La classe politica del capoluogo bruzio e della cittadella universitaria stanno dialogando per portare a fusione Cosenza e Rende. Se l’attuale terza città della Calabria non si dà una mossa rischia di essere inghiottita
Cosenza e Rende sono prossime a fare, anche loro, il passo storico della fusione. La classe politica dei rispettivi comuni pare abbia deposto le asce di guerra, dopo anni di contrapposizioni e divergenze (che ancora covano sotto la cenere), e oggi è pronta a portare in porto questo progetto. E lo fanno, sicuramente, per rivendicare la storica supremazia sulla provincia e riposizionare e mettere al sicuro le pedine strategiche del governo del territorio che, al momento, potrebbero essere insidiate dalla forza dei numeri di cui gode Corigliano-Rossano. Infatti, la nuova città Cosenza-Rende alla conta della popolazione avrebbe 103.000 abitanti diventando la seconda città della Calabria, dietro a Reggio Calabria (182.500 abitanti) e davanti a Catanzaro (90.300 abitanti) e a Corigliano-Rossano con i suoi 77.500 residenti. La partita referendaria a Cosenza-Rende, che potrebbe giocarsi addirittura nell’autunno prossimo e portare ad elezione il primo sindaco già nella successiva primavera 2021, non sembra facile. Ma se fino a ieri sembrava impossibile oggi le quotazioni della fusione nella valle del Crati sono in netto rialzo. Certo, ci sono delle condizioni importanti che tengono a freno gli entusiasmi della gente. E sono preclusioni ataviche. Innanzitutto la scelta del nome. Mentre l’esperienza di Corigliano-Rossano è riuscita a trovare un compromesso equo lasciando invariata l’identità toponomastica, per Cosenza-Rende le cose sono un po’ diverse. Cosenza è città capoluogo e, da quanto è possibile immaginare, non rinuncerebbe mai al suo nome, tantomeno sarebbe disposta a contaminarlo con altre derivazioni. A conti fatti, più che di una fusione, si tratterebbe di un’annessione bella e buona. Che già nei fatti (non nella sostanza) c’è. E questo, i cittadini d’oltre Campagnano non lo manderebbero mai giù perché per loro Rende “è la dotta”, quella che negli anni ha costruito il suo “impero civico” attorno all’Università della Calabria. Ma al netto di quello che accadrà e se davvero la Grande Cosenza prenderà vita, il vero dilemma si pone nella nuova città di Corigliano-Rossano che, dopo aver messo in piedi con lungimiranza il progetto della fusione attraverso il referendum del 22 ottobre 2017, oggi sembra voler ritornare indietro. Spirano venti di secessione che mai come adesso, soprattutto alla luce di questo nuovo quadro che potrebbe delinearsi nel centro bruzio, sarebbero deleteri per il futuro di questo territorio. La creazione di una grande realtà comunale sicuramente comporta sacrifici e mal di pancia ma rimettere in discussione tutto, proprio ora, significherebbe spegnere definitivamente e per sempre quella fievole fiammella di speranza che oggi ancora aleggia nella rivendicazione dei diritti soppressi. La nascita di Cosenza-Rende potrebbe già destabilizzare gli equilibri di Corigliano-Rossano, figuriamoci cosa potrebbe accadere se nascesse la Grande Cosenza e se la città della Sibaritide ritornasse al passato con due città che a quel punto, a parte il loro “glorioso passato”, ritornerebbero ad essere un numero come gli altri nella grande cerniera dei comuni della provincia. La verità è che in quanto a prospettive rispetto a quella che dovrebbe essere la terza città della Calabria, sono stati persi tre anni preziosi. Tre anni in cui si è pensato più ai litigi da forno, su dove sistemare questo o quell’ufficio e non si è messo mano alle strategie. Basti pensare che ancora si discute e litiga per lo Statuto comunale! Quali sono, invece, gli indirizzi per mettere la città sui binari dello sviluppo nessuno lo sa. La classe imprenditoriale cittadina, senza punti di riferimento, va in ordine sparso; di grandi progetti infrastrutturali non se ne parla e stesso dicasi per le grandi opportunità di investimento che una città come Corigliano-Rossano potrebbe avere. Invece continuiamo a rincorrere i problemi contingenti, proprio come si faceva venti anni fa… in una città che pensa solo all’ordinaria amministrazione e dove i diritti basilari dei cittadini (servizio idrico, raccolta rifiuti, decoro urbano, sicurezza strade, etc.) vengono ancora fatti passare per straordinaria amministrazione. Così non andremo da nessuna parte. Insomma, se Corigliano-Rossano, attualmente terza città della Calabria, non si dà una mossa rischierà di essere inghiottita e di rimanere con un bel cerino (spento) in mano.
di Marco Lefosse