Ieri la nuova città di Corigliano-Rossano è stata interessata dall’ennesima operazione giudiziaria, condotta dai Carabinieri forestali, che hanno posto i sigilli ad alcune zone circoscritte di lidi e stabilimenti balneari per presunti abusi e irregolarità sulle quali indagherà sapientemente la Procura della Repubblica di Castrovillari, diretta dal
Procuratore Eugenio Facciolla. La cronaca e le indagini faranno il loro corso. Resta il fatto che ancora carabinieri forestali dovevano apporre sigilli ed emettere provvedimenti e già il brusio dei pettegoli e delle malelingue in città faceva più chiasso delle voci che stanno animando un’estate a tinte chiaro-scure. Tutti – loro ovviamente – a decretar sentenze e ad ingigantire cose e fatti, solo per il gusto di provare quell’effimero piacere della sofferenza altrui. O, ancora, peggio per trovare quell’appiglio di faziosità tesa quasi al litigio. Ma del resto, nelle nostre vene scorre sangue bizantino. Anche se
dei bizantini, purtroppo, ci è rimasta solo quella ostinata voglia di dover andare a trovare per forza il pelo nell’uovo.
Le sentenze si emettono in tribunale e non certo sui marciapiedi. Perché alla fine della corsa della giostra, le cattiverie dette e ridette, spesso senza alcuna fondata verità, restano ma tornano sempre indietro a chi le ha dette. E
guai a confondere il pettegolezzo con la critica. La prima un’arma di distruzione di massa, la seconda uno strumento che serve a tener viva la democrazia. Anche se spesso, nel mondo dell’informazione, si tende a fare di tutta l’erba un fascio creando pericolosi equivoci, contaminando l’una con l’altra e mettendo a serio rischio la stessa credibilità della cronaca.
I fatti, a nostro avviso, si raccontano, non si gridano né si possono consumare nel solo alveo dello scandalo. I fatti si possono raccontare anche con tono colorito, crudo ed efficace pur rimanendo strenuamente garantisti. Strano è, invece, chi da giustizialista si permette di fare sermoni e si dilunga in lezioni di stile. Lo dicevamo prima e lo ripetiamo adesso: alla crescita di questo territorio e di questa nuova grande città,
non fa male raccontare aspramente le cose ma dilungarsi ostinatamente nelle proprie verità (spesso di comodo) e che non sono verità assolute. Per quelle ci affidiamo solo al sommo volere e potere della legge. C’è, quindi, una netta differenza anche e soprattutto tra critica dura e persecuzione mediatica. Quest’ultima, che è quasi sempre alimentata da una immancabile coclea di pettegolezzo, è quella azione indegna che pone su un di un bersaglio situazioni, fatti e personaggi, e
gli spara addosso a colpi di kalashnikov con l’obiettivo di smettere solo quando il corpo del malcapitato è ridotto a brandelli. Poi, ci sono volte, che il malcapitato ha le spalle abbastanza forti da reggere anche all’urto delle solite malelingue. Ammesso che il bersaglio fosse davvero colpevole, è giusto infierire così? No grazie. Questo modo di fare giornalismo non ci interessa. Altri invece, più o meno vicini a questo territorio, novelli predicatori del bello e del buono, su questa pratica malsana hanno creato il loro impero di notorietà. Noi prediligiamo il lavoro e si vede, dando il nostro contributo al dibattito politico e sociale.
Chi invece è avvezzo a fomentare malelingue, pettegolezzi e persecuzione mediatica è più dedito all’ozio, al non fare nulla dal mattino alla sera e sempre al soldo di qualcuno, perché la notizia ce l’ha già in tasca. Ed è sempre la stessa.