni.
A scendere in piazza, insieme agli studenti e alle associazioni cassanesi, c’era il prefetto di Cosenza, Vittoria Ciaramella, c’era il vescovo di Cassano Jonio, Mons. Francesco Savino, c’erano i massimi rappresentanti delle forze dell’ordine del territorio, c’erano rappresentanti politici e istituzionali guidati dal sindaco della città delle terme, Gianni Papasso. E poi c’era don Luigi Ciotti, presidente nazionale della più importante associazione antimafia che opera in Italia. Un intervento accorato e passionale, il suo, che ritorna nella città delle Terme per catechizzare la popolazione ed un intero territorio al valore della partecipazione.
«Dobbiamo essere più vivi perché non basta indignarsi, non basta commuoversi davanti a delitti come quello di Cocò. Bisogna muoversi di più!» ha detto alla folla radunata in piazza nel centro storico di Cassano.
I tre mali della società
Poi, il presidente di Libera riprende un altro grande passaggio della missione di prete contro la mafia: quello della partecipazione. «La malattia più terribile – ha detto – è continuare a vedere che in molti continuano a dare troppo valore alla delega, cioè che delle cose che riguardano tutti devono occuparsi sempre altri. Così come un’altra malattia terribile è la neutralità, quelli che non hanno voglia di sporcarsi le mani, che non si schierano mai. E poi c’è la terza malattia, quella più preoccupante: la rassegnazione. Dobbiamo combatterla insieme – ha scandito a gran voce don Ciotti dal palco cassanese – contro quelli che dicono che tanto le cose non cambieranno mai».
Una lezione di vita, quella di quel sacerdote di periferia, venuto dal profondo Veneto ad insegnare ad una generazione intera cosa è il coraggio di sporcarsi le mani. Una lezione che vale per ogni cosa della nostra vita e che ha un valore ancora più importante nella Calabria del nord-est dove il menefreghismo verso il bene comune, verso i problemi di tutti è ai massimi storici.
«Togliere manovalanza alla 'ndrangheta»
Ed è questo, anche, un territorio che combatte a mani nude contro le grandi questioni: dalla sanità alla mobilità passando per la disoccupazione. Tutte vertenze che rischiano di essere occupate e scalzate dall’avanzare della criminalità. «Noi dobbiamo togliere manovalanza alla ‘ndrangheta». Questo l’appello, urlato forte dal sindaco di Cassano Jonio, Gianni Papasso. «Oltre alla repressione c’è bisogno di dare respiro alle nuove generazioni. C’è bisogno di dignità e lavoro, c’è bisogno di dare un futuro ai nostri giovani».
«Falcone diceva che la società si costruisce con la consapevolezza di ognuno»
È una società che si costruisce insieme, senza dare troppo valore alla delega, come diceva don Ciotti. Ed è stato questo il leitmotiv dell’intervento del Prefetto Vittoria Ciaramella che, citando il giudice Giovanni Falcone ha ricordato, ancora una volta, quanto sia importante il valore della collaborazione. «Per fare una società in cui tutti i valori migliori possano dare valore al significato di quello che noi siamo c’è bisogno che ognuno di noi faccia la sua parte. Noi siamo qui a lavorare per la sicurezza di tutti – ha ribadito il Prefetto – ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Stiamo dando tante risposte e giornate come questa danno il valore di quanto ancora si può fare stando tutti dalla stessa parte».
«Non ci sarà pace finché ci sarà la 'ndrangheta»
La chiosa finale ad una bellissima giornata di partecipazione e consapevolezza l’ha data, invece, il vescovo di Cassano, Mons. Francesco Savino, ricordando il giudice Livatino: «Mi preoccupa il silenzio degli onesti». «Alla fine della vita – ha ricordato ancora Savino – non conta se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili. Ecco, noi dobbiamo essere il soggetto popolo che si alza in piedi e costruisce la pace, che si oppone alla violenza dei potenti e del potere malavitoso. E purtroppo – ha concluso - non ci sarà pace finché ci sarà la ‘ndrnagheta».