Carcere di Ciminata, report allarmante di Antigone: «Qui le istituzioni sono assenti»
Gli osservatori dell’associazione che monitora i diritti e garanzie nel sistema penale, sono stati in vista oggi presso la Casa di Reclusione di Corigliano-Rossano: «L'unico ente virtuoso è l'Unical»
CORIGLIANO-ROSSANO - Gli osservatori di Antigone, l’associazione volta a garantire i diritti e le garanzie nel sistema penale, sono stati in vista oggi presso la Casa di Reclusione di Corigliano-Rossano.
L’associazione a cui aderiscono prevalentemente magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale attraverso i suoi osservatori, visita e valuta le condizioni e lo status e la tutela in cui vivono i reclusi, nonché le condizioni delle stesse strutture carcerarie.
Dalla visita condotta presso Casa di Reclusione di Corigliano-Rossano, gli osservatori rendono noto il report sui dati e le situazioni che hanno osservato all’interno, che principalmente riguardano le condizioni in cui i reclusi scontano la pena nel carcere, in che modalità si avvia il reinserimento dei detenuti nella vita civile, esprimendo una valutazione su ciò che riguarda l’impegno delle istituzioni affinchè sia fatto valere il principio costituzione che attribuisce alla pena detentiva un fine rieducativo.
Dal report ecco alcune considerazioni degli osservatori.
L'istituto è territorialmente in una zona ibrida, non pienamente extra urbano, ma comunque neanche urbano. Ad ogni modo difficilmente raggiungibile e totalmente scollegato dalle linee del trasporto pubblico. Dunque, chi vi si deve recare, può fare affidamento solamente a mezzi propri o utilizzare dei taxi.
All'interno la struttura è in buone condizioni e il clima detentivo è parso sereno. Molti reparti e spazi comuni sono stati ristrutturati di recente e tutte le celle hanno bagni in spazi separati e docce nella camera detentiva.
Una problematica riguarda senza dubbio il numero di detenuti per cella. In alcune sezioni ce ne sono anche 5 o 6. Questo, al netto del fatto che in tutto l'istituto vige il regime delle celle chiuse e dunque i detenuti possono uscire dalla stanza detentiva solo per 4 ore al giorno, comporta difficoltà nella vita comune, aggravate dal caldo estivo che per questo istituto, collocato a poche centinaia di metri in linea d'aria dal mare, è particolarmente sentito.
In alcune celle, inoltre, il limite minimo dei 3 mq - al netto dei letti e del mobilio - è fortemente a rischio e non in tutte le celle è detto che sia rispettato. Di questo fatto è consapevole anche la direzione dell'istituto che ci ha anticipato di aver richiesto il trasferimento di alcuni detenuti proprio per fare spazio nelle sezioni.
Cosa particolare questa della mancanza di spazio nelle celle anche per il fatto che questi numeri si registrano nonostante i detenuti presenti (291) siano più o meno in linea con i posti regolamentari (285).
Altra grande problematicità riguarda le opportunità lavorative. Per una casa di reclusione, con detenuti praticamente tutti con condanna definitiva e pene piuttosto lunghe, il lavoro dovrebbe essere uno degli strumenti principali che caratterizzano il percorso di rieducazione. Invece le opportunità sono molto limitate. Per quanto riguarda chi lavora per l'amministrazione penitenziaria, oltretutto, spesso il numero di ore lavorate non corrispondono a quelle retribuite. Ciò a causa della mancanza di fondi per pagare le mercedi. I detenuti alle dipendenze di un datore di lavoro esterno sono invece solo 5. Quattro lavorano per un'azienda di ceramica e uno per una falegnameria.
In questo dato c'è tutta la difficoltà che il carcere incontra nell'integrarsi con il territorio circostante. Le istituzioni sono spesso assenti. Non esistono corsi di formazione finanziati dalla regione, non vengono fornite borse per lavori socialmente utili e non si incentivano le aziende che decidono di spostare parte della propria attività all'interno del carcere, neanche fornendo un supporto in termini di acquisti dei materiali prodotti.
Questo vale ad esempio per la falegnameria che potrebbe fornire suppellettili o mobili sia per alcune realtà territoriali, ma anche ad altre carceri, potendo così assumere ulteriore personale tra le persone recluse. In questa situazione gli imprenditori fanno fatica e la demoralizzazione può portare ad abbandonare questa esperienza, nonostante la disponibilità dimostrate dal personale che lavora nell'istituto.
Ma non solo le istituzioni mancano nel rapporto con il carcere. Anche il volontariato è quasi del tutto assente. Sono solo 6 infatti le persone autorizzate ad entrare nella Casa di Reclusione per svolgere alcune attività. Un numero estremamente basso.
L'unico legame vero è quello che si sta costruendo con l'Università di Cosenza che ha aperto da alcuni anni un polo universitario nel carcere, dove attualmente risultano iscritti 15 detenuti (un numero in crescita costante). A livello di istruzione va segnalato che gli istituti superiori che operano nel carcere, alberghiero e Itis, dal prossimo anno scolastico chiuderanno i corsi di primo grado (primo e secondo superiore) a fronte di un taglio dei fondi ministeriali. Questo toglierà l'opportunità a diversi detenuti di iscriversi e arrivare ad ottenere un diploma di istruzione superiore.
Ultima nota segnalata come problematica riguarda l'ufficio del magistrato di sorveglianza. Il rapporto con il quale ci viene segnalato da più parti come non ottimale, sia per la scarsa presenza nell'istituto, che lo scarso dialogo con tutte le parti in causa, nonché i presunti ritardi nelle risposte alle istanze e la gestione delle istanze stesse.
La sensazione è che la Casa di Reclusione di Rossano sia un istituto con grandi potenzialità che restano inespresse. Opportunità che anche un rinnovato interesse delle istituzioni locali potrebbero rimettere a regime facendo diventare il carcere un pezzo di città, produttivo per la città stessa.